Economia

Decreto lavoro: come cambierà il Servizio Civile Universale?

Il Dl n. 48/2023 «introduce tra le varie misure utili all’attivazione delle persone il Servizio Civile», ha spiegato il presidente del Fnsc Enrico Maria Borrelli a La Svolta. Ma quali modifiche e vantaggi ci saranno?
Il presidente del Forum Nazionale del Servizio Civile (Fnsc) Enrico Maria Borrelli
Il presidente del Forum Nazionale del Servizio Civile (Fnsc) Enrico Maria Borrelli
Tempo di lettura 8 min lettura
24 maggio 2023 Aggiornato alle 12:00

L’art. 12 comma 1 del decreto lavoro del 4 maggio 2023 recita così: “Ai soggetti di età compresa fra i 18 e 59 anni in condizioni di povertà assoluta, facenti parte di nuclei familiari privi dei requisiti per accedere al sostegno al reddito e ai componenti di nuclei che invece lo percepiscono e che non siano calcolati nella scala di equivalenza, è riconosciuto un diverso contributo, volto a sostenere il percorso di inserimento lavorativo, anche attraverso la partecipazione a progetti di formazione, di qualificazione e riqualificazione professionale, di orientamento, di accompagnamento al lavoro e di politiche attive”.

Tra gli enti che aiuteranno questi soggetti nella formazione lavorative figura anche il Servizio Civile Universale: il presidente del Forum Nazionale del Servizio Civile (Fnsc), Enrico Maria Borrelli, evidenzia l’importanza non solo a livello formativo, ma anche e soprattutto dal punto di vista educativo.

Sebbene a oggi il Servizio Civile non abbia i mezzi e le competenze per essere considerato una politica attiva del lavoro, il Presidente spera in un dialogo con la Consulta nazionale del Servizio Civile, le organizzazioni lavorative e il Governo, con l’obiettivo di incentivare la formazione e la qualificazione dei cittadini.

Può parlarci delle modifiche sostanziali che sono state attuate, specialmente nell’ambito del Servizio Civile, nel Dl n.48 del 2023 e le implicazioni che avrà sullo stesso?

Il decreto lavoro introduce tra le varie misure utili all’attivazione delle persone anche il Servizio Civile. Questo è sicuramente un riconoscimento che al nostro mondo fa piacere perché avvalora il ruolo formativo di questo istituto e la sua efficacia formativa e non solo. Il Servizio Civile ha già dimostrato con il progetto Garanzia Giovani, risalente al 2015, quanto riesca a essere efficace rispetto alla riattivazione di quelli che oggi sappiamo essere giovani che non sono né in formazione né a lavoro: è stato rilevato che, dopo l’esperienza nel Servizio Civile, si è quasi azzerata la loro inattività in quanto per 6 o 12 mesi questi ragazzi erano inseriti in percorsi formativi o lavorativi. Ciò significa che il Servizio Civile ha una straordinaria efficacia in vista dell’attivazione della persona.

Secondo lei perché dopo 50 anni di operato è stato necessario ufficializzare il Servizio Civile Universale tra le misure per il supporto alla formazione e al lavoro?

Gli anni e l’esperienza sperimentale che abbiamo avuto con Garanzia Giovani hanno testimoniato alle istituzioni centrali dello Stato quanto il Servizio Civile non solo si raccontasse come un’esperienza utile ma quanto, poi, lo fosse nella realtà. Dal 2015 a oggi abbiamo avuto un’esperienza positiva con l’esperimento Garanzia Giovani e con il decreto lavoro ci siamo accorti che il Governo di sua sponte ha chiamato in causa il Servizio Civile come strumento utile.

L’ ultimo anno di età utile per partecipare al programma di Servizio Civile per la formazione e occupazione lavorativa è stata portata al 58° compiuto. Perché secondo lei è stato importante prolungare il periodo in cui i cittadini possono far parte del progetto?

L’allargamento dell’età dei partecipanti al Servizio Civile pone un tema di non poco rilievo: le organizzazioni e gli stessi enti locali sono abituati ad avere a che fare con giovani in età compresa tra i 18 e i 28 anni, quindi sono ragazzi che spesso si ritrovano alla prima esperienza di lavoro, che vanno accompagnati e fortificati per prepararsi alla vita adulta. Quando il decreto lavoro introduce una deroga per questo requisito d’età e apre alla possibilità di partecipare al Servizio Civile anche persone che arrivino fino a 59 anni, probabilmente uscite dal mondo del lavoro e con l’esigenza di tornarvi, va compreso in che modo il sistema del Servizio Civile può essere utile a queste esigenze, decisamente differenti rispetto a quelle trattate abitualmente.

Il target così alto pone non poche domande e lascia spazio a preoccupazioni: rispetto a un giovane che si appresta a entrare nel mondo del lavoro è un’esperienza formativa; persone che probabilmente hanno già avuto esperienze lavorative sono soggetti che esprimono un bisogno diverso e importante. Il Servizio Civile non è ancora preparato a irrobustire le competenze di questi soggetti. Sarà sicuramente necessario integrare il modello e capire se gli enti di Servizio Civile siano in grado di aderire.

Quali sono i vantaggi che secondo lei il Servizio Civile fornisce ai giovani rispetto ad altre tipologie di opportunità lavorative? L’iniziativa può incentivare il lavoro giovanile?

