Lettere

Lotta ai mozziconi di sigaretta: a che punto siamo?

Tempo di lettura 5 min lettura
12 maggio 2023 Aggiornato alle 15:00

Buongiorno,

leggo sempre con interesse i vostri articoli. Non ne ho trovati sulla raccolta dei mozziconi di sigaretta, un tema che ritengo degno di attenzione. Ho letto che in varie città (anche italiane) hanno installato appositi raccoglitori e che in altri Paesi (Francia e Spagna) sono state adottate misure per far pagare ai produttori i costi di raccolta o smaltimento. In Canada stanno attivando impianti per il recupero della cellulosa che i mozziconi contengono. Molto attiva sul tema l’associazione MareVivo.

Grazie e cordiali saluti

Donatella Volpi

Gentile Donatella,

la sua lettera ci dà l’occasione di anticipare l’annuale Giornata mondiale senza tabacco del 31 maggio, istituita dall’Organizzazione mondiale della sanità per informare le persone sui pericoli legati al fumo e ai suoi scarti.

L’esercito dei mozziconi col quale i fumatori hanno dichiarato guerra all’ambiente resiste almeno dagli anni ’50 del Novecento, quando il filtro è stato diffuso su larga scala, e già intorno alla metà del decennio le sigarette col fitro superarono le vendite di quelle senza filtro.

Nonostante i tentativi non sempre in buona fede fatti nel corso degli anni dall’industria del tabacco, compreso quello di distribuire ai fumatori posaceneri tascabili, la cicca, realizzata per lo più in acetato di cellulosa, ovvero fibre di plastica, continua ad avvelenare il Pianeta.

L’Organizzazione mondiale della sanità stima che su circa 6 trilioni di sigarette prodotte ogni anno, 4,5 trilioni di filtri finiscano nell’ambiente inquinando gli ecosistemi terrestri e acquatici, minacciando la fauna marina e selvatica e perfino inibendo la crescita delle piante. Rilasciano metalli pesanti e nicotina, e per decomporsi impiegano da 18 mesi a 10 anni.

I danni sono quantificabili anche in termini economici, con ricadute, oltre che sulla salute, anche sulle tasche dei contribuenti. Ogni anno la Germania spende da sola oltre 200 milioni di dollari per ripulire il Paese dai prodotti del tabacco.

Ha ragione Thomas Novotny, professore emerito di Epidemiologia e Biostatistica alla San Diego State University, quando afferma che le cicche rappresentano «l’ultima forma accettabile di abbandono rimasta. È più probabile che le persone raccolgano la cacca del loro cane rispetto ai mozziconi di sigaretta».

La prima domanda, allora, sorge spontanea: perché, nonostante gli sforzi in questo senso risalgano almeno agli anni ’70, non abbiamo ancora introdotto i filtri 100% biodegradabili? La risposta è semplice: perché la politica non ha ancora obbligato le aziende a farlo.

Alcune realtà, come Greenbutts, Smokey Treats o l’italiana Bio-on, sperimentano da tempo soluzioni alternative all’acetato di cellulosa, che tuttavia faticano a imporsi come standard senza l’ausilio di provvedimenti a livello nazionale o sovranazionale.

Ma negli ultimi anni, come testimonia anche la sua lettera, la coscienza del problema da parte di cittadini e istituzioni è aumentata. I tradizionali filtri in plastica, a esempio, rientrano tra i prodotti interessati dalla direttiva Sup (Single Use Plastic) sulla plastica monouso approvata dall’Unione europea nel 2019, che li definisce “il secondo articolo di plastica monouso più frequentemente rinvenuto sulle spiagge dell’Unione”.

“I regimi di responsabilità estesa del produttore per i prodotti del tabacco con filtri contenenti plastica – si legge nel testo della normativa – dovrebbero incoraggiare innovazioni che portino allo sviluppo di alternative sostenibili”.

Qualche Stato poi, come lei stessa ha accennato, ha iniziato a distinguersi a livello individuale grazie a politiche nazionali virtuose. Così la Spagna, dove il Ministero per la Transizione ecologica e la sfida demografica ha imposto che dal 6 gennaio di quest’anno i produttori di tabacco devono finanziare la raccolta dei mozziconi nei luoghi pubblici.

Analogo il provvedimento preso dalla Francia, che entro il 2030 punta a ridurre del 40% le cicche gettate a terra, e che oggi multa (68 euro) chi abbadona per strada i mozziconi. Anche in Italia la legge cosiddetta ‘Green Economy’ entrata in vigore nel 2016 prevede una sanzione amministrativa da 30 a 300 euro ma è rimasta lettera morta.

Belgio e Olanda, invece, si sono spinti in avanti e sostengono la necessità di vietare del tutto i filtri.

Il mese scorso il Consiglio superiore di sanità belga ha pubblicato uno studio nel quale sostiene, supportato da diverse ricerche, che “i filtri per sigarette non hanno comprovati benefici nella prevenzione degli effetti nocivi del fumo sulla salute” e che “dovrebbero essere considerati principalmente come uno strumento di marketing”.

L’istituto sottolinea inoltre come, sebbene i filtri biodegradabili risolvano il problema delle microplastiche, non eliminano però gli agenti contaminati della sigaretta assorbiti dal filtro stesso, che quindi, seppure in parte minore, continuerebbe a danneggiare l’ambiente e i suoi abitanti.

La strada da fare è ancora lunga quindi, a meno di non prendere una decisone radicale che, oltretutto, salverebbe circa 8 milioni di persone l’anno: smettere di fumare.

Saluti,

Valerio Verderio

Leggi anche
Salute
di Costanza Giannelli 4 min lettura
Sigarette
di Alice Dominese 4 min lettura