Economia

Tutti amano la settimana corta (o forse no)

Secondo l’indagine Randstad, il 30% dei lavoratori sogna la settimana corta. Ma c’è anche chi non vuole abbandonare le vecchie abitudini e chi vorrebbe spezzare il proprio turno mantenendo, però, i canonici 5 giorni
Credit: wework.com
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20 marzo 2023 Aggiornato alle 07:00

La settimana corta è sempre più attraente agli occhi dei lavoratori.

L’ultimo rapporto pubblicato dalla società di human resources Randstad ha preso in analisi oltre 35.000 lavoratori dipendenti in tutto il mondo, di cui 1.000 in Italia. E i risultati confermano questo trend: ben 3 lavoratori su 10 chiedono di iniziare il proprio week-end il venerdì, aumentando così il tempo da dedicare ai propri interessi, ai propri cari e alla cura personale.

I dati sembrerebbero dimostrare una tendenza interessante, con la produttività che rimane ben salda e i lavoratori che sono decisamente più sereni. Una situazione vantaggiosa per tutti, aziende comprese. Ne è un esempio il Regno Unito, dove è stato messo in moto un sistema di indagine che nel 2022 ha coinvolto quasi 3.000 lavoratori in oltre 60 aziende. I risultati sono stati straordinari: a dicembre 2022, mese indicato per la fine dell’esperimento, 18 hanno immediatamente introdotto la settimana corta come modello permanente. Le ragioni? Una produttività inalterata, spesso addirittura migliore, e un beneficio psicofisico dei dipendenti: il 39% ha affermato di essere meno stressato e di aver notato una riduzione della propria stanchezza, delle crisi d’ansia o dei disturbi del sonno.

In realtà, quello inglese non è stato il primo esperimento realizzato in questo ambito. In Islanda, tra il 2015 e il 2019 era stata condotta un’indagine simile che aveva confermato un miglioramento dell’equilibrio della vita professionale e personale dei lavoratori. Ancora oggi, l’86% dei lavoratori coinvolti ha mantenuto questa modalità di lavoro.

Ma la 4 days week sembrerebbe suscitare un interesse differente a seconda delle professioni: maggiore tra gli impiegati (32%) e minore tra gli operai (15%). Inoltre, l’appeal di questo modello è particolarmente intenso per i lavoratori tra i 35-44 anni, che rappresentano il 32% del totale. Indubbio è un collegamento con le responsabilità genitoriali, dove un giorno in più nel week-end permetterebbe a moli di passare più tempo con i propri figli.

Il sistema sembra interessare anche i più giovani: il 16% dei favorevoli ha tra i 18 e i 24 anni, sintomo evidente di una realtà pronta a cambiare. Lo conferma anche un altro dato: il 35% dei partecipanti ritiene che una gestione autonoma del proprio orario di lavoro sia un requisito imprescindibile per accettare un nuovo incarico. Un’esigenza che inizia a essere compresa anche dalle aziende: negli ultimi 12 mesi, il 27% dei dipendenti ha ottenuto una maggiore flessibilità nei propri orari lavorativi.

Non tutti però guardano al long week-end con aria sognante: il 43% ritiene che il tradizionale lavoro dal lunedì al venerdì per 8 ore al giorno sia la soluzione migliore. C’è poi chi dice sì alla tradizione ma applicando un cambiamento di orari: il 14%, infatti, vorrebbe poter spezzare il proprio turno lavorando la mattina presto e la sera tardi, così da godere maggiormente delle ore centrali della giornata, mentre il 6% preferirebbe svolgere turni di notte.

In Italia, la canonica settimana di 5 giorni (per 8 ore giornaliere) è stata introdotta negli anni ’60 con la contrattazione collettiva: sono quindi 40 ore settimanali e 1.760 annuali. In realtà, come riporta l’Ipsoa (Istituto Professionale per lo Studio dell’Organizzazione Aziendale), il dato medio italiano di ore lavorate da un dipendente manifatturiero a tempo pieno nel 2021 è di 37,8 ore, al di sotto della media Ue di 38,4.

Sebbene la settimana corta rappresenti ancora un esperimento a tutti gli effetti, è comunque innegabile l’aria di cambiamento che si inizia a percepire nel mondo del lavoro. Lo scorso dicembre, Intesa San Paolo ha annunciato la possibilità per i propri dipendenti di ridurre la settimana lavorativa a 4 giorni allungandosi di 1 ora ogni giorno. Poi è stato il turno di Magister Group, che nelle sue Ali e Repas è passato da 40 ore settimanali a 32; e ancora Lavazza che introdurrà i cosiddetti “venerdì brevi” da maggio a settembre.

Quest’ondata di esperimenti si incastra in una spaccatura profonda della nostra società, dove una nuova esigenza sta venendo alla luce. La pandemia è stata a tutti gli effetti un’occasione di sperimentare diversi modi di lavorare e di vivere. Dedicare del tempo a noi stessi ci ha permesso di comprendere l’importanza del benessere mentale, un argomento che abbiamo sottovalutato troppo a lungo.

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