Diritti

What mothers want

Ho fatto un sondaggio per capire cosa vogliono davvero le mamme per il 14 maggio. È venuto fuori che desiderano molte cose, che dovrebbero essere diritti e non regali
Credit: Tara Winstead
Ella Marciello
Ella Marciello direttrice comunicazione
Tempo di lettura 8 min lettura
12 maggio 2023 Aggiornato alle 06:30

C’è qualcosa che mi disturba sempre moltissimo, nella settimana che precede la Festa della Mamma, ed è l’affollamento delle più disparate promozioni. Niente di nuovo, si dirà, succede per ogni ricorrenza commerciale. Ed è vero, questa giornata ormai connotata dalla caccia al pensiero più dolce, originale o tenero, fa scatenare ogni marketing manager, spesso spingendo su cliché che dovrebbero essere ormai superati.

Dalle tonnellate di sponsorizzate ricevute in questi giorni nei miei feed constato che ci sono imprescindibili qualità che la mamma deve avere e conseguenti imprescindibili regali da donare per ottenere le qualità di cui sopra.

In primo luogo, la mamma deve essere bella. Rossetti, ombretti, make up in generale. Ma deve essere anche magra, a giudicare dai centri estetici che mi propongono trattamenti dimagranti, snellenti, rimodellanti, anticellulite, anti imperfezioni, anti umanità in pratica.

Inoltre, che te ne fai di una mamma bella e magra se è vecchia? E quindi via di creme anti rughe, anti macchie, che rimpolpano e che lisciano: giurerei di aver visto promozioni con volti che sembravano usciti direttamente dall’ultimo famoso filtro di TikTok.

La mamma è anche un po’ vanitosa, certo, quindi un gioiello: bracciali, anelli, orecchini che illuminino il viso finalmente piallato grazie alle creme da acquistare in combo.

La mamma ci piace, è un’entità mistica, però deve stare in stringenti caselline per piacerci davvero davvero. Perché alle mamme basta davvero poco per esser felici. Come un buono per la lavanderia (tratto da una storia purtroppo vera). O no?

La mistica della maternità che si scinde in un dualismo apparente (felicità come condizione naturale vs sacrificio innato) ci ha consegnato un ideale materno difficile da raggiungere per un motivo molto banale: quell’ideale è, appunto, un’idea e per questo non esiste se non portata a compimento.

L’essere madre ingloba una vastissima gamma di emozioni e sentimenti, di cui forse il più trasversale è l’ambivalenza, la contraddizione. Perché è questo che siamo come esseri umani: contraddittori, e non c’è davvero niente di male a comprenderlo e accettarlo.

Tornando a noi e alle pubblicità per la Festa della Mamma, mi sono seduta un attimo (solo uno) e ho pensato: ma siamo davvero sicure che queste caselline da flaggare ci bastino? O piuttosto, facendo un esercizio di immedesimazione, non possiamo spostare l’asticella un po’ più in là?

Non credo che alle madri basti poco per esser felici e anzi, questa è una retorica molto comoda per continuare a relegarle negli angoli, che si parli di ruoli, potere, denaro, o altro.

Così ho fatto alla mia community di Instagram una domanda. Ho chiesto alle madri: “Se potessi avere qualunque cosa in regalo, cosa vorresti davvero per la festa della mamma?”. E, incredibilmente, nessuna mi ha risposto con uno degli articoli che affannosamente vengono promossi in questi giorni. Passo quindi a fare una rassegna che spero sia ragionata, su ciò che le mamme vogliono.

Al primo posto, rullo di tamburi, c’è dormire. Le madri non dormono o non dormono quanto vorrebbero. Dormire compare in varie declinazioni, dal dormire tutto il giorno (che presuppone che nessuno ti svegli con impellenze più o meno reali) al dormire sul divano guardando per finta la tv. Dal dormire tutta la notte filata al dormire senza preoccuparsi di chi deve fare colazione, avere vestiti puliti, preparare il pranzo o la cena.

La verità è che le madri sono stanche, sempre, incredibilmente stanche tutto il tempo. Carico mentale e lavoro di cura, stiamo parlando di voi.

Al secondo posto troviamo tempo per sé. Qui mi sento di fare una riflessione più allargata sul concetto iper-abusato (soprattutto nelle bolle social popolate da madri) del me-time: quel ritagliarsi tempo utile per fare qualcosa che ci fa stare bene.

Ho pensato a me stessa e a cosa significhi questo per me. E mi sono accorta che, spessissimo, quello che le madri considerano tempo per sé non è altro che una serie di incombenze che sarebbero comunque tenute a fare, solo senza un bambino o una bambina al seguito. Il dentista, la spesa, passare a ritirare qualcosa in un negozio diventano attività quasi piacevoli se non ci si deve contemporaneamente occupare di un altro essere umano, con i suoi bisogni e imprevedibilità. Però, di nuovo, i bisogni delle madri che posizione gerarchica di questa scala occupano?

