Futuro

Che accadrebbe se le big tech pagassero una tassa piatta?

Il Garante della Privacy ha definito che il trattamento dei dati di ChatGPT non era corretto. E AI ha inviato stanotte una email agli abbonati, salutando il Belpaese. Ma che accadrebbe se le le tech iniziassero a pagare le tasse in Italia?
Cristina Sivieri Tagliabue
Cristina Sivieri Tagliabue direttrice responsabile
Tempo di lettura 3 min lettura
1 aprile 2023 Aggiornato alle 12:30

ChatGPT, non si capisce se in uno scatto d’orgoglio o per impossibilità di adeguare i propri sistemi alle richieste del Garante, dedice di chiudere in Italia e manda una email a tutti gli utenti che - come me - stavano iniziando a testarla e si erano abbonati al servizio. A mio parere spettacolare, seppur difettoso.

Così è, se vi pare. Chiuderei il capitolo, quindi, in attesa che OpenAI si sistemi “a modino”, ma ne approfitterei - dopo aver ascoltato il Diario di Giorgia di ieri pomeriggio - per consigliare al Governo una mossa che credo avrebbe molto senso: accelerare le operazioni per obbligare (magari facendo lobby a livello europeo?) le multinazionali tecnologiche a pagare le tasse in Italia.

Occorre pur trovare una forma di tassazione che permetta a Facebook, Instagram, Google, Apple, Amazon e tutte le sorelle e i fratelli che fatturano in Irlanda di lasciare un obolo significativo in Italia.

Sarebbe utile per 4 motivi:

  • il più banale: introiti

I Governi europei avrebbero uno strumento utile e importante per fare cassa. Stiamo parlando di miliardi di euro visto che nell’ultimo trimestre del 2022 Facebook solo ha fatturato 32,17 miliardi di dollari, Instagram 20 miliardi di dollari, Google ha l’ultimo trimestre 2022 con 76,05 miliardi di dollari di fatturato e Twitter - nonostante Elon Musk - ha fatturato nel primo trimestre 2022 1,23 miliardi di dollari. E Apple, nel primo trimestre 2022 ha fatturato 123,9 miliardi di dollari. Tutti questi soldi valgono il PIL di parecchi paesi africani tutti insieme. Se una percentuale di quando fatturato in ogni Paese rimanesse nel Paese stesso, ci sarebbe una migliore ridistribuzione della ricchezza che viene dragata ogni giorno all’estero, in Paesi con tassazioni più conveniente come Irlanda e Olanda.

  • politiche salariali e licenziamenti:

Potremmo comprendere meglio le politiche di licenziamenti “al chilo”: il nostro giornale ha inaugurato questa settimana una rubrica dal titolo “Licenziàti” che racconta i maggiori “you are fired” annunciati dalle grandi multinazionali tecnologiche. Capire le politiche del lavoro delle big tech che anche in Italia hanno loro head quarter non sarebbe male.

  • permettere a chi investe in advertising di scaricare più facilmente le tasse

Le fatture emesse da Google e dalle altre multinazionali che promuovono contenuti digitali sulle piattaforme - e raccolgono gran parte del fatturato dell’advertising italiano, ormai - sono difficilmente scaricabili per le partite Iva italiane. Dalle aziende, forse, sì. Ma per i piccoli ci sono sempre problemi.

  • una maggiore giustizia sociale

Prima di tutto per le aziende italiane che pagano le tasse in Italia, con tutte le pmi che si vedono scavalcate dalle offerte esentasse di Amazon sui prodotti, dalle tecnologie più veloci ed efficaci dei nostri piccoli quartieri e negozi.

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