Diritti

Ramadan VS rincari: cosa cambierà?

L’aumento dei prezzi per cibi e bevande ha costretto molti musulmani che celebrano il mese sacro a optare per alternative più economiche. O a rinunciare ad alcuni aspetti della cerimonia
Alcuni fedeli musulmani eseguono la prima preghiera tarawih alla moschea di Al Jabbar a Bandung per segnare l'inizio del mese sacro del Ramadan
Alcuni fedeli musulmani eseguono la prima preghiera tarawih alla moschea di Al Jabbar a Bandung per segnare l'inizio del mese sacro del Ramadan Credit: Algi Febri Sugita/ZUMA Press Wire
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 5 min lettura
23 marzo 2023 Aggiornato alle 21:00

È arrivato quel momento dell’anno: file di luci e lanterne agghindano i quartieri in attesa di illuminarsi al tramonto, mentre fornai e negozi di dolciumi sono impegnati a preparare i cibi tipici che si potranno consumare solo dopo il calar del Sole e fino all’alba del giorno dopo. Insomma, è arrivato il mese sacro dei musulmani, è arrivato il Ramadan.

Corrisponde al momento in cui il Corano, il libro sacro dell’Islam, venne rivelato al profeta Maometto più di 1.400 anni fa. Le date esatte cambiano ogni anno perché il calendario, l’Hijri, si basa sul ciclo lunare. Stavolta è iniziato ufficialmente oggi, giovedì 23 marzo, e dovrebbe terminare il 21 aprile 2023. In questi 29 o 30 giorni, oltre al digiuno, che dura generalmente dalle 12 alle 18 ore, a seconda del numero di ore di luce diurna che variano in tutto il mondo, i musulmani devono rispettare altri 4 pilastri fondamentali: la testimonianza di fede, la preghiera, l’elemosina (o zakat) e il pellegrinaggio.

In un periodo di grande incertezza in cui i prezzi del cibo e dell’energia sono aumentati in ogni parte del mondo, ci saranno delle conseguenze per il Ramadan? I Paesi che ne hanno hanno risentito di più sono quelli a stragrande maggioranza musulmana: Medio Oriente, Asia e Africa. L’aumento dei costi di cibo e bevande ha costretto molte persone a rinunciare a prodotti tradizionali come datteri, torte, biscotti e carne di agnello. Al Jazeera spiega che molti si priveranno anche di altri elementi tipici del Ramadan, come vestiti e lanterne. Ma la crisi potrebbe anche riunire le comunità più colpite.

In Libano, per esempio, al quarto anno di crisi economica, politica e sociale, la tradizionale cena iftar che rompe il digiuno sarà insostenibile per l’80% della popolazione. Lo ha spiegato all’emittente qatarina l’American Near East Refugee Aid, importante ente di beneficenza che opera nel Paese. Con la sterlina libanese che ha perso il 98% di valore rispetto al dollaro statunitense, ora il gruppo spende da 2 a 3 volte l’importo del 2019 (50 dollari) per un pacco alimentare che garantisce a una famiglia i bisogni primari per l’intero mese del Ramadan.

La situazione è altrettanto tragica in Siria, dove il 90% della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà, e la crisi del costo della vita peggiorerà ulteriormente all’indomani dei terremoti che hanno devastato il Paese provocando la morte di 50.000 persone. In Egitto il governo ha aperto con largo anticipo (quasi 3 mesi) i mercati che offrono i prodotti alimentari a prezzi più convenienti rispetto ai negozi. Qui anche le tradizionali lanterne metalliche hanno subito un duro colpo: solitamente la loro produzione inizia due mesi prima dell’inizio del Ramadan, ma quest’anno l’aumento del costo delle materie prime ha fatto raddoppiare i prezzi per gli acquirenti, facendo arrancare le vendite. Molti egiziani hanno optato per lanterne di plastica a basso prezzo, oltre a ridurre gli acquisti di cibo e molte altre prelibatezze del Ramadan.

Gli economisti prevedono che l’inflazione peggiorerà durante il mese sacro, quando i prezzi del cibo aumenteranno in vista di acquisti maggiori da parte delle famiglie. Il Pakistan, gravemente colpito dalle inondazioni che hanno sommerso enormi aree agricole lo scorso anno, ha registrato il più alto tasso di inflazione in quasi mezzo secolo a febbraio. E il cibo scarseggia. In Indondesia, che ha la più grande concentrazione di musulmani al mondo, 230 milioni, lo studio condotto da M&C Saatchi Indonesia ha rilevato che il 70% dei consumatori della Gen Z (quasi il 28% della popolazione) ha intenzione di ridurre gli acquisti per il Ramadan.

C’è anche chi rimarrà senza quantità adeguate di cibo e acqua tra marzo e giugno: in Kenya le materie prime sono molto costose, il 17% della popolazione vive in condizioni di estrema povertà e la grave siccità mette in grave difficoltà 5,4 milioni di persone. In Sud Africa, però, le persone hanno iniziato a riunirsi per l’iftar: Shaykh Mogamat Safwaan Sasman, alto funzionario del Consiglio giudiziario musulmano di Città del Capo, ha spiegato a Al Jazeera che le moschee stanno incoraggiando le persone a mangiare nei luoghi di preghiera «invece di farlo a casa», così da «soddisfare più persone o allungare un po’ i tempi».

E in Occidente? La città di New York sta collaborando con 2 enti di beneficenza islamici per distribuire 7.500 pasti iftar gratuiti alle famiglie bisognose durante il Ramadan, mentre nel Regno Unito l’aumento dei costi dei prodotti alimentari ha colpito in modo sproporzionato i musulmani, che rappresentano circa il 6,5% della popolazione: nell’ultimo anno il 19% si è rivolto ai banchi alimentari, rispetto all’11% della popolazione complessiva, secondo l’Agriculture and Horticulture Development Board del Paese.

Se da un lato la situazione è peggiorata rapidamente negli ultimi anni, dall’altro le persone si sono dimostrate più caritatevoli: nel 2022, secondo la britannica National Zakat Foundation, le donazioni dello zakat (che significa “purezza” o “purificare”) hanno registrato un aumento del 30%. La tendenza si ripeterà?

Leggi anche
religione
di Chiara Manetti 4 min lettura
Media
di Maria Zanghì 5 min lettura