Diritti

L’insostenibile loop del razzismo nel calcio

L’ultimo caso, che ha riguardato l’attaccante dell’Inter Romelu Lukaku, bersaglio di cori razzisti, ha riportato al centro del dibattito un tema che il mondo del pallone non sembra in grado di affrontare
Credit: Via tag24.it
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15 aprile 2023 Aggiornato alle 06:30

Se un problema continua a ripresentarsi, significa che qualcosa non va nel metodo in cui viene affrontato.

Il caso di Romelu Lukaku e di ciò che è avvenuto nella semifinale di Coppa Italia tra Juventus e Inter rappresenta l’ennesimo episodio di razzismo negli stadi, e non è nemmeno la prima volta che un giocatore viene ammonito (e in questo caso espulso per il secondo giallo) per aver risposto in qualche modo agli insulti ricevuti dagli spalti durante la partita.

Dopo aver segnato il rigore del pareggio nei minuti di recupero, l’attaccante belga ha infatti esultato chiudendo gli occhi, facendo un saluto militare e mettendo un dito davanti alla bocca. Lo stesso gesto fatto dopo aver segnato la settimana precedente per la nazionale belga contro la Svezia è stato ritenuto eccessivo e provocatorio dall’arbitro Massa.

L’allenatore dell’Inter Simone Inzaghi ha detto nella conferenza post partita che Lukaku «è stato frainteso - e che - lui esulta sempre così». Anche Roc Nation Sports International, l’agenzia sportiva (di proprietà del rapper Jay Z) che rappresenta Lukaku, ha scritto in un comunicato che “prima, durante e dopo - il gol, Lukaku - è stato oggetto di abusi razzisti ostili e disgustosi - e che - ha festeggiato nello stesso modo in cui ha esultato per i gol precedenti”.

Il caso ha avuto risonanza internazionale, e il giocatore ha ricevuto la solidarietà di altri campioni sportivi come Lewis Hamilton, Vinicius Jr e Kylian Mbappé. Ciò che colpisce sono però le decisioni del Giudice Sportivo, che ha confermato la squalifica di Lukaku, e quella dell’Inter di non fare ricorso.

In merito ai cori di discriminazione razziale la scelta è stata quella di chiudere per un turno la curva bianconera, alla luce del fatto che “i rappresentanti della Procura hanno segnalato cori al 35° e al 49° del secondo tempo, provenienti dalla maggioranza dei 5.034 occupanti” del settore. Una decisione che non servirà a molto visto che non punisce i singoli responsabili dell’accaduto, come invece sta cercando di fare la Juventus, utilizzando i filmati delle telecamere presenti nello stadio.

Le decisioni sul caso Lukaku non sono diverse rispetto a quanto successo per episodi passati, come l’espulsione di Kalidou Koulibaly in Inter-Napoli del 26 dicembre 2018 o l’ammonizione di Moise Kean in Cagliari-Juventus del 3 aprile 2019. Come scritto dal giornalista svedese Siavoush Fallahi, che ha portato l’esempio del connazionale Ibrahimovic, ammonito per aver chiesto ai tifosi avversari di insultarlo di più, la questione non riguarda la squadra che tifiamo, ma qualcosa di più grande, e il benaltrismo ideologico che emerge tra i tifosi ostacola la lotta al razzismo.

Aveva ragione Paola Egonu a definire l’Italia un Paese razzista, perché lottare seriamente contro tutto ciò significa cercare di prendere decisioni molto più efficaci di quelle prese fino a ora.

Il problema non riguarda solo pochi individui negli stadi, come dimostrato dagli insulti discriminatori che ha ricevuto lo juventino Juan Cuadrado sui social. In un’intervista pubblicata sui social network dal club bianconero, il capitano della Juventus Danilo ha detto: «aspettiamo sempre che la cosa si faccia insopportabile prima di agire. È qui che dobbiamo cambiare atteggiamento».

Lo slogan della Lega Serie A è “fuori il razzismo dagli stadi”, ma occuparsi del fenomeno come fosse una bolla isolata dalla società è quantomeno ingenuo, per non dire ipocrita. Se il mondo del calcio vuole prendere sul serio questo problema, deve farsi carico di un fardello che adesso ricade unicamente sulle vittime degli abusi. Altrimenti, come sostiene la Common Goal Organization: «fino a che continueremo così, su un sentiero di parole vuote e multe insensate, il razzismo sarà una piaga che continuerà a gettare un’ombra sul calcio».

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