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Dasha Zarivna: intervista con l’Ucraina

Se hai la pazienza di leggere questa lunga intervista, scoprirai non solo una giovane e potente statista. Scoprirai un’Ucraina audace, imprenditoriale, innovativa
Dasha Zarivna
Dasha Zarivna
Cristina Sivieri Tagliabue
Cristina Sivieri Tagliabue direttrice responsabile
Tempo di lettura 11 min lettura
29 aprile 2023 Aggiornato alle 07:00

Dasha vuol dire forte, vincente. È la 33enne che ho intervistato in una videocall di più di un’ora: è in guerra, davvero. E nonostante le sue certezze non si sa se ne uscirà vittoriosa.

All’anagrafe Dasha Zarivna è un “giovane pezzo grosso” (argh!) in Ucraina. Advisor di Andreyi Yermak, responsabile del gruppo di sanzioni Yermak-McFaul e capa dello staff di Zelensky. Ha una precisa responsabilità sulla comunicazione del Governo, ed è una delle poche donne a ricoprire un incarico di rilievo.

«Durante le riunioni mi trovo di fronte a streminati tavoli maschili - racconta - e può capitare un po’ d’ansia nel dire la cosa sbagliata. Non so se hai letto quel libro…». Un’inglese fluente grazie agli studi universitari a Stanford, le unghie con lo smalto rosso a pezzi, rosicchiato dalle 18 ore quotidiane di lavoro (non avrà avuto il tempo di colorarsele o se le mangia?). Dasha non è perfetta perché è in guerra ed è per questo che fa subito simpatia. Non ha nulla a che fare con la studiata distanza di una politica di mestiere, è naturale, ha poco tempo, e si vede che la sua questione non è “vendere la propria immagine”. Ed è per questo, ai miei occhi, che è stato davvero interessante intervistarla.

Dasha Zarivna
Dasha Zarivna

Prima domanda, quindi, a una ragazza che non dorme a casa propria da 15 mesi.

Come stai?

Sai, è un momento complicato. È sempre stato un periodo complicato, ma ora è ancora più buio a causa della controffensiva. I prossimi mesi saranno molto tosti, e io sto cercando di mantenere unito il team con il quale lavoro 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Con il passare del tempo ci siamo sempre più affiatati, e lavoriamo con la precisione di un orologio. Solo che siamo abbarbicati in questi uffici giorno e notte (proprio per non perdere neppure il tempo di andare a casa e tornare) e insomma, la fatica si sente. Vogliamo vincere, e questo è l’obiettivo di tutti… ma abbiamo bisogno di tanto, ancora…

Prova a spiegare il tuo lavoro

Sono una specie di Coo del governo ucraino: un Chief Operations Officer. Tutti i flussi chiave e i progetti chiave su cui lavoriamo passano dal mio ufficio, e io mi occupo della gestione operativa delle risorse, anche. Il mio compito, poi, a seconda di quanto viene definito da Zelensky, è fissare gli obiettivi, raggiungere i Kpi, non toppare le scadenze, coinvolgere e coordinare tutte le parti interessate e poi, naturalmente, fare comunicazione, occuparmi della strategia media. È una guerra mediatica e la mia responsabilità è anche pensare alla visibilità di ciò che facciamo.

Riesci a dormire la notte?

Il primo mese dell’invasione ero completamente insonne. Psicologicamente ero devastata dal numero e dalla crudezza dei crimini orribili dei russi. Era come se tutto accadesse direttamente a me, e il peso umano per gestire questa devastazione era immenso. E poi, avevamo bisogno di tutto: armi, sanzioni, strumenti. Era tutto da organizzare, non c’era nulla. Adesso, paradossalmente, riesco a gestire meglio il dolore, e il lavoro. Ho acquisito la distanza di una manager, ho preso le misure dalle cose, e ora le conosco anche meglio. Il fatto di strutturare i progetti di guerra attraverso tattica e strategia, di impostare un flusso di lavoro mi da sollievo. Mi permette di tornare a respirare: pensare fa bene.

Dasha Zarivna
Dasha Zarivna

In Italia si parla tanto di fuga di cervelli. Tu hai studiato a Stanford, vicino a Palo Alto. Perché hai deciso di tornare in Ucraina dopo la laurea?

Ho passato davvero dei momenti meravigliosi negli Stati Uniti. Palo Alto, sai, è il posto dove tutti sono smart. Del dream big e delle startup. Sono luoghi e storie di grande ispirazione e anche tu, quando arrivi lì, senti che solo il cielo è un limite e che nulla è impossibile. Ho voluto portare con me questa sensazione quando sono tornata in Ucraina, e infatti ho un approccio molto americano. Ho avuto anche alcune offerte di lavoro laggiù: mi interessavano le aziende tecnologiche….

Sì ma perché sei tornata?

