Economia

Nuovo Codice degli appalti in arrivo

Approvato in via definitiva dal Consiglio dei ministri con decreto legislativo, prevede il dissenso costruttivo, maggiori affidamenti diretti e la digitalizzazione delle procedure
Credit: Ashkan Forouzani
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31 marzo 2023 Aggiornato alle 15:00

Un corpus normativo di 229 articoli votato completamente al principio del risultato, da raggiungere nel rispetto dei cardini principali dell’agire amministrativo (trasparenza, legalità e concorrenza) e possibilmente nel minor tempo possibile.

Il nuovo codice degli appalti pubblici rende strutturali tutte quelle deroghe introdotte durante la pandemia per accelerare appalti di piccola o media grandezza e mira a sburocratizzare le procedure amministrative pubbliche, anche e soprattutto per portare a compimento il maggior numero possibile di opere legate al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.

D’altronde, lo stesso codice ne costituisce un obiettivo milestone, superato con 4 giorni di anticipo rispetto alla data limite del 31 marzo, necessaria per l’erogazione di ulteriori 19 miliardi.

La velocità promessa dalle forze di Governo comincia dall’applicabilità del codice, resa immediata grazie ai 36 allegati al codice hanno rimpiazzato ben 104 norme secondarie. «Per fare una gara si risparmieranno da sei mesi a un anno» esulta il Ministero delle Infrastrutture guidato da Matteo Salvini, fra i maggiori promotori del provvedimento tanto da ribattezzarlo direttamente «codice Salvini».

Fra le principali novità introdotte spicca il dissenso qualificato o costruttivo, un meccanismo che restringe la possibilità in mano a un’amministrazione di bloccare un’opera pubblica. Il «partito del No» spiega la Lega, avrà dunque «una cornice più limitata in caso di contrarietà a un’opera» in quanto una Pubblica amministrazione contraria a un progetto dovrà congruamente motivare il proprio dissenso, con l’indicazione delle modifiche necessarie a ottenere il suo assenso (un principio già utilizzato in sede di Conferenza dei servizi).

Sempre in un’ottica di speditezza, i piccoli comuni potranno procedere ad affidamenti diretti dell’appalto di importo fino a 500.000 euro, quindi senza indire apposita gara fra più soggetti interessati.

Una possibilità che è estesa a tutti gli appalti di importo inferiore ai 5,38 milioni di euro. Ciò senza dubbio snellisce l’apparato burocratico e accorcia i tempi, proprio perché evita il dispiego di risorse pubbliche necessarie a valutare i progetti presentati da varie imprese relativi a un bando pubblico.

Ma inevitabilmente sacrifica - seppure per progetti di minore entità - le possibilità di vedersi affidato un appalto proprio grazie alla bontà del progetto presentato.

Proprio questo problema di concorrenza viene infatti evidenziato dall’opposizione e dall’Associazione nazionale costruttori edili (Ance), la cui presidente Federica Brancaccio auspica comunque che tali criticità vengano «affrontate e risolte entro la data di piena attuazione del Codice» ossia il primo luglio.

Tuttavia, l’impatto di questa singola misura potrebbe essere estremamente rilevante. Guardando i dati del 2022 della relazione annuale dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (Anac), in cui gli appalti inferiori o pari alla somma di 5,3 milioni di euro (oltre il quale scatta l’obbligo di gara) è pari al 98,7% di tutti i lavori pubblici assegnati nell’anno precedente. Ciò equivale alla fortissima probabilità che la quasi totalità degli appalti venga affidata direttamente o con procedura negoziata, senza passare per la gara.

Lo stesso presidente Anac Giuseppe Busia teme che le soglie elevate per gli affidamenti senza gara rendano «meno contendibili e meno controllabili gli appalti di minori dimensioni» con il «rischio di ridurre concorrenza e trasparenza nei contratti pubblici», motivo che spingerà il Partito Democratico a scendere in piazza insieme ai sindacati il primo aprile affinché il Governo modifichi il provvedimento, o addirittura si prevedono «barricate in Aula» da parte del Movimento 5 Stelle.

Sul lato giustizia si cerca di smussare uno dei problemi che attanaglia maggiormente la Pubblica amministrazione italiana: la cosiddetta «paura della firma», ossia il timore che il dipendente o funzionario (di ogni livello), nell’approvare un progetto di vario titolo, si esponga a un livello di rischio così alto da metterlo nei guai, esponendolo a sanzioni, responsabilità civile o addirittura penale attraverso il temuto reato di Abuso d’ufficio (articolo 323 del Codice penale). Il codice modifica le sanzioni, evitando l’accusa di aver agito con colpa grave per funzionari e dirigenti di enti pubblici qualora abbiano proceduto sulla base di pareri forniti dalle autorità.

È prevista poi la possibilità delle stazioni appaltanti (i soggetti pubblici che indicono le gare) di escludere le imprese in base a elementi considerati gravi legati a illeciti professionali - come reati di bancarotta, reati tributari o urbanistici - che siano stati accertati con una sentenza di condanna definitiva, di primo grado o con misure cautelari adottate dal giudice, pur comunque mantenendo una certa discrezionalità in capo all’appaltante nella valutazione di integrità e affidabilità delle imprese partecipanti.

Il punto più ambizioso, e forse anche complesso da realizzare, è la digitalizzazione dei contratti e delle procedure che partirà dal primo gennaio 2024 con l’avvio della Banca nazionale dei contratti pubblici di Anac. Obiettivo che spinge a una maggiore speditezza nelle procedure, oltre che ad alleggerire il livello di burocrazia e far evolvere i procedimenti amministrativi, ma che si pone in un contesto tecnologico ancora estremamente lento e mal utilizzato come quello Italiano, dove l’alfabetizzazione digitale è ancora livelli ridotti e la stessa amministrazione pubblica non permette di rinnovare il passaporto tramite identità elettronica, costringendo migliaia di cittadini ad affollare uffici comunali e questure durante gli open day.

La speranza è quella che la fretta di realizzare le opere e spendere i soldi del Pnrr entro il 2026 non oscuri l’esigenza di trasparenza e sicurezza nelle procedure di affidamento, che la maggiore velocità sia affiancata da un controllo capillare delle forze dell’ordine competenti, e che tutti i buoni propositi non rimangano lettera morta ma si concretizzino in un provvedimento intelligente e applicato nel rispetto della legalità.

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