Futuro

AI: impareremo a leggere il pensiero?

Il team di ricerca della University of Texas at Austin ha messo a punto un “decodificatore semantico” basato sull’intelligenza artificiale, capace di tradurre l’attività cerebrale di una persona in un testo
Credit: Noema Magazine
Fabrizio Papitto
Fabrizio Papitto giornalista
Tempo di lettura 3 min lettura
2 maggio 2023 Aggiornato alle 15:00

Leggere nel pensiero”, finora, è stato un modo di dire per esprimere empatia o, al contrario, il suo limite umano. Ma grazie alle applicazioni dell’intelligenza artificiale, nel prossimo futuro le cose potrebbero cambiare.

Combinando la risonanza magnetica funzionale (fMri) con le capacità predittive dei modelli linguistici dell’AI, un gruppo di ricercatori della University of Texas at Austin ha messo a punto un “decodificatore semantico” in grado di tradurre l’attività cerebrale di una persona in un flusso continuo di testo.

Il decodificatore, si legge nell’abstract della ricerca pubblicata su Nature Neurosciense, “genera sequenze di parole intelligibili che recuperano il significato del parlato percepito, del parlato immaginario e persino dei video muti”.

Non si tratta quindi di una trascrizione parola per parola, sottolinea la UT Austin in un comunicato ufficiale, ma l’obiettivo è quello di “catturare l’essenza di ciò che viene detto o pensato, anche se in modo imperfetto”.

Quando è stato chiesto ai soggetti di guardare 4 brevi filmati senza audio, il decodificatore semantico “è stato in grado di utilizzare la loro attività cerebrale per descrivere accuratamente determinati eventi mostrarti nei video”.

«È un vero balzo in avanti rispetto a ciò che è stato fatto prima, che in genere è composto da singole parole o brevi frasi – ha dichiarato Alex Huth, che ha condotto lo studio insieme a Jerry Tang – Stiamo facendo in modo che il modello decodifichi il linguaggio continuo per lunghi periodi di tempo con idee complesse».

A differenza di altri sistemi di decodifica linguistica in fase di sviluppo, spiegano i ricercatori, questo sistema non richiede ai soggetti di avere impianti chirurgici, rendendo il processo non invasivo.

Al momento il decodificatore funziona solo con i pazienti sui quali è stato addestrato, ma l’impiego di una simile tecnologia porta con sé implicazioni enormi e solleva interrogativi etici ai quali la scienza dovrà rispondere.

«Prendiamo molto sul serio le preoccupazioni che possa essere utilizzato per scopi negativi e abbiamo lavorato per evitarlo – ha affermato Tang – Vogliamo assicurarci che le persone utilizzino questi tipi di tecnologie solo quando lo desiderano e che ciò li aiuti».

I risultati possono aprire nuove frontiere della medicina sullo sviluppo di interfacce cervello-computer che consentano di esprimersi alle persone fisicamente incapaci di parlare, a esempio quelle colpite da ictus cerebrale.

Leggi anche
Intelligenza artificiale
di Chiara Manetti 4 min lettura
Intelligenza artificiale
di Sara Capponi 5 min lettura