Ambiente

Nucleare pulito, il progetto sperimentato a Boston

La Commonwealth Fusion Systems, in collaborazione con Eni, punta a costruire Sparc. Una macchina a confinamento magnetico per produrre dieci volte l’energia immessa per innescare la reazione
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13 marzo 2023 Aggiornato alle 07:00

In futuro sarà possibile produrre l’energia pulita del sole sulla Terra?

Gli esperimenti incoraggianti sono stati tanti. L’ultimo arriva da Devens, una cittadina a ovest di Boston, negli Stati Uniti. Qui la Commonwealth Fusion Systems, uno ramo del Massachusetts Institute of Technology, sta costruendo il prototipo Sparc, cioè la prima macchina a confinamento magnetico che potrebbe essere in grado di produrre, attraverso la fusione nucleare, dieci volte l’energia immessa per innescare la reazione.

Si tratta di una tecnologica finora mai applicata a livello industriale e alternativa alla fissione nucleare, utilizzata comunemente nelle centrali.

Imitando i meccanismi che alimentano le stelle, lavora sulla fusione di due nuclei d’idrogeno, che liberano un’enorme quantità di energia, pari a “200 milioni di volte quella ottenuta bruciando una equivalente quantità di carbone”, secondo gli esperti. Soprattutto, senza rilasciare emissioni o sostanze radioattive, bensì elio, un gas nobile considerato innocuo.

Questo processo però è ancora molto instabile e richiede grandi quantità d’energia, per ora superiori a quella che si riesce a produrre nella reazione.

Per gestire il plasma nel quale interagiscono i due isotopi di idrogeno, deuterio e trizio, si utilizza il confinamento magnetico. Ciò significa che gli scienziati devono creare campi magnetici potentissimi. Finora sono riusciti a impiegarli solo per tempi brevi e, secondo la maggioranza degli addetti ai lavori, sarà così ancora per alcuni decenni.

Il Cfs però spera di cambiare a breve le carte in tavola.

Per ora a Devens si vede solo il cubo di cemento armato, destinato a ospitare il totamak, il dispositivo usato per la reazione. Il colosso italiano dell’Oil&Gas, Eni, ha però deciso di investire nel progetto, diventando uno degli “azionisti strategici”.

L’obiettivo è realizzare già nel 2025 un prototipo dimostrativo Sparc, dal costo di 800 milioni di dollari. Entro il decennio gli esperti sperano di disporre di una vera centrale a fusione, in grado di immettere elettricità nella rete. Gli scienziati puntano, per assicurare un innesco della fusione e un controllo più efficaci, sulla messa a punto di un magnete superconduttivo ad alta temperatura, che ha dato buoni risultati in un test preliminare nel 2021.

“Con questo magnete - spiegano gli ingegneri di Cfs - molti dei problemi tecnologici legati ai vecchi progetti di fusione vengono eliminati o diventano di più facile

soluzione”. Questa tecnologia potrebbe permettere di rendere gli impianti più compatti, semplici ed efficaci.

Il Commonwealth Fusion Systems, nato nel 2018, ha raccolto circa 2 miliardi di dollari di investimenti privati.

«Noi siamo intorno al 19% - spiega l’Amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi - Oggi però rafforziamo la collaborazione mettendo a disposizione anche le nostre competenze sui materiali, sull’ingegneria e sul management».

La fusione nucleare, secondo l’italiano, «è la migliore speranza in fatto di lotta ai cambiamenti climatici. Fornirà grandi quantità di energia senza alcuna emissione di gas serra. E non si potranno più fare ricatti: tutti avranno energia a buon mercato, indipendentemente dal fatto che dispongano o no di giacimenti di gas e petrolio».

Le premesse sembrano buone, ma bisognerà vedere se potranno trovare attuazione in tempi brevi. Quelli che servono per eliminare la dipendenza dai combustibili fossili e limitare l’aumento delle temperature agli 1,5 gradi dall’era preindustriale sono molto stretti.

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