Sono passati 5 anni. Caspita, sì, già 5 anni…Beh perché se fossi rimasta avrei dovuto lavorare per qualcuno, e io invece desideravo creare un mio progetto indipendente… Avevo un forte spirito imprenditoriale e volevo costruire qualcosa in Ucraina. E a dire il vero il mio sogno è sempre stato quello di costruire prodotti o aziende in nel mio Paese. Restando connessi con il mondo, ovviamente, soprattutto alla Silicon Valley perché è il luogo in cui nascono le grandi idee. Però devi sapere che prima della guerra anche l’Ucraina era un luogo a cui tutto il mondo guardava per l’esponenziale sviluppo tecnologico. Il nostro IT ha fatto un grande salto e sentivo che avrei potuto realizzare qualcosa di importante una volta tornata a casa. Per cui, quando sono tornata a Kyiv mi sono subito data da fare…

Hai seguito la startup anche di un giornale, l’Officiel

Volevo entrare nell’industria creativa: le agenzie pubblicitarie, le case di produzione, il Festival di Cannes… Il settore era audace, innovativo, coraggioso. Mi sono innamorata di quello che stavamo realizzando e desideravo con tutta me stessa far parte di questo ecosistema. Ho avuto poi la fortuna di incontrare un maestro: Yaroslav Azhnyuk, Co-founder di Petcube, O0 Design, Fuel Finance e Spend With Ukraine. Lui è giovanissimo ma conosce molto molto bene la storia ucraina, ed è una persona che cerca sempre il valore delle cose che fa. Mi ha trasmesso anche questo messaggio, di creare una cosa nuova a partire da una parte “naturale” di me stessa. Creare il mio lavoro a partire da me: carne, ossa, sangue. È grazie a lui che ho deciso di fondare la mia agenzia, e di cominciare dal basso, con piccoli clienti, piano piano. Poi, lavorare con lui, frequentare anche Aspen Institute e iniziare a connettermi con la parte migliore del nostro Paese mi ha poi portato a rinforzare il legame con la mia terra. È diventato indispensabile. Necessario.

Cos’hai imparato?

Per esempio che la nostra relazione con la Russia è sempre stata manipolatoria. Una relazione tossica, violenta. Gli ucraini sono sempre stati trattati come i “fratelli minori”. Una parte della grande famiglia che prima era l’Unione Sovietica e poi è stata la Russia. Questo ha fatto sì che non fossimo trattati come una vera Nazione: “il tuo territorio è un errore, la tua lingua è un errore, e tutto ciò che fai non è una vera cultura, non è reale, è solo una parte della grande cultura russa”.

La storia dell’Ucraina e della Russia è come una storia di violenta manipolazione: solo quando ne siamo usciti ci siamo resi conto di quanti abusi avessimo già subito precedentemente.

Così, dal 21 febbraio 2022, giorno in cui è cominciata la guerra, è come se vi foste svegliati, in un certo senso?

Sì è come se solo da quella data avessi iniziato a immaginare l’Ucraina, sola. Come un Paese forte, con istituzioni forti, con una politica forte e dei grandi ideali. Un Paese forte in cui i giovani non vedono nel potere un obiettivo ma uno strumento per migliorare le cose. Dall’economia alla cultura, alle politiche sociali. Il nostro popolo è fantastico e in un certo senso il conflitto mi ha permesso di scoprirlo ancora meglio.

Dasha Zarivna
Dasha Zarivna

Come mai lasciare il mondo della comunicazione per la politica. Com’è accaduto?

Stavano cercando la persona che potesse aiutare a organizzare il Dipartimento delle Comunicazioni nel Consiglio di Sicurezza e Difesa Nazionale: un manager che potesse fare tutto insieme. Mi è stato proposto. Ho detto sì senza pensarci. Ho iniziato. E a un certo punto mi sono resa conto che era impossibile conciliare il lavoro della mia agenzia creativa con il compito politico che mi avevano affidato, tanto più che poi sono entrata nel team delle relazioni internazionali. E piano piano sono cresciuta.

Parliamo delle donne del Governo Zelensky. Siete pochine?

Abbiamo, abbiamo la viceministra Iryna Vereshchuk, la ministra dell’economia Julija Anatoliïvna Svyrydenko. Anche al Ministero degli Affari Esteri c’è una numero due donna. Abbiamo donne…. però hai ragione a volte mi fa strano essere l’unica donna nella stanza, durante le riunioni. Ci ho pensato parecchio a questa cosa. Penso. Penso che tu abbia letto questo libro di Sheryl Sandberg (imprenditrice statunitense, ex direttrice operativa di Facebook, ndr), sul farsi avanti. Ecco io mi sento esattamente come lei descrive in contesti tutti maschili, e penso che abbiamo bisogno di più donne per la ricostruzione dell’Ucraina.

Volodymyr Zelensky e Dasha Zarivna
Volodymyr Zelensky e Dasha Zarivna

Zelensky in 3 parole

Fammi pensare… è coraggioso, è una mente brillante. Un manager in gamba. E sono 3 direi! Poi se posso aggiungere, è anche una persona molto onesta. Stimolante. Con un senso di giustizia molto forte. Sai ci sono persone che semplicemente non sopportano l’ingiustizia: lui è quel tipo di persona.

