Economia

Capitalismo e ambiente: bisogna trovare un equilibrio

Utilizzare i grandi profitti per tutelare ambiente e biodiversità è una necessità. Lo racconta Pier Giovanni Capellino, presidente della Fondazione Capellino. Un esempio di reintegration economy
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19 maggio 2023 Aggiornato alle 14:00

Salvaguardare e proteggere la biodiversità diventa, ogni giorno che passa, sempre più importante. È una vera e propria sfida per la nostra società: a causa delle attività umane estremamente invasive e inquinanti – come, per esempio, il continuo sfruttamento del suolo, la pesca e la caccia eccesive, o la continua urbanizzazione – infatti, la sua salvaguardia è a rischio.

La biodiversità è fondamentale per la nostra vita sul Pianeta: è proprio grazie alla varietà della natura, che siano piante, animali o altri organismi, che noi esseri umani possiamo vivere sulla Terra assicurandoci aria e acqua pulite, o aiutandoci a contrastare il cambiamento climatico. Proprio per questo, è essenziale averne cura.

A tal proposito, in occasione di Zoomark 2023 – forse l’evento più importante del pet food in Europa svoltosi recentemente a Bologna e giunto alla sua 20°edizione – Almo Nature ha deciso di realizzare una installazione davvero emblematica: un elefante alto circa 5 metri e largo 6, interamente ricoperto di rifiuti.

«Abbiamo portato l’elefante perché volevamo simboleggiare la biodiversità minacciata», ha spiegato Pier Giovanni Capellino, fondatore di Almo Nature ma anche presidente della Fondazione Capellino. L’obiettivo è quello di coinvolgere quante più aziende possibili, in modo tale che esse si rendano conto del loro impatto sulla Terra e comincino ad adottare un modello di business sostenibile.

La Fondazione Capellino è centrale per la tutela della biodiversità, infatti essa devolve i propri ricavi per finanziare progetti a difesa dell’ambiente e dell’intero Pianeta. Sicuramente, un modo nuovo e diverso di fare business, ma che al tempo stesso punta alla responsabilità e alla concretezza. Forse l’unico esempio in Italia.

Si tratta della cosiddetta reintegration economy: quando il 100% dei ricavi di un’azienda viene messo a totale disposizione per la realizzazione di progetti in ambito di biodiversità e climate change, con l’obiettivo di restituire alla natura tutto ciò che le è stato sottratto.

Noi esseri umani siamo i principali responsabili della minaccia alla biodiversità e del cambiamento climatico, e quindi in primo luogo è fondamentale puntare su un cambiamento di prospettiva: noi non siamo padroni del Pianeta, ma siamo solo ospiti e proprio per questo dobbiamo rispettarlo.

Al tempo stesso, però, «non si può continuare a chiedere il denaro alla gente comune», ha spiegato Pier Giovanni Capellino. E quindi, quale potrebbe essere una soluzione? «A chi possiede la ricchezza va chiesto il denaro per realizzare i grandi interventi».

Effettivamente, il rapporto tra ambiente e capitalismo è sempre stato travagliato: quest’ultimo continua a prosperare, ininterrottamente, ai danni della natura provocando gravi conseguenze, come l’estinzione di diverse specie o il riscaldamento globale. E la situazione potrebbe peggiorare col passare degli anni.

Dal momento che sarebbe molto difficile, anzi quasi impossibile, fermare del tutto il capitalismo, è fondamentale trovare un equilibrio. La cosa migliore, dunque, come afferma Capellino, sarebbe quella di utilizzare i grandi profitti derivanti dal capitalismo per realizzare grandi interventi sull’ambiente e sulla tutela della biodiversità.

Puntare, dunque, su un cambio di prospettiva: la collaborazione tra le grandi aziende è l’unica strada percorribile per cercare di cambiare qualcosa.

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