Futuro

L’AI racconta molto del nostro approccio al cambiamento

Mentre in Italia, nel 2022, l’intelligenza artificiale ha raggiunto un valore di mercato di 422 milioni, l’Economist paragona il suo sviluppo al browser, alla stampa e alla psicoanalisi di Freud
Credit: Arpad Spodni.
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27 aprile 2023 Aggiornato alle 12:20

Le intelligenze artificiali dividono: chi le identifica come un progresso irrimandabile e chi, invece, è preoccupato per gli esiti a cui questo nuovo sviluppo tecnologico potrebbe portare. La domanda è, a questo punto, non solo se siamo pronti ad accettare il cambiamento, ma anche se è ciò che vogliamo.

Il mercato sembra trainare verso lo sviluppo delle AI: secondo i calcoli di Anitec-Assinform, nel 2022 solo in Italia hanno registrato una crescita del 22%, raggiungendo un valore di mercato di circa 422 milioni di euro, una cifra che per il 2025 potrebbe volare a 700 milioni.

I benefici, allo stesso tempo, potrebbero essere numerosi e coinvolgere diversi settori. Per esempio, secondo l’analisi della società di ingegneria Inferenz, le intelligenze artificiali finiranno per riflettersi sui trasporti, sulle industrie e sulle strutture sanitarie, aiutando i medici a fornire il miglior servizio possibile ai propri pazienti. L’indagine di Inferenz evidenzia come sia possibile ottenere un miglioramento a 360 gradi: non solo grazie a una maggior rapidità nei processi amministrativi e burocratici, ma anche nel supporto alla diagnostica e cura del paziente.

Oltre il 90% degli intervistati (tutti operanti nel settore sanitario) guarda con ottimismo allo sviluppo delle AI e il 63% delle aziende mediche ha già adottato sistemi di intelligenza artificiale per l’attività di screening preliminare. I rischi, però, potrebbero essere molteplici.

L’Economist paragona il cambiamento in arrivo a 3 eventi storici che hanno, innegabilmente, modificato le nostre vite: l’introduzione del browser, la nascita della stampa e la psicoanalisi di Freud.

All’inizio degli anni ’90, i computer sono stati i protagonisti di una rivoluzione: il browser ha creato una nuova modalità d’uso per i computer, rendendoli facilmente accessibili alla maggior parte della popolazione. È proprio la semplicità e l’immediatezza dell’utilizzo di questi sistemi che ricorda le AI, dove all’utente viene richiesto il semplice inserimento di una parola o di un’indicazione per avviare la ricerca e ottenere la soluzione desiderata.

E ancora, l’invenzione di Gutenberg ha portato alla nascita della stampa regalandoci un’infinità di storie che ci hanno fatto emozionare, piangere e arrabbiare. Il nostro mondo senza i giornali o i libri non sarebbe certamente lo stesso.

La domanda a questo punto è: l’intelligenza artificiale potrebbe cambiare le carte in tavola? Forse. Certamente, potrebbe portare a un aumento delle possibilità di creare video e immagini, ma con il conseguente rischio di incremento di produzioni false. Un problema sia per le personalità di spicco, (come politici o personaggi famosi, che potrebbero veder ritoccate le proprie idee e affermazioni) ma anche per tutti gli utenti dei social network come Instagram, Facebook o TikTok, dove si creerà «una fornitura di disinformazione infinita», afferma Renée DiResta, scrittrice e ricercatrice dello Stanford Internet Observatory.

A questo si aggiunge un ulteriore spunto di riflessione: i libri perderanno il loro senso? Continueranno ad appassionare milioni di lettori oppure la possibilità di “comprendere” un’opera senza neanche leggerla prenderà il sopravvento? Insomma, esisteranno ancora biblioteche meravigliose (come la Biblioteca del Congresso a Washington che conta oltre 160 milioni di opere) o collezioni private (come quella dello stilista Karl Lagerfeld che vanta circa 300.000 volumi)?

È anche vero che, secondo Inferenz, le AI potrebbero aiutarci a mettere a fuoco le necessità di uno studente, comprendendone le sue emozioni e le sue difficoltà. Accanto al libro nascerebbero, dunque, dei tutor personalizzati in grado di spostare il focus sull’alunno. Un’opportunità enorme anche secondo l’Unesco: le intelligenze artificiali hanno le potenzialità per agire concretamente sulla riduzione delle disuguaglianze, garantendo a un numero crescente di bambini il diritto allo studio.

Infine, l’Economist accosta la nascita della psicoanalisi freudiana alle AI. Freud ha, senza ombra di dubbio, dato alla luce un nuovo modo di conoscere sé stessi. Le AI potranno modificare, alla pari di Freud, il modo in cui percepiamo noi stessi? In primis, potrebbero svilupparsi legami pericolosi derivanti da un’incapacità di analizzare e distinguere ciò che è reale da ciò che non lo è. Un problema che, forse, in parte conosciamo già con i social network e che potrebbe acuirsi tramite l’utilizzo di ChatGpt o LMM.

Mentre tutti dibattiamo riguardo il ruolo che le AI dovrebbero e potrebbero avere sulle nostre vite, nel frattempo queste tecnologie irrompono nei campi più disparati. Nel settore moda, Levi’s annuncia di voler utilizzare modelli e modelle realizzate dall’intelligenza artificiale per essere un marchio maggiormente inclusivo; nel mondo dell’arte, la musicista statunitense Laurie Andersen ingloba l’AI nella propria produzione.

Andersen, insieme a un team specializzato dell’Australian Institute for Machine Learning, sta lavorando a un programma di AI che, a partire da un testo o da un’immagine, utilizzi le parole dell’autrice stesse per creare poemi completamente nuovi e inerenti alla ricerca inserita. Un esempio? Su Twitter lo stesso Australian Institute for Machine Learning condivide l’inserimento in un’immagine di un neonato in piattaforma e la conseguente creazione di un testo, capace di far commuovere.

Ma si tratta di un nuovo modo per esprimersi o un limite alla creatività umana?

Il dibattito è ancora aperto. Secondo lo studio della Oxford University’s Future of Humanity Institute, lo sviluppo tecnologico non prospetta alcuno stop: in solo 3 anni le AI saranno in grado di scrivere autonomamente saggi, mentre per il 2027 gli autisti non saranno indispensabili per la guida di un’automobile; entro il 2031 le macchine riusciranno a essere più efficienti dell’essere umano nel mercato del retail.

Ma è proprio questo ciò che vogliamo? Molti pensano di no, al punto che lo scorso 29 marzo quasi 6.000 persone tra esperti e comuni cittadini hanno firmato una lettera aperta in cui mettevano a nudo tutta la loro preoccupazione riguardo il tema, chiedendo la sospensione degli esperimenti avanzati sulle intelligenze artificiali.

La strada che stiamo percorrendo potrebbe essere senza ritorno e cambiare per sempre la nostra cultura, il nostro modo di informarci e perfino il corso della storia. Per questo il compromesso tra sviluppo tecnologico e umanità sembra essere sempre più necessario.

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