Diritti

India: una spilla da balia contro le molestie in autobus

I mezzi di trasporto sono luoghi molto affollati in cui gli uomini palpeggiano le pendolari indiane. Il sondaggio pubblicato dall’Observer Research Foundation mostra che è successo al 56% delle intervistate
Credit: elle.com
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
21 marzo 2023 Aggiornato alle 16:30

In India è raro che una donna non abbia mai subito delle molestie sessuali sui mezzi pubblici nella sua vita. Si tratta di un fenomeno così diffuso che i trasporti si sono adeguati per fornire spazi sicuri per spostarsi in città.

A Delhi gli autobus sono dotati di pulsanti antipanico e telecamere a circuito chiuso, sono state assunte più autiste, sono state organizzate sessioni di formazione per sensibilizzare i conducenti a essere più reattivi nei confronti delle passeggere, mentre la metropolitana della Capitale riserva uno scompartimento di ogni treno esclusivamente alle donne.

Anche la polizia ha fatto qualche timido tentativo, lanciando delle applicazioni e dei numeri di assistenza telefonica da utilizzare per cercare aiuto. Ma le donne si affidano ancora a un metodo che ha origini molto antiche per difendersi dai molestatori: la spilla da balia.

Le testimonianze riportate dalla Bbc parlano di pendolari che, nella Calcutta di 10 anni fa, erano costrette a usare tutto ciò che avevano per allontanare gli uomini nei tram sovraffollati. Qualcuna usava degli ombrelli, altre tenevano le unghie lunghe e appuntite per graffiare le mani che si allungavano in mezzo alla folla, altre ancora indossavano i tacchi a spillo per poter pestare i piedi dei loro molestatori. La spilla da balia, utilizzata per fissare 2 o più tessuti, era un piccolo alleato sempre presente. E lo è ancora.

Qualche mese fa su Twitter diverse donne indiane hanno confessato di portarne una sempre con sé per rispondere alle molestie negli spazi affollati. Una di loro, Deepika Shergill, ha raccontato all’emittente britannica di un uomo sulla quarantina che sull’autobus, nel tragitto fino all’ufficio, si strusciava sul suo corpo ogni volta che il conducente frenava. Lei aveva 20 anni, era timida e non voleva attirare l’attenzione su di sé. Lo ha fatto per mesi, finché un giorno quell’uomo, che indossava un abito indiano molto diffuso tra i dipendenti del Governo, non si è masturbato sulla sua spalla. Lei non l’ha raccontato a nessuno, ma il giorno successivo gli ha schiacciato le dita dei piedi con i suoi tacchi a spillo e l’ha ferito sull’avambraccio con la spilla da balia. Non l’ha più visto salire sul bus. La storia di Shergill assomiglia a quella di molte altre donne.

Dal sondaggio online riportato nella ricerca Women on the move. The impact of safety Concerns on Women’s Mobility (della no profit Observer Research Foundation), condotto in 140 città indiane nel 2021, è emerso che il 56% delle 4.262 intervistate ha vissuto un episodio simile e solo il 2% ha denunciato quanto accaduto alla polizia. Tutte le altre hanno detto di aver affrontato la situazione da sole o di aver scelto di ignorarla, spesso allontanandosi dal luogo della molestia per non creare un caso, un polverone, e non provocare una escalation.

Il 52% ha riferito di aver rinunciato a un’occupazione o a un’attività formativa per la paura di sentirsi in pericolo. Non si tratta di un fenomeno puramente limitato all’India: l’indagine della Fondazione Thomson Reuters su 1.000 donne in 5 città del mondo ha rilevato che per più della metà di loro la sicurezza è la principale preoccupazione quando salgono sui trasporti pubblici.

Lo studio dell’Organizzazione internazionale del lavoro ha mostrato che l’accesso limitato e la sicurezza dei trasporti sono i più grandi ostacoli al ruolo delle donne nella forza lavoro nei Paesi in via di sviluppo perché riducono la loro partecipazione del 16,5%. Jemilah Magnusson, portavoce dell’Istituto per la politica dei trasporti e dello sviluppo, con sede negli Stati Uniti, ha spiegato che la questione della sicurezza delle donne sui mezzi pubblici è esplosa dopo la morte di una di loro a Dehli, nel 2012: Jyoti Singh stava tornando a casa in autobus dopo una serata al cinema quando un gruppo di 6 uomini, compreso l’autista, la violentò e la mutilò, scaricandola sul ciglio della strada. Morì settimane dopo per le ferite riportate.

Da allora, i politici indiani hanno fatto diverse promesse volte a rendere il Paese più sicuro per le donne. Nel 2013 è stata emanata una legge per la prevenzione delle molestie sessuali nei luoghi di lavoro. Ma a un decennio dalla sua approvazione, i casi non fanno che aumentare: i dati diffusi lo scorso anno dal National Crime Record Bureau mostrano che i crimini contro le donne in India sono aumentati del 15,3% nel 2021. Tra questi, circa il 31,8% rappresenta aggressioni perpetrate dal marito o dai parenti, seguiti da aggressioni e molestie al 20,8%.

“Il Paese dovrebbe lavorare per creare una società più sicura per chi prende l’autobus”, scrive un utente su Twitter. Nell’attesa che questo avvenga, e che l’India riconosca questi episodi come davvero rilevanti, le donne avranno con sé le loro spille da balia.

Leggi anche
Rainbow Pride March in Kolkata
Lgbtq+
di Chiara Manetti 3 min lettura
Abusi
di Ilaria Marciano 3 min lettura