Economia

India e Indonesia, storia di un’ascesa economica

Le due economie sono le più in crescita nel 2023. Nell’ultimo decennio il loro Pil è cresciuto, rispettivamente, del 71% e del 52%
Credit: Laurentiu Morariu
Tempo di lettura 4 min lettura
5 aprile 2023 Aggiornato alle 09:00

Annoverate tra le 20 maggiori economie del mondo, India e Indonesia sono due delle economie a più rapida crescita nel 2023 e, secondo stime, nei prossimi cinque anni.

Per decenni, molti Paesi in via di sviluppo (tra cui Corea del Sud, Taiwan e Cina) hanno seguito una formula piuttosto precisa per arricchirsi, spostando i lavoratori dai campi alla produzione di beni per l’esportazione.

Oggi, però, questo schema sembra non funzionare più, complice il protezionismo nelle esportazioni e l’introduzione massiva di robot nelle fabbriche.

Ma analizziamo più da vicino il caso dei due giganti asiatici.

Molte le similitudini, ma altrettante le differenze significative tra i due Paesi.

Hanno entrambi vaste popolazioni (l’India ha 1,4 miliardi di abitanti e l’Indonesia 280 milioni), caratterizzate da lingue ed etnie diverse.

Ed il Pil di entrambi gli Stati è cresciuto rapidamente nell’ultimo decennio: il Pil dell’India è cresciuto del 71%, mentre quello dell’Indonesia del 52%.

Entrambi i Paesi sono nel bel mezzo di ambiziosi sviluppi infrastrutturali che comprendono porti, aeroporti e strade a pedaggio.

Si tratta, d’altra parte, di due economie a reddito medio-basso, specializzate in settori che generano pochi posti di lavoro e un alto tasso di disoccupazione.

In India, con 500.000 nuovi ingegneri all’anno, il principale settore di esportazione è quello dei servizi tecnologici. Non a caso, nel 2021 l’India ha rappresentato il 15% della spesa globale per i servizi IT.

L’Indonesia, invece, trova il suo vantaggio competitivo nelle materie prime, alcune delle quali, come il nichel, sono molto richieste a livello mondiale a causa della transizione energetica in atto.

Ed è grazie a queste risorse che l’Indonesia si sta stabilendo come produttore mondiale di prodotti verdi, come le batterie per auto elettriche, generando grossi guadagni dall’estero.

L’obiettivo? Produrre batterie per una capacità totale di 140 GWh nel 2030, quasi quanto l’intera produzione globale nel 2020.

Entrambi gli Stati stanno cercando di potenziare il settore privato attraverso la politica industriale.

Tuttavia, l’India parte da una situazione iniziale più favorevole, con una maggiore quantità di aziende valutate oltre 1 miliardo di dollari, il che la rende più adatta per una crescita economica più rapida.

Il Governo indonesiano, invece, sta utilizzando la politica industriale detta downstreaming (cioè, a valle), concentrandosi sulle risorse naturali in suo possesso, e vietandone le esportazioni per spingere le multinazionali da tutto il mondo a costruire raffinerie a livello locale.

Entrambi i Paesi vogliono attrarre investimenti esteri, limitati però dalle diverse posizioni geopolitiche assunte.

Se l’Indonesia trova nella Cina una delle maggiori fonti di investimento estero nel suo fondo sovrano, l’India è molto più diffidente nei suoi confronti.

Ciò ha forti implicazioni per l’economia del Paese, che resta escluso dai servizi di grandi aziende tecnologiche cinesi, come Xiami o TikTok.

Ma al tempo stesso, questa strategia industriale è progettata per attirare in India gli investimenti delle aziende occidentali che desiderano contrastare il monopolio cinese.

Inoltre, entrambi i Paesi hanno problemi di clientelismo e di distribuzione della ricchezza.

Ma, se l’Indonesia ha un Governo più abile nel plasmare e placare l’opinione pubblica, la politica indiana è caratterizzata da tensioni religiose, e da una tendenza all’incitamento della rabbia pubblica.

E ciò potrebbe, nel lungo termine, mettere a rischio la maggiore propensione alla crescita economica dell’India.

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