Diritti

Cina: calano i matrimoni, aumenta il “prezzo” delle spose

A causa di uno squilibrio demografico di genere (nato dalla one-child policy), nel Paese del Dragone ci sono sempre meno donne. E così gli uomini pagano doti alle famiglie per sposarle. Ma c’è chi dice “no”
Credit: Isco
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6 aprile 2023 Aggiornato alle 17:00

In Cina, dove il rapporto tra uomini e donne è nettamente sbilanciato verso una predominanza maschile, i matrimoni sono diventati un lusso per pochi. Le donne non sono abbastanza e i potenziali mariti sono disposti a sborsare cifre elevate alla famiglia della sposa per poter convolare a nozze.

Lo squilibrio tra i sessi ha origine dalla “politica del figlio unico”, una misura di controllo delle nascite che il Governo cinese ha mantenuto per 35 anni (dal 1980 al 2015) per ridurre l’incremento demografico e che proibiva alle coppie sposate di avere più di un figlio (con l’eccezione delle famiglie contadine: loro potevano averne 2 se la prima era femmina). In quegli anni, milioni di donne sono state costrette a subire interventi invasivi come la sterilizzazione, l’interruzione di gravidanza forzata, l’aborto selettivo in base al genere e l’infanticidio femminile, a causa della preferenza culturale per i figli maschi.

Tutto ciò ha contribuito a realizzare una forte asimmetria di genere. Tra le generazioni nate subito dopo l’introduzione della politica del figlio unico, si registravano 116,54 maschi su 100 femmine nella fascia d’età 10-14 anni. Nonostante il limite al numero dei figli per nucleo familiare sia stato esteso a 2 (nel 2016) e poi a 3 (nel 2021), anche per superare il problema del crollo della natalità, lo squilibrio non è stato azzerato: l’Istituto nazionale di statistica della Cina (Nbs) ha dichiarato che nel 2022 c’erano circa 105 uomini ogni 100 donne.

Da qui la rinnovata diffusione dell’antica tradizione dell‘offerta di doni alla famiglia della donna per rendere più allettante la promessa di matrimonio: il “prezzo” di una sposa (in mandarino caili) è salito alle stelle negli ultimi anni, con una media di 20.000 dollari in alcune province. Per molti si tratta di cifre irraggiungibili, ma in alcuni casi sono i parenti che provvedono al pagamento.

Per contrastare questa tendenza, che le istituzioni e parte dell’opinione pubblica considerano una cattiva abitudine, vengono fatte campagne ufficiali per convincere le donne a non entrare in una competizione al rialzo sui prezzi. Il New York Times ha riportato che a Daijiapu, una città del sud-est della Cina, le autorità locali hanno organizzato un raduno dimostrativo di 30 “giovani donne non sposate della giusta età” per far firmare loro la promessa pubblica di non accettare alti caili e “avviare una nuova tendenza progredita”. In altre città, le amministrazioni locali hanno imposto un tetto massimo ai “prezzi” o sono intervenute direttamente nelle trattative portate avanti tra le famiglie degli sposi.

Gli orientamenti della società cinese riguardo a questa tradizione sono molto diversi a seconda dei contesti: nelle aree rurali, dove l’usanza è più diffusa, sono soprattutto i contadini poveri a essere contrari al pagamento di cifre che per loro equivalgono a più anni di stipendio o comportano un consistente indebitamento; nelle città le persone con un maggior livello di istruzione considerano la consuetudine come un retaggio patriarcale da superare.

Secondo un sondaggio del 2020, citato dal Nyt, le donne con un grado di istruzione elevato sono meno disposte ad accettare caili perché ritengono una ragione sufficiente per sposarsi l’amore reciproco. Dopo che l’iniziativa di Daijiapu è diventata virale sui social media, alcune persone si sono mostrate critiche riguardo agli stereotipi sessisti a cui le donne continuano a essere associate. Molti si sono chiesti perché le responsabilità del problema non vengano attribuite anche gli uomini.

La tradizione, che i sostenitori vedono come un indicatore di status sociale, è ancora strettamente collegata al ruolo delle donne come caregiver all’interno della famiglia. Soprattutto nelle aree rurali, il pagamento è considerato il corrispettivo per l’acquisto del lavoro e della fertilità della donna, che viene così ceduta dalla sua stessa famiglia. E le donne spesso chiedono cifre più alte per poter garantire migliori condizioni di vita ai membri della famiglia d’origine.

L’asimmetria di genere alla base del fenomeno, come detto, è il risultato delle politiche governative degli ultimi 40 anni. Lo squilibrio è particolarmente alto nelle aree rurali, dove secondo il quotidiano statunitense ci sono 19 milioni di uomini in più rispetto alle donne. In questi casi, la prospettiva del matrimonio si fa ancora più difficile perché le giovani delle aree rurali, in genere, preferiscono sposare uomini di città che offrono loro servizi migliori, mentre le famiglie delle future spose chiedono agli uomini poveri maggiori garanzie, quindi un’esposizione economica più elevata.

Il tasso di matrimoni nel Paese del dragone nel 2021 ha raggiunto il livello più basso dal 1985: solo 11,58 milioni di persone si sono sposate per la prima volta, con un calo di 0,71 milioni rispetto al 2020. Tra le altre ragioni che spiegano questo calo, c’è la tendenza dei cinesi a sposarsi sempre più avanti negli anni (il 48% dei matrimoni è stato tra persone di età superiore a 30 anni), oltre il rallentamento dell’economia e le restrizioni zero-Covid, che hanno spinto molti cittadini a rimandare matrimoni e gravidanze. Sembra esserci anche un cambiamento delle attitudini dei giovani nei confronti del vincolo matrimoniale.

A queste preoccupazioni si aggiunge il fatto che il numero di nuove nascite è in continuo declino. Il crollo della natalità, iniziato con la one-child policy, infatti, non dà segnali di arresto, considerando anche che nel 2022 in Cina il numero dei morti ha superato quello dei nuovi nati (9,56 milioni) per la prima volta dopo più di 60 anni, nonostante diverse politiche governative a favore dell’aumento delle nascite (come l’espansione dell’accesso ai trattamenti per la fertilità e la riduzione dell’accesso all’aborto).

Tornando al problema degli eccessivi prezzi pagati per le mogli in tutto il Paese, le autorità temono che ciò possa esacerbare l’instabilità sociale. La soluzione più originale per rendere popolare l’idea di fidanzarsi senza alcuno scambio di denaro è stata quella della città di Nanchang che, l’8 marzo (Giornata internazionale della donna), ha organizzato un matrimonio di massa gratuito con più di 100 coppie dentro uno stadio. Lo slogan era “No al prezzo per le mogli, sì alla felicità”.

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