Diritti

In India vietato portare l’hijab a scuola

Il caso di 6 studentesse espulse dalle lezioni per non aver tolto il velo in classe scuote il Paese. E fomenta violenze e discriminazioni contro la minoranza islamica, come avvisa la Ong Genocide Watch
Caterina Tarquini
Caterina Tarquini giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
10 febbraio 2022 Aggiornato alle 13:00

Il caso delle 6 giovani musulmane escluse dalle lezioni di un istituto superiore del distretto di Udupi del Karnataka per non aver rinunciato all’hijab scuote l’India. Il regolamento scolastico consente alle ragazze di indossare il velo negli ambienti esterni del campus, nel cortile e nel giardino, ma lo vieta in classe. Così, recatesi al college con l’hijab, le studentesse si sono viste negare la possibilità di frequentare le lezioni.

La protesta delle studentesse in difesa del diritto di indossare l’hijab - il velo islamico più diffuso al mondo – ha avuto una serie di effetti a catena imprevedibili, tanto da spingere il governo dello Stato indiano di Karnataka a disporre la chiusura per tre giorni di scuole superiori e college.

Nel giro di qualche giorno, infatti, le polemiche si sono propagate anche in altri istituti e in alcuni casi sono sfociati in atti di violenza contro le minoranze musulmane. In risposta alle rivendicazioni delle giovani, alcuni ragazzi hindu si sono presentati in aula sfoggiando, con un chiaro intento provocatorio, scialli giallo zafferano, considerato il colore tradizionale del credo induista. Video virali mostrano, inoltre, molestie ai danni di ragazze con il velo, lanci di pietre e accesi scontri avvenuti in settimana tra studenti musulmani e di etnia hindu.

Sulla questione ha fatto sentire la sua voce anche il premio Nobel Malala Yousafzai, sopravvissuta all’età di 15 anni a una spedizione punitiva dei talebani in Pakistan per il suo blog a favore del diritto delle ragazze all’istruzione. Ha invitato i leader indiani a fare qualcosa per “fermare l’emarginazione delle donne musulmane”. “Impedire alle ragazze di andare a scuola con l’hijab è orribile”, ha twittato l’attivista 24enne. “Persiste l’oggettivazione delle donne, colpevolizzate per essere troppo o troppo poco coperte”.

I fatti recenti sono però solo la punta dell’iceberg di un fenomeno radicato e allarmante. Per comprenderne la portata, occorre tenere presente che all’interno di un tessuto socio-culturale complesso come quello indiano, i musulmani rappresentano il secondo gruppo religioso dopo gli hindu, la più ampia minoranza del Paese – circa il 14% dell’intera popolazione, oltre 200 milioni di persone a fronte della maggioranza hindu pari all’80%. L’India è infatti il terzo Paese al mondo per numero di fedeli islamici.

Secondo Genocide Watch, una onlus che si occupa di prevenire, impedire e chiedere giustizia di fronte ad atti di genocidio e altre forme di omicidi di massa, sarebbero inequivocabili e preoccupanti alcuni segnali di intolleranza nei confronti della minoranza musulmana. Dopo alcuni episodi eclatanti, tra cui un raduno delle organizzazioni religiose vicine alla destra hindu che inneggiavano apertamente all’eliminazione dei musulmani, l’organizzazione ha parlato di “rischio genocidio”.

Gregory Stanton, presidente e fondatore di Genocide Watch, ha spiegato, in un suo intervento al Congresso degli Stati Uniti, che il genocidio non è un evento isolato, ma un lento processo di marginalizzazione, di costruzione del nemico e di de-umanizzazione dell’altro.

Genocide Watch aveva lanciato per la prima volta l’allarme già nel 2002, l’anno delle violente rivolte anti-musulmane e dei massacri su base settaria nello stato del Gujarat che causarono oltre 1.000 morti. A quell’epoca, il governatore dello stato era l’attuale premier Narendra Modi, il quale negli anni non ha mutato le sue politiche islamofobe. Salito al potere nel 2014 e rieletto nel 2019, assieme al suo partito, il Bharatiya Janata Party, è espressione della destra hindu, sciovinista e maggioritaria.

Linciaggi pubblici, leggi discriminatorie e una violenza diffusa e crescente stanno mettendo in pericolo la sicurezza della comunità islamica e delle altre minoranze religiose. Il diritto di indossare l’hijab è solo la punta dell’icerberg.

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