Ambiente

Solo il 15% delle coste nel mondo è ancora intatto

Una ricerca dell’università del Queensland svela i dati del deterioramento delle regioni che si affacciano sul mare. Sotto accusa: pesca intensiva, agricoltura, sviluppo urbano ed estrazione mineraria
Credit: Cameron Stow
Tempo di lettura 3 min lettura
7 febbraio 2022 Aggiornato alle 19:00

Solo il 15,5% delle regioni costiere del mondo è “ecologicamente intatto”: lo rivela una nuova ricerca pubblicata sulla rivista scientifica Conservation Biology che avverte la necessità di proteggere i siti danneggiati. Lo studio, condotto da ricercatori dell’università del Queensland, ha utilizzato i dati satellitari disponibili per esaminare gli effetti delle attività umane sulle coste.

Fino al 2013, l’ultimo anno in cui le informazioni erano disponibili, sono rimaste poche coste intatte, con aree remote come la regione di Kimberley nell’Australia occidentale, interessate dalla pesca e dall’estrazione mineraria. La ricerca si basa infatti su un lavoro precedente che ha esaminato le attività umane all’interno degli ecosistemi terrestri e marini. Le piccole aree costiere che non sono state danneggiate da attività come la pesca, l’agricoltura, lo sviluppo urbano, l’estrazione mineraria, si trovano principalmente in Canada, seguito da Russia, Groenlandia, Cile, Australia e Stati Uniti.

Piccole percentuali di aree intatte e ingenti livelli di degrado delle coste sono stati invece riconosciute in nazioni insulari, in gran parte quelle dell’Europa e in Paesi come Vietnam, India e Singapore. Le regioni costiere dove sono presenti fanerogame (erba di mare), savana e barriere coralline, sono state individuate come quelle dove l’attività umana è anche più massiccia.

Brooke Williams, principale autrice dello studio ed ecologista della conservazione presso l’università del Queensland, ha affermato che poiché la maggior parte della popolazione mondiale vive nelle regioni costiere, le pressioni su quegli ecosistemi potrebbero avere conseguenze sia sulla terraferma che in mare. «Il nostro documento esorta con urgenza il ripristino delle regioni costiere», ha affermato Williams. L’analisi costiera è stata compilata utilizzando due set di dati chiamati “impronta umana”, per esaminare gli ecosistemi terrestri, e il cosiddetto “indice di pressione umana cumulativo”, che ha esaminato le pressioni sugli ambienti marini. Williams ha affermato che le aree che erano ancora in gran parte intatte, erano spesso più remote e quindi più difficili da raggiungere.

«Mi sconvolge quanto sia pervasiva la pesca. È ovunque», ha commentato James Watson, coautore della ricerca, critico nei confronti delle pratiche della pesca intensiva e gli effetti che hanno sull’ambiente. I ricercatori sostengono che la protezione delle coste richieda una serie di misure, tra cui una legislazione per proteggere le regioni non danneggiate e lavori di ripristino ecologico per migliorare i luoghi che hanno subito danni.

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