Economia

Ristrutturazioni. La tempesta perfetta del Superbonus

Il 110% - misura che ha permesso di riqualificare palazzi e villette - sta per scadere. Per chi vuole usufruirne ora è tardi, a meno che l’impegno del Governo nel rimborsare quasi completamente le spese dei cittadini prosegua con una legge. Cosa accadrà?
Con il Decreto Sostegni-ter il Governo ha stabilito che il credito possa essere ceduto una volta sola. Ma le forze parlamentari si oppongono.
Con il Decreto Sostegni-ter il Governo ha stabilito che il credito possa essere ceduto una volta sola. Ma le forze parlamentari si oppongono.
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 5 min lettura
10 febbraio 2022 Aggiornato alle 17:14

«È una tempesta perfetta, uno stop che rischia di paralizzare l’intero sistema, in primis tanti piccoli operatori dell’edilizia che vedrebbero bloccata la propria attività». Le parole di Mario Gamberale, Amministratore delegato della milanese Innovatec Power S.r.l., che si occupa di efficientamento energetico per permettere alle aziende di ridurre i costi energetici, descrivono il clima che si respira ora che il Governo italiano ha deciso di dare una stretta al Superbonus 110%.

Prima di tutto, di che cosa si tratta? «Il Suberbonus è un contributo ai proprietari di case singole o di appartamenti in condominio dedicato alla riqualificazione energetica e sismica degli immobili: il meccanismo – spiega Gamberale - consente al proprietario che realizza un intervento di ristrutturazione che preveda almeno il salto di due classi di efficienza energetica di ottenere un credito fiscale, cioè una riduzione delle imposte pagate, pari al 110% del valore degli interventi, da ripartirsi in cinque quote annuali di pari importo; per fare un esempio, se il valore dei lavori, incluse le spese professionali e l’iva, ammonta a 100.000 euro, lo Stato riconosce 110.000 euro di credito di imposta, che il cittadino può recuperare in cinque quote annuali pari a 22.000 euro all’anno a decorrere dall’anno successivo all’anno di effettuazione della spesa» spiega Gamberale.

Cosa rende questo meccanismo davvero funzionante? «Il legislatore ha previsto la possibilità per i proprietari di immobili - continua Gamberale - di non realizzare direttamente l’investimento (l’intervento è a costo zero) e operare la compensazione del credito con le proprie tasse, ma di cedere il credito d’imposta alla società che realizza gli interventi di riqualificazione. La società che riceve il credito di imposta può a sua volta usare questi crediti in compensazione con le proprie imposte, oppure cederlo ancora agli istituti di credito o altri attori finanziari».

Il credito, così, passa di mano in mano fino ad arrivare al soggetto che effettivamente lo va a compensare nelle tempistiche previste, in rate di pari importo. Con questo meccanismo, ovvero la cessione del credito al fornitore della tecnologia, sono stati raggiunti 18,3 miliardi di euro totali di crediti di imposta generati fino a oggi, cioè interventi ammessi alla detrazione a carico dello Stato. Lo dicono i dati di gennaio di Enea, l’Agenzia Nazionale dell’Efficienza energetica.

La cessione multipla del credito, questo continuo passaggio di mano in mano, «è un meccanismo che, se non controllato in maniera adeguata, può attirare truffe ai danni dello Stato e dei contribuenti (basti pensare alle imprese edili nate nel secondo semestre del 2021: più di 11.000, ndr) perciò il Governo, per correre ai ripari e non essendo in grado di operare dei controlli capillari ed efficaci, ha preferito in maniera assolutamente improvvida bloccare la cessione del credito, non capendo però che così facendo si sarebbe verificata la paralisi del sistema».

Con il Decreto Sostegni-ter il Governo ha stabilito, infatti, che il credito possa essere ceduto una volta sola dalla azienda installatrice alla banca. Una soluzione utile forse a contrastare le frodi, ma che danneggia quegli operatori che non operavano direttamente sul mercato, ma si avvalevano di intermediari finanziari che a loro volta compravano il credito o lo cedevano alla banca stessa. «È il caso di Bpm, di Cassa Depositi e Prestiti o di Poste italiane, che l’8 gennaio scorso ha ufficialmente sospeso il servizio di acquisto di crediti d’imposta cedibili» spiega Gamberale.

Lo stesso è accaduto a tutte le banche più piccole, di credito operativo o popolari, che non avendo una capacità diretta di compensazione del credito per grandi volumi, prima compravano il credito dagli operatori e poi lo rivendevano nel mercato dei crediti. Cosa impossibile, ora che è arrivata l’interruzione della cessione multipla. Non mollano, però, Intesa Sanpaolo, Unicredit, Finecobank, che anzi proseguono con l’attività di cessione.

Quali sono i rischi adesso? Prima di tutto, visto che si tratta di un decreto-legge, si aspetta venga convertito in legge: il calendario fissa la data nei primi giorni di aprile. Ma tutte le forze parlamentari stanno chiedendo di rivedere il meccanismo: «Sono ragionevolmente convinto che la cessione multipla verrà ripristinata, con ogni probabilità consentendola solo a quegli istituti soggetti al controllo della Banca d’Italia» dice Gamberale. Le ipotesi di lavoro sono molte: «Il Parlamento sta chiedendo al Governo di intervenire prima della scadenza di aprile, perché gli effetti della manovra potrebbero essere molto gravi: chiudere il meccanismo per due mesi, di fatto, paralizzerebbe completamente il sistema, provocando una polarizzazione delle attività sulle grandi banche che operano direttamente, senza passare dagli intermediari».

Si tratta, dunque, di Unicredit, Intesa Sanpaolo, Bnp Paribas e Montepaschi, «le quali, però, non sono preparate per rispondere a tutti gli operatori contemporaneamente, con il credito fiscale già ottenuto dall’Agenzia delle Entrate e senza la possibilità di venderlo né poter pagare la filiera costruttiva». Il decreto bollette, dopo queste pressioni, è slittato alla prossima settimana e potrebbe inglobare anche una revisione dell’articolo 28 del Sostegni ter, proprio quella che impedisce la cessione multipla dei crediti legati ai bonus edilizi.

In mezzo a questo tornado, realtà più strutturate come Innovatec, con le spalle più robuste, potrebbero reggere anche grazie alla sottoscrizione di accordi quadro con le banche: in particolare Innovatec firmando con Unicredit una convenzione che garantisce la totale continuità del business. Ma se la stretta sulla cessione multipla dovesse durare, molti operatori più piccoli, improvvisamente privati del necessario apporto finanziario derivante dalla cessione del credito, rischierebbero di soccombere per crisi di liquidità costretti a sospendere i lavori, fino alla paralisi totale dell’attività. E accusare il super-colpo.

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