Ambiente

Anno domini 2022: solo 1 un impianto fotovoltaico su 100 è stato approvato

Continua il paradosso italiano: vogliamo investire nelle energie rinnovabili ma ne blocchiamo i progetti. I dati di Legambiente e Italy for Climate rivelano un netto peggioramento della transizione energetica nello Stivale
Credit: Julian Stratenschulte/dpa
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24 marzo 2023 Aggiornato alle 19:00

Lo scacco, nell’Italia che punta alla transizione energetica ed ecologica, continua.

Perché le rinnovabili nello Stivale sono ancora e troppo spesso ostaggio della scelta delle Regioni, che in molti casi bloccano gli impianti non concedendo autorizzazioni già rilasciate dal Governo.

Nel 2022, per esempio, solo l’1% dei progetti di impianti fotovoltaici ha avuto il via libera completo e definitivo da parte delle Regioni e nessun impianto eolico è stato autorizzato.

Di più: oggi risultano 1.364 impianti in lista d’attesa o ancora in fase di valutazione e il 76% è distribuito nelle terre di sole e vento, ovvero tra Puglia, Basilicata, Sicilia e Sardegna.

Questo è, in sintesi, il quadro che esce dal nuovo rapporto Scacco matto alle rinnovabili stilato da Legambiente appena presentato alla fiera della transizione energetica K.EY a Rimini.

Per l’associazione ambientalista, così facendo, nonostante l’Italia dichiari di voler puntare sulle energie pulite, vengono vanificate le semplificazioni e gli sblocchi delle procedure adottate dai Governi Draghi e Meloni nell’ultimo anno.

Al report si può aggiungere anche un altra serie di dati forniti sempre alla Fiera di Rimini da Italy For Climate che sottolinea come le rinnovabili siano ancora penalizzate in Italia tanto che nel 2022 hanno rappresentato poco più del 35% della produzione nazionale, il dato più basso dal 2014 ad oggi, a sottolineare come “non siamo più leader fra le grandi economie europee”.

Questo, spiegano dal centro studi della Fondazione per lo sviluppo sostenibile, non è dovuto solo a “ostacoli burocratici e amministrativi, ma soprattutto a pregiudizi culturali che frenano la transizione dai combustibili fossili alle rinnovabili e rallentano il percorso del Paese verso la neutralità carbonica. Dunque è fondamentale promuovere la corretta informazione e un dibattito pubblico”.

Tornando al report di Legambiente, emerge invece soprattutto come siamo in forte ritardo nella realizzazione di nuovi impianti da rinnovabili. Questo perché in molti casi “a pesare è la lentezza degli iter autorizzativi e le lungaggini burocratiche di Regioni e Soprintendenze ai beni culturali, i due principali colli di bottiglia dei processi autorizzativi”. Dunque, ricordano dall’associazione ambientalista, “urge la semplificazione delle normative, il potenziamento degli uffici regionali e un lavoro congiunto tra i Ministeri dell’Ambiente, delle Imprese e Made in Italy e della Cultura”.

Le autorizzazioni rilasciate dalle Regioni negli ultimi quattro anni sono pochissime, mai così basse.

Addirittura, se guardiamo all’eolico, siamo a zero: si è passati da una percentuale di autorizzazioni rilasciate nel 2019 del 6%, del 4% nel 2020, del 1% nel 2021 fino allo 0% nel 2022.

Nel frattempo, per paradosso, le richieste di connessione alla rete elettrica nazionale di impianti di energia a fonti rinnovabili sono passate da 168 GW al 31 dicembre 2021 a oltre 303 GW al 31 gennaio 2023. E poi siamo lenti: ci mettiamo troppo tempo a installare.

In questa corsa a ostacoli oltretutto “pesano anche i no delle amministrazioni comunali e le opposizioni locali Nimby (Not in my backyard) e Nimto (Not in my terms of office)”.

“Al Governo Meloni – dice il presidente di Legambiente Stefano Ciafani – torniamo a ribadire che il Paese non deve diventare l’hub del gas, ma quello delle rinnovabili. Se davvero si vuole contrastare la crisi climatica, accelerare la transizione ecologica e centrare gli obiettivi di decarbonizzazione indicati dall’Europa, l’Italia deve puntare con fermezza su rinnovabili, efficienza, autoproduzione, reti elettriche e accumuli. In questo percorso, è indispensabile che il Governo metta in campo una politica di breve, medio e lungo periodo anche rispetto agli obiettivi di decarbonizzazione non più rimandabili. Primo fra tutti occorre semplificare l’iter dei processi autorizzativi per garantire certezza dei tempi e potenziare gli uffici delle Regioni che rilasciano le autorizzazioni affinché gestiscano meglio i progetti che si stanno accumulando. Occorre riordinare la normativa sulle rinnovabili e aggiornare il Pniec rispondendo al nuovo scenario energetico che dovrà evolvere verso la configurazione di nuovi paesaggi sempre più rinnovabili e pensando sia agli obiettivi di decarbonizzazione al 2035 sia al modo migliore di integrarle nei territori”.

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