Città

Guida urbana contro la crisi idrica

Legambiente ha pubblicato il suo “decalogo” anti-siccità in 10 punti. Secondo l’associazione, è possibile recuperare fino a 22 miliardi di metri cubi d’acqua attraverso una corretta gestione nelle città
Credit: David Edkins
Tempo di lettura 4 min lettura
22 marzo 2023 Aggiornato alle 12:30

Per adattarsi alla crisi climatica e affrontare la siccità e le carenze idriche, bisogna ripartire dalle città.

Per questo motivo Legambiente ha presentato il suo decalogo urbano, Accelerare il cambiamento: la sfida dell’acqua passa dalle città. L’associazione, in occasione della Giornata mondiale dell’acqua, vuole fare riflettere riguardo le risorse (troppo spesso inutilizzate) che ci sono nei nostri centri abitati.

Solo raccogliendo le acque meteoriche in ambiente urbano e riutilizzando quelle reflue in agricoltura avremmo potenzialmente 22 miliardi di metri cubi di acqua. Si tratta circa del triplo della capacità dei 374 grandi invasi in esercizio, pari 6,9 miliardi di metri cubi. “Serve una roadmap che punti almeno al 20% di riutilizzo entro il 2025, il 35% entro il 2027 e il 50% entro il 2030”, afferma Legambiente in una nota.

Il 2022 è stato dichiarato dalla Società Meteorologica Italiana uno degli anni “più estremi mai registrati in termini di caldo e deficit di precipitazioni”. Il saldo pluviometrico complessivo è pari a -30%. Secondo i dati dell’Osservatorio Città Clima di Legambiente, i danni per la siccità sono aumentati del 367%, passando dai 6 del 2021 ai 28 del 2022.

Il decalogo urbano segue le proposta avanzate qualche settimana fa al Governo Meloni per una strategia idrica nazionale. Per affrontare i periodi caratterizzati da scarse precipitazioni, è necessario non solo l’accumulo ma soprattutto la “riduzione della domanda e dei prelievi per gli usi dell’acqua in tutti i suoi settori”.

Sarà quindi fondamentale un nuovo approccio che consideri le città come laboratori “in cui migliorare concretamente la gestione idrica nel nostro Paese e fronteggiare l’allarme siccità.

I 10 punti di Legambiente puntano a fornire una serie di strumenti replicabili, veloci e a basso costo; inoltre, sfruttano “esperienze e soluzioni innovative”, messe in pratica già in alcune aree, “molte basate sulla natura (Nature Based Solutions), che darebbero benefici enormi, in termini gestione ottimale della risorsa idrica e di significativa riduzione dei prelievi”.

Un esempio sono le proposte per trattenere l’acqua in eccesso messe in campo dal Comune di Trento. Nell’ambito degli interventi del progetto Santa Chiara Open Lab con l’Urban Wetland, è stato ideato un parco per il trattamento e riuso delle piogge, per l’irrigazione delle aree verdi e per aumentare la biodiversità nelle zone urbane.

Invece, il Comune di Forlì ha incrementato la permeabilità del tessuto urbano, realizzando il Giardino dei Musei (uno spazio verde che valorizza gli immobili storici).

Ci sono poi diversi casi lodevoli nelle diverse Regioni italiane di riutilizzo delle acque reflue in agricoltura, come il depuratore di Fregene o di Fasano-Forcatella e gli impianti di depurazione dell’area milanese.

I 10 punti del decalogo urbano di Legambiente

1) Approvare in tutti i Comuni regolamenti edilizi con obblighi di recupero, riutilizzo e risparmio dell’acqua;

2) prevedere criteri ambientali minimi per migliorare la gestione idrica attraverso gli appalti pubblici;

3) ideare infrastrutture e tetti verdi, vantaggiosi per la cattura e il trattamento dell’acqua piovana, l’ombreggiamento, la mitigazione dell’effetto isola di calore;

4) riutilizzare, recuperare e riciclare le diverse fonti d’acqua, garantendo una qualità adatta allo scopo di utilizzo e la gestione integrata delle risorse idriche;

5) ammodernare la rete idrica per evitare le perdite di rete e gli sprechi;

6) efficientare la depurazione delle acque reflue urbane, per il loro completo riutilizzo in settori strategici, come l’agricoltura, sia sostenendo gli ambiziosi obiettivi previsti dalla revisione della Direttiva sul trattamento delle acque di scarico urbane, che superando gli ostacoli normativi nazionali (DM 185/2003) rispetto al riutilizzo delle acque reflue così come previsto dal regolamento UE 741/2020;

7) favorire l’innovazione tecnologica da utilizzare per numerosi scopi, dal monitoraggio delle risorse al tracciamento delle perdite di rete;

8) rifornire i corpi idrici e i loro ecosistemi, scaricando solo quello che può essere assorbito dall’ambiente naturale, riducendo gli apporti idrici e garantendone la qualità;

9) prevedere una modularità dei sistemi, garantendo opzioni multiple di risorse, trattamento, stoccaggio, convogliamento, migliorando i livelli di servizio e la resilienza dei sistemi idrici urbani;

10) essere preparati agli eventi estremi, coinvolgendo i cittadini nella gestione sostenibile delle risorse idriche urbane e nella sensibilizzazione alla comprensione dei rischi e opportunità.

Leggi anche
Sostenibilità
di Cristina Sivieri Tagliabue 3 min lettura
Acqua
di Riccardo Carlino 4 min lettura