RiGenerazione

Confondere le motivazioni apparenti e dichiarate dei ragazzi che sono scesi in piazza venerdì con quelle reali è esattamente l’errore da non commettere. Con questo non vogliamo dire che i temi posti da chi ha protestato siano da sottovalutare, né che gli si debba dare ragione. Nel sistema dell’alternanza, per esempio, convivono esempi eccellenti e pratiche pessime ed è ampiamente diffuso in Paesi europei come la Germania che hanno una vocazione industriale simile alla nostra. E va fatto notare che il caso che ha fatto esplodere le piazze, quello della morte di Lorenzo Parelli, ha poco a che fare con tutto questo: il diciottenne schiacciato da una trave in un’azienda di Udine partecipava a uno stage previsto all’interno del sistema di formazione dell’Istituto professionale al quale era iscritto. Così come sull’esame già ci si divide, con qualcuno (“boomer!”) che sostiene che l’unico obiettivo dei maturandi è quello di non far verificare la propria preparazione, studiare il meno possibile.
Ma queste sono solo scintille che hanno accesso una miccia già ampiamente consumata dalla pandemia, durante la quale questa generazione è stata dimenticata. La rappresentazione perfetta è nella pervicacia con la quale le amministrazioni locali e nazionali hanno chiuso la scuola prima di ogni altra cosa, lasciando gli studenti in balia di una didattica a distanza spesso carente e abbandonati nelle proprie stanze senza sport, senza attività e senza cura per la loro condizione psicologica.
Se queste sono scintille e miccia, manca l’esplosivo, che è qualcosa di ancora più profondo: una generale assenza di prospettive, difficoltà a orientarsi, scarsa visibilità su un futuro lavorativo complicato, radicalmente diverso da quello dei loro genitori, innestato in un’economia rivoluzionata, che richiede sapienza tradizionale, conoscenze nuove e capacità differenti (su tutte le cosiddette soft skills).
Il tutto mescolato a un mondo di infinite possibilità in gran parte sfogliabili in rete, di storie di successo, di potenziali delusioni, di paura di non farcela. Per disinnescare questo ordigno senza mortificarne il potenziale serve pazienza e ascolto. C’è qualcuno disposto a farlo?