Non essendo il Servizio Civile un operato tra le politiche attive del lavoro, non si misura la sua efficacia sulla sua capacità di occupare i giovani in uscita. È ovvio che l’intervento degli enti locali ha come finalità le migliori opportunità possibili per i partecipanti. Si misura infatti quanto si è riusciti a fare rispetto al bisogno della persona. È stata tuttavia studiata l’occupabilità dei giovani in uscita: quando Inap, nel 2017, osservò l’operato dell’organizzazione, con sorpresa e soddisfazione di tutto il nostro mondo si registrò che i giovani che avevano vissuto l’esperienza di Garanzia Giovani in Servizio Civile trovavano a 12 e 18 mesi dal termine una percentuale di occupazione nettamente superiore a quella che invece avevano rilevato le occupazioni in uscita dai tirocini, che ricordiamo essere una politica attiva del lavoro.

È possibile con l’esperienza di servizio civile (così come per i tirocini) creare una connessione tra giovani ed enti, che possono portare i primi a continuare a lavorare a tempo determinato o indeterminato per le organizzazioni stesse. Molto più spesso, in realtà, il servizio civile ha creato e arricchito quel capitale sociale che è sicuramente uno dei vettori che favoriscono l’occupazione dei giovani in uscita. Lo riteniamo più utile di altre esperienze, non ultimo, perché la durata del servizio civile è significativa: 12 mesi consentono a una persona di maturare le cosiddette competenze trasversali.

Secondo lei il progetto potrebbe aiutare, oltre che a conoscere nuovi ambiti, a incrementare e risaltare le abilità del singolo cittadino per una formazione più adeguata al suo background culturale e professionale, specialmente in soggetti che desiderano rientrare nel mondo del lavoro?

Siamo in una situazione di assoluta novità. Sicuramente il Servizio Civile permette di riattivare dei soggetti che si trovano in situazioni di sconforto e demotivazione, per cui il permanere di una situazione di inattività certamente non aiuta. Già questa è una prima risposta: il Servizio Civile è un contesto motivante, c’è un rapporto istituzionale e formale con lo Stato; queste sono delle forme di lavoro che riattivano la persona. Oltre a creare e ampliare il capitale sociale può aiutare ad affacciarsi a nuove opportunità e nuovi percorsi che potrebbero non aver valutato o ritenuto interessanti (nello specifico quello del terzo settore, in costante crescita). Questo è quello che può offrire oggi il Servizio Civile anche alle persone più adulte. In realtà bisognerebbe prevedere una specializzazione e una fortificazione di competenze più immediatamente spendibili nel mondo del lavoro, grazie a un dialogo con tutte le strutture che si occupano di collegare domanda e offerta a seconda delle competenze e conoscenze del singolo.

Se l’esperimento non dovesse funzionare come reagirebbe il servizio civile? Come si possono evitare i possibili ostacoli secondo lei?

Il Servizio Civile non cambierà completamente il suo modello: la sua norma non cambia. Non c’è un rischio a mio parere del sistema, a meno che questo tipo di sperimentazione non sia così pervasiva da tramutare il Servizio in un’organizzazione altra da quella che è oggi. Non si possono stravolgere le strutture che da 50 anni a questa parte hanno mantenuto un loro proprio equilibrio. Se si togliesse la spontaneità a quel tipo di esperienza non si aiuterebbe il giovane. Il Servizio Civile non è preparato alle nuove misure del decreto: gli ostacoli possono essere evitati solo tramite un lavoro di collaborazione che deve avvenire e che dev’essere svolto a più mani. Stato, Comuni, organizzazioni e Governo dovranno contribuire.

In definitiva, può fare delle previsioni approssimative riguardo le conseguenze delle modifiche inserite nel decreto lavoro? Potrebbe facilitare i giovani nella ricerca di un lavoro che a oggi è difficile da promettere?

Parto dal fatto che il mercato del lavoro moderno è discretamente fluido. Gli stessi lavoratori hanno molte esigenze. Cercano qualcosa che possa interessarli, per cui non è sempre il mercato del lavoro a non dare possibilità ma è lo stesso che legge la stabilità in maniera diversa. Tutte le persone cercano un allineamento maggiore tra gli spazi di vita, i tempi della famiglia, la socialità. Non ritengo che il Servizio Civile sia così potente da incrementare e migliorare il mercato del lavoro, ma continuerà a svolgere il suo lavoro come fa da tempo, rivolgendosi ai giovani.

È importante sottolineare che il nome del Servizio Civile, Universale dal 2017, sta a indicare la sua politica che ha come intenzione quella di arrivare a tutti i giovani. Questa politica avrebbe cioè la possibilità di educare i ragazzi e le ragazze per prepararli non soltanto al mondo del lavoro, ma anche a costruire una nuova classe dirigente di questo Paese e crescerla nei valori della solidarietà, della sostenibilità e dell’inclusione, della parità di genere.

Il Servizio Civile a oggi è l’unica scuola di cittadinanza che educa i giovani al senso civico e di comunità. Da questo punto di vista il decreto fortificherà il mondo del lavoro soprattutto da un punto di vista dei valori e degli obiettivi che oggi la stessa Agenda Onu 2030 richiama come inderogabili.

Leggi anche
Volontariato
di Cristina Sivieri Tagliabue 8 min lettura
Solidarietà
di Ilaria Marciano 3 min lettura