Sulle riviste, sui blog, sui social media ho letto spesso questo imperativo categorico da parte di altre madri: “Prenditi del tempo per te! Anche farti una doccia calda ti può aiutare!”. E mi sono sentita molto arrabbiata e frustrata nel constatare come, per le madri, le più basilari attività igieniche diventino improvvisamente una routine di self-care. Com’è che i padri vanno a giocare a padel o bere una birra fuori e le madri si possono lavare i capelli?

Interrompere questa narrativa è necessario per smettere di considerare commissioni e igiene di base come un plus. Non lo sono e no, non necessariamente ci danno una mano. Abbassano semplicemente lo standard di ciò che riteniamo accettabile per noi stesse.

Più in giù molte risposte si sono incentrate sul silenzio. Questo anelato e purtroppo grande assente ha spaziato, nelle sue declinazioni, dal vorrei una porta blindata in camera da letto\bagno\altra stanza, a silenzio mentre cerco di lavorare (smartworking? Comodo così ti puoi occupare dei bambini!), a essere non mamma per un giorno per starmene tutto il giorno in silenzio. Anche nella versione non parlare con nessuno per tutto il giorno. Il silenzio fa rima con noia spesso, in queste risposte. Decisamente 2 condizioni impraticabili se hai dei bambini.

A pari merito alcune parole chiave: lavoro, denaro, senso di colpa. Le madri che hanno interagito con il sondaggio lamentano l’impossibilità di avere un lavoro che permetta loro di guadagnare abbastanza (sì, i soldi fanno la felicità e ora abbiamo anche una ricerca che lo dice, non che ce ne fosse il bisogno), di non sentirsi costantemente un criceto sulla ruota, in cui essere madre non sia penalizzante, un lavoro che non obblighi a scegliere se essere una buona madre o una buona lavoratrice (ad oggi, entrambe le cose sembrano inconciliabili).

Il tutto, condito con dosi abbondanti di sensi di colpa: per non esserci, per esserci poco, per esserci troppo e voler essere altrove a trovare compimento di diverso tipo, per non essere abbastanza da nessuna parte.

Si dirà: hai voluto la bicicletta. Eppure, proprio nei giorni in cui ci si appresta ad ascoltare proposte (e si spera soluzioni) dagli Stati Generali della Natalità, il grande tema sono proprio le culle vuote.

Non è novità che nei Paesi in cui le donne lavorano di più si facciano anche più figli. Come evidenziato nel report diffuso in questi giorni da Save The Children, Mamme Equilibriste:La relazione tra partecipazione femminile al mercato del lavoro e fecondità è diretta: lì dove le donne lavorano di più, nascono più bambini. Si tratta di una regolarità che ha investito non solo l’Italia, ma tutta l’Europa. Oggi, dunque, affinché la fecondità sia più alta non basta che uno dei partner lavori, ma c’è bisogno che entrambi abbiano una posizione stabile. Tuttavia, la condizione lavorativa delle donne, e in particolare delle madri, nel nostro Paese è ancora ampiamente caratterizzata da instabilità”.

E di cui riporto alcuni dati a sostegno non solo della imperitura stanchezza delle madri ma anche della loro insoddisfazione e delle problematiche relative all’ambito lavorativo:

- nel 2022, pur segnando una leggera decrescita, il divario lavorativo tra uomini e donne si è attestato al 17,5%. Nella fascia d’età 25-54 anni se c’è un figlio minore il tasso di occupazione per le mamme si ferma al 63%, contro il 90,4% di quello dei papà, e con 2 figli scende fino al 56,1%, mentre i padri che lavorano sono ancora di più (90,8%);

- quando il lavoro per le donne c’è, in molti casi è circoscritto nel part-time, che le riguarda nel 32% dei casi contro il 7% egli uomini, e se ci sono i figli la quota sale al 37,3%, con quasi una metà di queste mamme (16%) che è vista costretta a un part-time involontario, che non ha scelto;

- a volte anche il part-time non è sufficiente a conciliare lavoro e cura familiare, nel 2021 tra le donne che si sono dimesse volontariamente dopo la nascita di un figlio il 65,5% indica come motivazione la difficoltà di conciliazione tra lavoro e cura, contro il 3% degli uomini.

Le madri non ce la fanno e vorrebbero solo dormire, fermarsi, o un lavoro decente. Non possiamo più pensare che sia un tema che riguardi le mamme soltanto: finché non si penseranno e struttureranno politiche pubbliche mirate alla parità di genere, che contemplino il ruolo dell’altro genitore come centrale e con pari doveri nei confronti dei nuovi nati (e anche di quelli nati da un po’) e non si forniranno più asili nidi, più scuole dell’infanzia, più tutele a livello di welfare (anche per le madri precarie o non dipendenti) non si favorirà l’occupazione e la permanenza delle madri nel mondo del lavoro.

Fino ad allora, non so se riusciamo a farci bastare quella crema antirughe che aspetta di essere scartata. Più probabile che venga accolta con un sorriso e un grazie. Ma solo perché abbiamo abbassato lo standard oltre al limite della decenza. E siamo troppo stanche per litigare.

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