Pubblica amministrazione: 2,9 milioni i dipendenti stabili
La situazione dei dipendenti stabili (quindi con contratto a tempo indeterminato) nella Pubblica Amministrazione è abbastanza desolante. Lo rivela l’ultimo rapporto Fpa riguardo il lavoro pubblico presentato in apertura del Forum Pa, l’evento nazionale dedicato al tema della modernizzazione della pubbliche amministrazioni organizzato dal Gruppo Digital 360.
Sulla carta il numero di dipendenti pubblici è il più alto degli ultimi 10 anni, ma se ci addentriamo nelle voci che compongono il totale di 3.266.180 lavoratori scopriamo che gli oltre 2 milioni tra loro che sono dipendenti stabili (2.932.529) rimangono fermi al censimento del 2001 mentre, invece, i 437.000 rimanenti fanno sono tutti contratti a termine. Un numero che è in costante aumento, con un rialzo di circa 22.000 lavoratori nell’ultimo anno, soprattutto nel settore scolastico (fra le macchine amministrative più popolose) con circa il 30% dell’organico che è precario, ma anche nell’ambito sanitario con ben 63.000 lavoratori assunti a termine.
Mentre la situazione dei contratti a tempo indeterminato è congelata da 20 anni, il precariato coinvolge la pubblica amministrazione in una tendenza che, col passare degli anni, si fa sempre più solida negli organici dei vari settori delle Pa, nonostante i fondi del Pnrr mirino proprio al rafforzamento delle posizioni lavorative del comparto pubblico.
La nota più dolente proviene dai Comuni, dimagriti di quasi il 30% dal 2007 ma tuttavia impossibilitati a rinnovare contratti scaduti, figuriamoci a fare nuove assunzioni. All’incapacità di spesa ulteriore da parte dell’amministrazione si affianca poi il problema dell’età, con il 36,7% dei dipendenti over 50 che ben presto si trasformeranno in una nuova ondata di pensionamenti a carico dello Stato, che rischia di non essere sufficientemente bilanciata da un adeguato turnover lavorativo.
Oltre alla carenza di risorse, a pesare sull’appeal generale del settore pubblico è anche la cattiva nomea che affianca la Pa nell’opinione pubblica, a causa di problematiche irrisolte che la riguardano. Fra tutti, i ritardi nel processo di transizione digitale che costringono migliaia di cittadini ad aspettare quasi un anno per il rinnovo del passaporto, come anche la mancata valorizzazione professionale delle competenze e le lentissime possibilità di sviluppare la propria carriera, processi di selezione pubblica del personale eccessivamente burocratizzati e infine la scarsa attrattività dei livelli retributivi rispetto alle mansioni svolte.
Per recuperare terreno rispetto al settore privato, visto invece come più efficiente e con maggiori prospettive di carriera, il presidente dell’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (Aran), Antonio Naddeo, mostra quanto invece lo stipendio medio dei funzionari pubblici non abbia granché da invidiare, con ben 930 euro in più rispetto agli impiegati privati a parità di mansioni.
Il ricambio del personale, anche con assunzioni, è quindi l’obiettivo principale del Governo, che punta a 170.000 nuovi ingressi in questo 2023. Il Ministero per la Pubblica amministrazione, guidato da Paolo Zangrillo, starebbe puntando sulla formazione della nuova classe di dipendenti pubblici attraverso l’estensione di contratti di apprendistato, anche per sopperire al fatto che un organico ridotto si traduce in poche competenze disallineate rispetto alle reali esigenze dei cittadini.
L’obiettivo per una Pa efficiente, si legge nel rapporto, è di arrivare a “4 milioni di dipendenti pubblici con età media di 44 anni”. Per raggiungere un risultato tanto ambizioso quanto urgente servirà dunque assumere ”almeno 1,3 milioni di persone con età media di ingresso di 28 anni nei prossimi 6 anni”.