Diritti

Anche le persone senzatetto hanno diritto al medico di base

Non avere la residenza non permette di essere assegnati a un dottore “di famiglia”. La proposta di legge presentata da Marco Furfaro (Pd), calendarizzata in Commissione Affari Sociali, vorrebbe cambiare le cose
Credit: Luis Vaz
Alessia Ferri
Alessia Ferri giornalista
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6 aprile 2023 Aggiornato alle 10:00

Quando si finisce a vivere in strada, ogni aspetto della quotidianità si complica. Questa ovvia considerazione trova raramente spazio nelle cronache dei giornali e ancor meno rientra nel dibattito politico, sebbene la condizione dei senzatetto, anche in Italia, riguardi moltissime persone. Tra le mille difficoltà che si trova ad affrontare chi non ha un posto caldo nel quale rifugiarsi la sera, c’è l’accesso alla sanità.

Senza casa, infatti, si perde la residenza e questo significa essere cancellati dall’anagrafe del proprio Comune e, di conseguenza, venire esclusi da una serie di diritti, tra i quali quello al medico di base.

Per sopperire a questa mancanza ed evitare che molti cittadini si trovino impossibilitati a usufruire di visite mediche ed eventuali cure, il deputato Pd Marco Furfaro ha presentato una proposta di legge per riconoscere il diritto al medico di base alle persone senzatetto, che in questi giorni è stata ufficialmente calendarizzata in Commissione Affari Sociali, dove verrà discussa.

“La politica è per me tentare di migliorare la vita delle persone, in modo particolare di chi è più fragile. E nessuno, oggi, è probabilmente più fragile di una persona senzatetto - ha spiegato lo stesso Furfaro in un lungo post Instagram - Parliamo di padri separati, lavoratrici o lavoratori licenziati, imprenditrici o imprenditori falliti, pensionate e pensionati al minimo, cittadini di origine straniera, per un totale di 96.000 persone, 60.000 delle quali cittadini italiani. Senza casa, senza residenza, senza diritto alla salute. Un’ingiustizia atroce. Un’ingiustizia a cui porre fine».

Secondo l’Istat, i senzatetto e senza fissa dimora che vivevano in Italia alla fine del 2021 erano 96.197: 65.407 maschi e 30.790 femmine. Il 38% era di origine straniera e l’età media generale era pari a 41,6 anni per gli italiani e 45,5 per gli stranieri.

Questi dati, però, per quanto in parte fotografino il quadro della situazione, non lo fanno in modo esaustivo perché prendono in considerazione solo persone iscritte in qualche modo alle anagrafi, anche con indirizzi fittizi presso associazioni o Enti, utili proprio per cercare di consentir loro di usufruire dei diritti di base.

Molti altri cittadini, tuttavia, sfuggono alle anagrafi, diventando di fatto invisibili alla società ed è proprio a loro che si rivolge la proposta di legge che mira a modificare l’articolo 19, terzo comma, della legge 23 dicembre 1978, n. 833.

Ad oggi i senzatetto sprovvisti di residenza, in caso di necessità di assistenza sanitaria possono rivolgersi solo ad ambulatori gestiti da medici volontari o ai pronto soccorso. Questa stortura normativa è fortemente in contrasto con l’articolo 32 della Costituzione, che sancisce che “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”.

Inoltre, il fatto che una fetta di popolazione debba accedere al pronto soccorso anche per situazioni che potrebbero essere trattate dal medico di base, rappresenta un costo extra per lo Stato. Secondo il testo della proposta di legge, infatti, quello “stimato mediamente per singolo intervento, è quasi triplo e in alcuni casi anche quadruplo rispetto al costo annuale di un medico di medicina generale per ogni paziente”.

Per tutte queste ragioni, un cambiamento è più che mai necessario. In attesa che qualcosa si sblocchi, alcune Regioni stanno provando a muoversi in autonomia: Emilia Romagna e Puglia, a esempio, assicurano già il diritto all’assistenza sanitaria territoriale agli homeless attraverso l’assegnazione di un medico di base; la Liguria ha da pochi giorni approvato la stessa misura e altre regioni come Piemonte, Lombardia, Veneto, Toscana, Lazio e Abruzzo ne stanno discutendo.

Sarebbe però importante e fondamentale che intervenisse il Parlamento perché, come sottolinea il testo a prima firma Furfaro “avere un medico, per queste persone, significherebbe sentirsi di nuovo cittadini, significherebbe sentire che lo Stato c’è per i deboli, significherebbe avere una speranza e uno stimolo per uscire dalla strada”.

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