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Che cos’è il “Codice Rosso”?

Il nome esatto è “legge 19 luglio 2019, n. 69” e ha modificato le normative esistenti per tutelare donne e minori vittime di violenza di genere. Vediamo cosa dice il provvedimento e come potrebbe cambiare
Giulia Bongiorno, prima firmataria del ddl n. 377 (più conosciuto come “Legge Bongiorno”) che, secondo i promotori, rafforzerebbe ulteriormente la legge 19 luglio 2019, n. 69 (o “Codice Rosso”)
Giulia Bongiorno, prima firmataria del ddl n. 377 (più conosciuto come “Legge Bongiorno”) che, secondo i promotori, rafforzerebbe ulteriormente la legge 19 luglio 2019, n. 69 (o “Codice Rosso”) Credit: ANSA/ANGELO CARCONI
Costanza Giannelli
Costanza Giannelli giornalista
Tempo di lettura 6 min lettura
5 maggio 2023 Aggiornato alle 16:00

I dati e le cronache continuano a dimostrarlo quotidianamente: la violenza di genere è un problema ancora enorme nella nostra società, che costa la vita e il benessere a tantissime donne ogni anno. Ma quali sono gli strumenti che la legge prevede per tutelare le vittime di violenza domestica e di genere, le donne e i minori?

Dal 2019, nell’ordinamento italiano è stato introdotto il cosiddetto “Codice Rosso”, una legge pensata per velocizzare l’iter giudiziario di questa tipologia di reati e introdurre nuove fattispecie.

Cos’è il “Codice Rosso”?

“Codice Rosso” è il modo in cui è comunemente conosciuta la legge 19 luglio 2019, n. 69 (entrata in vigore il 9 agosto dello stesso anno), recante “Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere”.

La legge è nata per introdurre importanti modifiche al diritto sostanziale (Codice Penale), processuale (Codice di procedura Penale) e ad altre disposizioni normative per aumentare le tutele nei confronti delle donne e dei soggetti deboli che subiscono violenze, maltrattamenti e atti persecutori.

Il “Codice rosso” interviene, quindi, su una serie di reati in materia di violenza domestica e di genere, con l’obiettivo di velocizzare l’instaurazione dei procedimenti penali e accelerare l’eventuale adozione di provvedimenti a protezione delle vittime: il nome “Codice rosso”, mutuato su quello del triage ospedaliero, indica infatti una sorta di “corsia preferenziale” più veloce per le denunce e le indagini riguardanti casi di violenza contro donne o minori.

Cosa dice la legge 19 luglio 2019, n. 69?

Le modifiche introdotte dalla legge 69/2019 sono sia di carattere procedurale che relative alle misure cautelari e di prevenzione, oltre a prevedere l’introduzione di 4 nuove fattispecie di reato.

È proprio la rapidità dell’iter per i procedimenti di alcuni reati (come maltrattamenti in famiglia, stalking, violenza sessuale) e conseguentemente una più tempestiva adozione di eventuali provvedimenti a caratterizzare le differenze in ambito procedurale, che non si limitano però a questo: anche tempi e modalità di azione di polizia giudiziaria e pubblico ministero sono ripensati per essere il più rapidi ed efficienti possibile. La polizia giudiziaria deve riferire immediatamente la notizia di reato (anche oralmente) al pubblico ministero, che ha 3 giorni dall’iscrizione della notizia di reato per sentire la vittima, un termine che può essere prorogato solamente per imprescindibili esigenze di tutela di minori o della riservatezza delle indagini.

A essere modificata è stata anche la misura cautelare del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, con l’obiettivo di permettere al giudice di garantirne il rispetto anche attraverso mezzi elettronici o ulteriori strumenti tecnici, come il braccialetto elettronico.

I nuovi reati introdotti dal “Codice Rosso” sono:

- diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti (revenge porn) - Articolo 612-ter del Codice Penale, che punisce “chiunque, dopo averle realizzate o sottratte, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video di organi sessuali o a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate” con la reclusione da 1 a 6 anni e la multa da 5.000 a 15.000 euro. Anche chi riceve o acquisisce immagini e video e le diffonde senza consenso rischia la stessa pena. Quest’ultima aumenta se il reato è commesso da un coniuge o un ex coniuge o da una persona che ha avuto una relazione affettiva con la vittima, se è commesso attraverso mezzi informatici o se “i fatti sono commessi in danno di persona in condizione di inferiorità fisica o psichica o in danno di una donna in stato di gravidanza”;

- deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso - Articolo 583 quinquies del Codice Penale, che sanziona con la reclusione da 8 a 14 anni “chiunque cagiona ad alcuno lesione personale dalla quale derivano la deformazione o lo sfregio permanente del viso”. Quando, per effetto del delitto in questione, si provoca la morte della vittima, la pena è l’ergastolo;

- costrizione o induzione al matrimonioArticolo 558 bis del Codice Penale: “Chiunque, con violenza o minaccia, costringe una persona a contrarre matrimonio o unione civile” è punito con la reclusione da 1 a 5 anni. La fattispecie è aggravata quando il reato è commesso a danno di minori di 18 o di 14 anni e le disposizioni previste dall’articolo si applicano anche quando il fatto è commesso all’estero da cittadino italiano o da straniero residente in Italia “ovvero in danno di cittadino italiano o di straniero residente in Italia”;

- violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa - Articolo 387 bis del Codice Penale: la pena per la violazione delle misure restrittive è la reclusione da sei mesi a tre anni.

Le modifiche della “legge Bongiorno”

Del “Codice Rosso” si è tornati a parlare in seguito all’approvazione da parte del Senato, il 3 maggio 2023, del ddl n. 377, più conosciuto come “Legge Bongiorno” dal nome della Senatrice leghista Giulia Bongiorno che ne è la prima firmataria e che, secondo i promotori, rafforzerebbe ulteriormente la legge 19 luglio 2019, n. 69.

Il testo (che ha avuto l’ok di Palazzo Madama con 113 voti favorevoli, nessun contrario e 28 astenuti e passa ora alla Camera) prevede l’avocazione se il Pubblico Ministero non sente entro 3 giorni dall’iscrizione della notizia di reato la vittima: questo significa che il procedimento viene “avocato” (ovvero autoassunto) dal Procuratore Generale presso la Corte d’Appello, che si sostituisce al Pm.

Secondo i promotori, queste condizioni garantirebbero maggiore velocità alle indagini e maggiore tutela alle vittime. Secondo il Partito Democratico (che si è astenuto come si astenne dalla votazione del Codice Rosso nel 2019, invece, non tutte le donne vogliono essere ascoltate entro i 3 giorni previsti e, se molte non denunciano, non lo fanno perché non vengono sentite nei tempi stabiliti ma perché hanno paura di non essere credute.

«Il tema quindi non è il tempo - ha detto la senatrice Valeria Valente durante il dibattito al Senato - il tema è la qualità delle nostre indagini, chi le fa, con quale spirito le fa, con quale specializzazione e con quale competenza».

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