Ambiente

Biocarburanti: anche gli ambientalisti contro il Governo

Una lettera congiunta di diverse associazioni avverte il Mase sulle lacune e il rischio greenwashing del decreto biocarburanti. Gli attivisti ricordano che “non sono green e mettono a rischio 630.000 ettari di foreste”
Credit: Felipe Dolce
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31 marzo 2023 Aggiornato alle 19:00

Sì elettrico e no biocarburanti.

Anche le principali associazioni ambientaliste italiane bocciano la spinta del governo sui biocarburanti.

Come noto, da pochi giorni l’Italia ha incassato il no dell’Europa a una possibile esenzione sui biocarburanti - come chiedeva il nostro esecutivo - nei futuri divieti dal 2035 per la vendita di auto a diesel e benzina. Nella partita, in cui si è riuscita a inserire la Germania incassando invece un sì dell’Europa agli e-fuels, si è vista la netta posizione dell’Ue nei confronti dei carburanti di origine agricola.

La scelta dell’Europa ha ribadito in maniera netta l’idea di puntare su veicoli a zero emissioni ed elettrici anziché su altre forme di carburanti, una direzione che sposa anche il Governo del Regno Unito, secondo mercato di esportazione di auto dell’Ue, che di recente ha proposto addirittura l’attuazione del mandato per i veicoli a emissioni zero rilanciando una legge per l’eliminazione graduale delle vendite di nuove auto a benzina e diesel entro il 2030.

Nonostante le posizioni europee l’Italia con il decreto biocarburanti del Mase e le scelte avanzate sul tema non intende abbandonare l’idea di spingere su queste forme legate alla combustione termica. Un fattore che secondo le associazioni ambientaliste pone “a rischio 630.000 ettari di foreste pari a 900.00 campi da calcio: i biocarburanti non sono green. Sì invece a promuovere le rinnovabili elettriche”, dicono.

A inviare una lettera congiunta al ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica sono Legambiente, Greenpeace Italia, WWF Italia, Kyoto Club, Transport & Environment, Clean Cities Campaign Italy, Campagna Sbilanciamoci! e Cittadini per l’Aria che segnalano al ministro Gilberto Pichetto Fratin alcune lacune e possibili forme di greenwashing nel decreto biocarburanti e chiedono un incontro sul tema, sul phase out delle auto endotermiche e sulla revisione del Pniec.

Nella missiva le associazioni sollecitano il ministro a promuovere le rinnovabili elettriche e il biometano destinato agli usi non elettrificabili.“Dal Decreto si evince - scrivono gli ambientalisti - che non verranno promosse le rinnovabili nei trasporti, ma verranno sostenuti solo i biocarburanti e, in futuro, i carburanti sintetici e quelli con CO2 “riciclata”, provenienti da rifiuti plastici.

Non viene, inoltre, menzionata l’elettricità da fonti rinnovabili sia quella che alimenta le auto elettriche che il Tpl (tram, autobus, metropolitane).

I biocarburanti, anche quelli avanzati, non sono (per la scienza, oltre che per i regolamenti e le direttive europee) a “zero emissioni” e quindi non sono paragonabili all’elettricità rinnovabile”.

Per gli attivisti “un quarto dei biocarburanti incentivati in “doppia contabilità” (500 milioni pagati dagli automobilisti) rappresenterebbero un vero e proprio falso biodiesel. Questo perché gli importatori di oli vegetali usati non hanno fornito una credibile certificazione, come quella prevista per gli oli provenienti dalla raccolta differenziata dei consorzi di riciclaggio nazionali (Conoe e Renoils). Tale pratica che porta a triplicare le emissioni di CO2 e bruciare le foreste tropicali del sud-est asiatico per far posto alla coltivazione delle palme, è stata già segnalata nel 2020 dagli stessi rappresentanti dei Governi europei alla Commissione. Secondo le stime di Trasport & Environment a causa dei biocarburanti derivati dall’olio di palma e dalla soia sono a rischio 630.000 ettari di foreste pari a 900.00 campi da calcio” precisano.

Inoltre secondo le associazioni “per porre fine all’inganno del “greenwashing” nell’importazione di oli esausti, perlopiù dalla Cina, è sufficiente aggiungere o revisionare il decreto per rendere obbligatoria la certificazione della raccolta differenziata per i Comuni, i ristoranti e le mense. Ciò implica che anche gli Uco di importazione dovrebbero dimostrare la loro provenienza dalle mense e friggitorie cinesi e che qualcuno deve certificare e controllare la loro esistenza, proprio come fanno i Consorzi nazionali. Se il Governo italiano non controlla le importazioni, in assenza di certificazioni serie, allora è necessario che gli oli esausti di importazione siano esclusi dalla contabilità come rinnovabili e dagli incentivi di mercato”.

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