Economia

Emergenza abitativa, vogliamo affrontarla davvero?

Bassissima l’offerta abitativa pubblica per gli studenti, alta la competizione con i turisti alla ricerca di un appartamento libero. Ma una soluzione forse c’è. E sono proprio i giovani a proporla
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Azzurra Rinaldi
Azzurra Rinaldi economista
Tempo di lettura 4 min lettura
16 maggio 2023 Aggiornato alle 06:30

Come sempre, abbiamo bisogno delle persone giovani perché ci aprano gli occhi sulle storture del mondo. Come sempre, non le ascoltiamo e reagiamo con fastidio e sarcasmo.

Ora il tema è l’emergenza abitativa, che riguarda moltissime persone e che colpisce le famiglie sia direttamente con il caro affitti che indirettamente quando i figli si allontanano da casa per andare a frequentare l’università in un’altra città.

Cosa accade

Qualche giorno fa, dal Politecnico di Milano parte una protesta degli studenti universitari che in pochi giorni si allarga ad altre città a seguito di una call for action da parte dell’Udu (Unione Degli Universitari). Gli studenti protestano perché, nelle città universitarie, le abitazioni disponibili per loro sono poche ed hanno prezzi irragionevoli. Questo non è un tema nuovo: se ne discute da anni, si sa che gli alloggi universitari non sono assolutamente sufficienti. Ma comunque non vi si pone rimedio.

L’offerta abitativa pubblica per gli studenti è effettivamente bassissima: si parla di 40.000 posti, il 5% del fabbisogno complessivo. Sono davvero pochi, perché in Italia gli studenti fuorisede sono circa 421.000 (su un totale di quasi 2 milioni di studenti universitari complessivi).

Vogliamo metterla in altri termini? Ogni 1.000 studenti, in Italia ci sono 5,6 posti pubblici.

In un quadro così complesso (e come se non bastasse), gli studenti universitari che cercano un alloggio sul mercato privato entrano in competizione con i turisti, perché chi ha un appartamento libero, piuttosto che affittarlo agli studenti, preferisce metterlo a reddito utilizzandolo per gli affitti brevi. E questo è particolarmente vero per le case ristrutturate con il Superbonus, perché sono nuove e i proprietari temono che l’ardore giovanile possa impattare negativamente sull’utilizzo dell’immobile.

Elementi strutturali

Certo, alcuni elementi sono strutturali e non sono necessariamente legati alla protesta degli studenti. L’Ocse ha pubblicato qualche tempo fa i dati sull’andamento dei salari e, nel nostro caso, sono demoralizzanti: non solo negli ultimi 30 anni non sono aumentati, ma si sono perfino ridotti del 2,9%. Ancora: 7 contratti su 10 sono a tempo determinato.

Insisto, con una recente ricerca di Nicola Bianchi e Matteo Paradisi, è aumentato il gap generazionale. Così, un lavoratore di 35 anni guadagna ora il 40% in meno rispetto al collega di 55. E di conseguenza, la quota di famiglie proprietarie dell’appartamento in cui vivono passa dall’80% del 2011 al 70,8% del 2021, secondo le ultime rilevazioni Istat. E le disuguaglianze aumentano. Perché, prevedibilmente, la percentuale di famiglie in affitto tra quelle più povere è il 32% del totale. E quando si analizzano i dati sulle persone single con meno di 35%, questa percentuale sale al 47,8%.

Il tema degli affitti

Alcuni attribuiscono parte della responsabilità della situazione attuale alle piattaforme di affitto a breve termine. Una su tutte, Airbnb. Solo tra Bologna, Roma e Milano, sono 50.000 le case presenti sulla piattaforma per affitti brevi.

Secondo Nomisma, a un proprietario di una di queste case è sufficiente affittare ai turisti per circa 120 giorni per guadagnare quanto farebbe affittando per un anno con un contratto stabile.

E non è solo un problema di chi deve prendere casa in affitto. Si lamentano anche gli albergatori: rispetto a prima della pandemia, nel 2022 le presenze negli alberghi non hanno ancora recuperato. Anzi, sono ancora sotto del 9,2%. E proprio Federalberghi stima in 100 milioni ogni anno le presenze turistiche che sfuggono alle rilevazioni perché alloggiano in case private. E stiamo parlando del 24% del totale.

Cosa vogliono i giovani?

Ci piace raffigurarceli impulsivi e confusi, ma invece i giovani hanno le idee chiare.

Per prima cosa, chiedono di utilizzare i fondi del Pnrr. Nel Piano sono stati stanziati 960 milioni di Euro per creare 60.000 nuovi posti letto per gli studenti. Di questi, 300 sono stati già spesi per 8.581 (di cui ne sono stati assegnati 7.524). Ma i rimanenti sono 660 ancora da spendere, entro il 2026.

Ma chiedono anche di mettere un tetto agli affitti (ci sarebbe anche il tema dei sussidi agli affitti, che certamente aiutano, ma al contempo rischiano di alimentare una spirale inflativa che non farebbe che peggiorare ulteriormente le cose). Ma è lucida la visione complessiva che hanno: limitare gli affitti brevi, contrastare quelli in nero, monitorare una volta e per tutte i dati sugli affitti in maniera omogenea.

Ancora una volta, ci chiedono una società più giusta.

Vogliamo deluderli anche stavolta?

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