Economia

Licènziáti: chi sta perdendo il lavoro oggi a Meta?

Sono colossi che hanno accumulato profitti per anni. E ora licenziano. Stiamo parlando di multinazionali, banche e Bigtech. Se vuoi sapere quali, hai scelto la rubrica giusta
Credit: Sound On
Tempo di lettura 4 min lettura
19 maggio 2023 Aggiornato alle 09:00

Per le grandi banche, imprese del settore tech e multinazionali non è decisamente un buon momento: incertezza finanziaria e riduzioni significative degli investimenti hanno colpito le enormi aziende. Come accade per ogni crisi economica, a subire le vere conseguenze è il mondo del lavoro: non bastano riduzioni di capitale sociale e ricorso a sovraindebitamento per salvare i titoli sui mercati, spesso sospesi per eccessivo ribasso. Bisogna licenziare, tagliare le posizioni ormai superflue.

Dopo gli 11.000 licenziamenti di novembre, un annuncio partito a marzo da Mark Zuckerberg pianificava l’intenzione di ulteriori e imminenti tagli al personale nel segno di un 2023 da vero e proprio «anno dell’efficienza».

Presto detto, proprio qualche giorno fa ha preso inizio l’ennesimo round di licenziamenti in casa Meta, che ha tolto il lavoro ai dipendenti delle aree di ingegneria dei software, programmazione grafica, team operativi nel settore giochi, area legale, finanziaria e l’unità commerciale di ricerca sulla realtà aumentata Reality Labs. Un lungo elenco di ruoli tecnici e altamente specializzati che da qui a maggio toccherà i 10.000 dipendenti.

Una massiccia ondata di licenziamenti pari complessivamente a 21.000 posti di lavoro sottratti a un organico di 87.314 lavoratori e inevitabilmente si riduce a 66.000 unità, circa il 25% della forza lavoro complessiva. Altro non è che la tendenza della maggioranza delle big tech d’oltreoceano, che cercano di recuperare le perdite provocate dalla crisi economica e un brusco crollo della domanda dei loro servizi snellendo drasticamente il personale ritenuto superfluo. Nel caso in questione, la holding che controlla Facebook, WhatsApp e Instagram starebbe soffrendo la concorrenza spietata del social cinese TikTok, che tiene agganciati a sé ormai 1,2 miliardi di utenti attivi mensili in tutto il mondo e che Meta vorrebbe attrarre implementando ulteriormente i suoi reels.

Pesano inoltre i regolamenti internazionali sulla privacy e sul trattamento dei dati degli utenti, oltre alle misure sempre più stringenti adottate da Apple e Google per la salvaguardia dei propri consumatori sui social e che impediscono all’azienda di Zuckerberg di inserire sulle proprie piattaforme advertising mirati attraverso appositi algoritmi che tracciano le abitudini di ricerca degli utenti, causando una fuga degli inserzionisti pubblicitari e un conseguente segno meno in bilancio.

Il rischio di poter trovare da un momento all’altro nella propria casella di posta la fatidica mail di licenziamento - il principale modus operandi seguito dalle grandi imprese tech, al massimo della velocità e del cinismo - ha gettato tutto il personale dell’impresa di Menlo Park nello sconforto.

Come riportato da Bloomberg e confermato sul New York Post, un dipendente si sarebbe sfogato su Blind - social network in cui una community di oltre 5 milioni di professionisti scambia consigli e pareri per migliorare la propria cultura aziendale - prevedendo l’imminente taglio della forza lavoro come un nuovo Hunger Games, fortunata saga cinematografica incentrata su un sadico gioco dove i partecipanti lottano fra loro per sopravvivere.

Sempre su Blind una dipendente incinta afferma di essere stata licenziata appena due giorni prima di ottenere il congedo di maternità, mentre Linkedin - piattaforma pensata proprio come vetrina per sviluppare i propri contatti professionali - viene inondata dei primi 4.000 ex dipendenti di Meta, tra cui spunta uno sfortunato lavoratore che ha ricevuto la brutta novità durante la luna di miele.

L’anno dell’efficienza auspicato a inizio 2023 da Mark Zuckerberg inizia dunque con un titolo in perdita dell’1%, infruttuosi investimenti legati allo sviluppo del suo metaverso e un organico ridotto di oltre 20.000 dipendenti, rappresentando il primo grande licenziamento di massa della società in 18 anni dalla sua fondazione. Una cura dimagrante reputata necessaria per i vertici dell’impresa, che per salvarsi dalla crisi passa sopra anche alla dignità di chi per anni ha contribuito alla sua crescita.

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