Dasha in 3 parole

Non ho paura, direi che sono coraggiosa. Cerco sempre di capire l’essenza delle cose o delle situazioni, di capire le persone, di capire i diversi punti di vista. Non c’è niente di più interessante degli esseri umani nelle loro storie. Sai, io e mia figlia, di 12 anni, stiamo scrivendo un libro (ciascuna il proprio). Immagino finirà prima lei, lo pubblicherà e diventerà la scrittrice molto prima di me.

Cosa scriverai nel tuo libro?

Sto tentando di riassumere tutto ciò che ho sentito, visto, vissuto e ascoltato a partire dal 24 febbraio, l’inizio della guerra. È come un diario giornaliero, ed è una cosa, scrivere, di cui ho bisogno, in cui metto a terra tutti gli incontri che ho fatto.

Dall’inizio della guerra con la Russia quasi 500 i bambini sono rimasti vittime, quasi 1.000 i feriti e 387 minori risultano scomparsi. I bambini sono usati come strumento di guerra, e l’Onu ha sentenziato che trasferire bambini ucraini in Russia è un crimine di guerra

Il Tribunale Penale Internazionale ha emesso un mandato d’arresto verso Putin. E il mandato d’arresto riguarda proprio questo caso di bambini ucraini deportati illegalmente. I russi dicono che circa 20.000 bambini ucraini sono stati deportati ma questo numero aumenterà. Tutto è iniziato con l’annessione illegale della Crimea. I russi hanno istituito un progetto chiamato Train of Hope. Un treno che arrivava in Crimea dalla Russia per accogliere bambini e offriva la possibilità a tutti i russi che avevano desiderio di adottare bambini ucraini di tornare con un piccolo.

Come hanno proceduto in Ucraina? All’inizio hanno utilizzato i cambi di “filtraggio” per separare genitori da bambini, e portarli in Russia. Poi hanno iniziato a prelevare bambini nei territori conquistati con la scusa dei “campi estivi”, solo che una volta arrivati in Russia non tornano più a casa. A quel punto, vietano ai piccoli di parlare ucraino, viene vietato di dire che sono ucraini. Insomma, viene fatto un lavaggio del cervello: raccontano loro che l’Ucraina non esiste. Non riesci a credere che ciò possa accadere nel 21° secolo in modo simile. Per questo la guerra per noi, ora, è diventata una guerra per l’esistenza. È molto più profondo il significato di quello che stiamo facendo ora. Stanno rubando il futuro degli ucraini, rubando il nostro futuro come Nazione. Per questo è il motivo la priorità del Presidente ora è far tornare a casa i nostri figli.

Cosa state facendo per portare a casa i bambini rubati dalla Russia?

Abbiamo creato un gruppo di lavoro di gruppo speciale: il Bring Kids Back Ucraine. Per ora stiamo preparando il piano d’azione che presenteremo settimana prossima. I punti fondamentali riguardano le relazioni internazionali con gli altri Paesi, per la creazione di un meccanismo legale per riavere i nostri figli. Stiamo cercando di coinvolgere personaggi pubblici molto noti che possano alzare la voce e parlare di questo fenomeno perché in tanti non conoscono il problema.

Dasha Zarivna
Dasha Zarivna

Leggo di tua nonna. È in ospedale dopo che la sua casa di campagna è stata distrutta da un attacco missilistico in persona. Allora come sta adesso?

Lei ora non è in ospedale per fortuna, è in un posto dove può riposare. Non riesce a riprendersi dal dolore di aver perso la sua casa. Sai, i miei nonni sono ucraini “tipici”, coltivavano la terra, la frutta e la verdura. Perdere la loro fattoria è stato come perdere El Dorado.

Intervista lunghissima, troppe domande. Dimmi qualcosa dell’Italia

Sai che certe volte mi dicono che sembro un’italiana? Per me è un grande complimento! Per noi l’Italia è un importante alleato, e penso (come me tutti gli ucraini) che sono grata al vostro Paese. Giorgia Meloni mi sembra una donna coraggiosa, non ho avuto la possibilità di conoscerla ma ascoltando un suo recente discorso sul nostro Paese ho intuito in lei anche una certa audacia. Mi piace! Sono invece in contatto con il ministro delle Imprese Adolfo Urso, e la settimana scorsa ci siamo sentiti per portare avanti il progetto Made in Italy, e per trovare una più forte connessione tra i nostri rispettivi ministeri dello Sviluppo Economico. C’è nell’aria una conferenza a Roma sulla ricostruzione in Ucraina, perché ci sarà molto da fare qui una volta terminata la guerra.

Dicci la prima cosa che farai quando la guerra sarà finita

Starò con mia figlia, andremo a trovare mia nonna, e farò una gita in Crimea. Lì ho passato pezzi della mia infanzia, prima che fosse annessa illegalmente nel 2014.

Cos’hai perso, e cosa hai trovato, attraversando questo difficile conflitto?

Ho perso tanti amici, ma forse, in definitiva, ho trovato la vera me stessa.

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