Diritti

Uk post-Brexit: aumentano gli immigrati qualificati

Dopo l’uscita dall’Unione europea, l’arrivo di persone nel Regno Unito ha raggiunto livelli record, così come il reclutamento di lavoratori stranieri. Ma manca la manodopera
Credit: Raphael Koh
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 5 min lettura
14 marzo 2023 Aggiornato alle 16:00

Sono passati poco più di tre anni da quando il Regno Unito è uscito ufficialmente dall’Unione europea.

Il 31 gennaio 2020 il Parlamento europeo ha approvato l’Accordo sul recesso del Paese dall’Ue, entrato in vigore il giorno successivo.

Un anno dopo, il Paese ha implementato un sistema di immigrazione a punti - il points-based immigration system - “che privilegia le competenze e il talento rispetto alla provenienza di una persona”. Secondo un’analisi del Financial Times, se da una parte malattia, pensionamento anticipato e invecchiamento hanno contribuito a ridurre la forza lavoro nel Paese, lasciando in difficoltà le imprese che si sono ritrovate a dover coprire posti vacanti, dall’altra l’immigrazione nel Regno Unito si è ripresa. Nonostante le restrizioni post-Brexit.

L’anno scorso l’immigrazione netta ha raggiunto la cifra record di più di 500.000 persone.

Solo una minima parte di questa cifra è dovuta all’attraversamento della Manica, il canale che separa il Paese dall’Europa continentale e si estende per circa 550 km: le persone che lo attraversano illegalmente sono nel mirino della nuova legge contro l’immigrazione irregolare anticipata dal primo ministro britannico Rishi Sunak, illustrata in un video su Twitter dalla ministra dell’Interno Suella Braverman e riassunta in pochi, criticati punti dal premier.

La questione è in cima alla lista delle priorità del Governo, che sta cercando misure che aiutino a «fermare il flusso di arrivi illegali», secondo quanto riferito da Sunak.

Eppure, scrive il Financial Times, l’impennata dell’immigrazione netta si deve in parte agli arrivi dall’Ucraina e da Hong Kong, dalla ripresa dei movimenti transfrontalieri dopo la pandemia e dall’aumento del numero di studenti. Ma anche al fatto che i datori di lavoro abbiano fatto un uso più ampio del previsto del nuovo sistema migratorio post-Brexit, il citato points-based immigration system, introdotto a gennaio del 2021.

Si tratta di un piano che rende più difficile assumere lavoratori dall’Ue, ma spesso più facile impiegare chi proviene da altri Paesi.

I lavoratori qualificati che giungono nel Paese devono avere ricevuto un’offerta di lavoro da parte di un datore inglese con una “licenza di sponsorizzazione”, rilasciata dall’Home Office (analogo al ministero dell’Interno), di solito con uno stipendio minimo di 25.600 sterline.

Le tasse che vengono riscosse dal ministero dell’Interno sono elevate, spiega il Financial Times, ma la soglia salariale fissata è più bassa del periodo precedente alla Brexit, i mestieri mediamente qualificati sono diventati ammissibili ai visti e non c’è un limite massimo di posti.

Questo ha portato non solo a un aumento delle richieste, ma anche a un enorme cambiamento dei livelli di competenza degli immigrati, dei settori in cui lavorano e dei Paesi d’origine da cui provengono.

I lavoratori qualificati di tutto il mondo, insomma, possono entrare con barriere leggermente inferiori rispetto a prima, ma a un costo più elevato.

I dati citati dal quotidiano britannico mostrano quali datori di lavoro utilizzano il sistema dei visti più liberamente che in passato, aumentando la sponsorizzazione dei visti per alcune professioni, tra cui operatori sanitari e infermieri, cuochi e macellai. I lavori meno retribuiti sono esclusi da questo sistema, cosa che ha colpito i settori della logistica e dell’industria manifatturiera, che prima assumevano liberamente dall’Ue.

La situazione può cambiare rapidamente quando determinate professioni vengono inserite nell’elenco delle occupazioni carenti del Regno Unito con requisiti inferiori in termini di competenze e salario.

Le imprese hanno insistito affinché i ministri aggiungessero altri ruoli a questa lista, anche se gli esperti di migrazione temono che questo possa comportare dei pericoli per le persone potenzialmente vulnerabili e a un abuso nel sistema stagionale.

Anche le aree professionali ben pagate, come in passato, hanno visto molti movimenti transfrontalieri: le domande di visto per programmatori e sviluppatori di software sono aumentati del 36% rispetto al 2021. Ma il cambiamento più “drammatico” è l’enorme aumento “delle assunzioni all’estero in tutti i settori del Servizio sanitario nazionale e, più di recente, in seguito alle modifiche apportate alle regole di ammissibilità, in tutto il settore dell’assistenza sociale”, scrive il Ft: lì sono stati concessi 76.938 visti di lavoro nel 2022, più del totale dei 66.324 concessi per altri lavoratori qualificati.

Per quanto riguarda i Paesi d’origine, con l’interesse dei cittadini Ue apparentemente in calo sono aumentate le richieste di visti di lavoro da Nigeria e Zimbabwe, e chi richiede di lavorare nelle aziende agricole del Regno Unito proviene da Kirghizistan, Tagikistan, Indonesia e Nepal. E se, nel 2020, l’allora ministro dell’Interno Priti Patel aveva assicurato che «il nuovo sistema basato sui punti incoraggerà i datori di lavoro a investire nella forza lavoro nazionale del Regno Unito, piuttosto che affidarsi semplicemente alla manodopera all’estero», i dati mostrano che non è andata così. Il nuovo sistema ha reso le cose più difficili per i lavoratori dell’Ue poco qualificati e relativamente più semplici per quelli più qualificati.

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