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Eco: ascolta un pirla!

Valerio Verderio

Eolico: tutto semplice? Non proprio

Tempo di lettura 5 min lettura
18 maggio 2023 Aggiornato alle 11:00

I nostri lettori hanno cominciato a sollecitare una serie di valutazioni sull’utilizzo risolutivo delle rinnovabili per la transizione a una economica elettrica pienamente green.

Insieme al fotovoltaico, l’utilizzo dell’eolico è quello maggiormente citato e conosciuto perché proposto, sperimentato e sostenuto già dagli anni ‘90 e perché, tecnologicamente, è quello che possiamo comprendere meglio.

Se infatti associamo idealmente una delle girandole che ci facevano gioire da bambini con la dinamo di una bicicletta, ecco le componenti essenziali della pala eolica. E poi le pale da millenni sono d’aiuto all’uomo nei mulini a vento. Niente di ipertecnologico, né necessità di una conoscenza particolare della fisica come quella che serve per comprendere l’effetto fotovoltaico, in cui la radiazione luminosa dei fotoni genera il passaggio di elettroni nel silicio, materiale semiconduttore (non il solo) tipico dei pannelli.

Nell’eolico è tutto molto più semplice e intuitivo: c’è la trasformazione dell’energia cinetica del vento in meccanica, trasferita dalle pale al rotore, e da questo a un asse con magneti che, facendo da generatore, producono energia elettrica.

Tutto semplice no? Non proprio.

La differenza tra flussi laminari e turbolenti, il controllo dell’angolo di incidenza delle pale al vento, la velocità di avvio (cut in) e di fermo (cut out) e tanti altri fattori condizionano il funzionamento dell’eolico. Mi piace passarne in rassegna velocemente alcuni, per correggere qualche idea che superficialmente qualcuno si potrebbe fare, ma che talvolta può essere sbagliata.

Innanzitutto, mentre il sole, che irraggi un po’ di più o un po’ di meno è una risorsa “democratica”, disponibile a tutti, l’eolico è un po’ più elitario: per sfruttare il vento occorre che questo soffi (parlo degli impianti di medie e grandi dimensioni) a una velocità superiore ai 3 metri al secondo, e inferiore ai 25 metri al secondo. Nel primo caso infatti l’energia cinetica del vento è sufficiente a mettere in moto le pale, nel secondo caso giunti a quel limite la pala eolica entra in uno stato di arresto per evitare la produzione di un sovra voltaggio che farebbe “bruciare” il generatore. La velocità ideale del vento per l’eolico, in cui l’efficienza di trasformazione dell’energia in quella elettrica è ottimale, risulta nell’intorno degli 11-12 metri al secondo (una velocità di poco superiore a quella del nostro campione olimpico sui 100 metri Marcell Jacobs), e che equivale a circa 36 km/h.

Poiché la velocità media del vento in Pianura Padana è nell’intorno dei 5 km/h, e cioè meno di 1,5 metri al secondo, almeno sino a 250 metri sul livello del mare, questo ci dice perché nel bacino del Po abbiamo una pessima qualità dell’aria e nessuna grande pala all’orizzonte.

Oggi però la ricerca tecnologica ha portato a realizzare mini turbine eoliche ad asse verticale che possono operare con una velocità di avvio vicina al quella sopra indicata. In condizioni particolari (cioè con posizionamento senza ostacoli ai flussi d’aria nell’intorno), si possono quindi ben associare al fotovoltaico per l’approvvigionamento energetico di una abitazione. E anche a immaginare altri casi specifici di utilizzo, per rendere adatte all’installazione aree che non sono per nulla favorevoli per la poca risorsa “vento”.

E quindi, in Pianura Padana ci sono tantissime arterie autostradali e ferroviarie dove, come ci dice un nostro lettore, i movimenti d’aria sono artificialmente generati dal passaggio dei mezzi di trasporto. È una constatazione effettiva: ricordo che all’inizio degli anni 2000 fui anche personalmente coinvolto in una serie di test sull’utilizzo di turbine, brutalmente adattate da quelle in uso nei jet, in una tratta di un’autostradale. Purtroppo l’esperimento, oltre che per la poca maturità tecnologica del tempo sugli aerogeneratori e ai rischi di sicurezza viaria ben comprensibili, si rivelò completamente fallimentare. Il problema essenziale risiede nel fatto che i flussi d’aria generati per il passaggio dei vari mezzi sono estremamente turbolenti e incostanti. Ma, come dicevamo, la tecnologia negli ultimi vent’anni ha compiuto tanti passi in avanti e contiamo oggi alcune realizzazioni, sperimentali dal 2015 in poi, di aerogeneratori di nuova concezione in grado di produrre energia dal traffico (ne esistono esempi in Inghilterra e ultimamente in Turchia).

La quantità di energia è modesta, ma sufficiente ad alimentare, a esempio, l’illuminazione dell’arteria stradale.

Certo produrre energia verde sfruttando il movimento di autoveicoli con motori inquinanti non è il massimo, ma anche questo speriamo possa cambiare con la spinta all’uso delle auto elettriche, a biocarburanti e perché no, a idrogeno. Di questo, se interessa, parleremo nei prossimi articoli.

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