Diritti

La parità di genere allunga la vita

Secondo lo studio pubblicato sulla rivista PLOS Global Public Health, nei Paesi in cui il gender gap è minore uomini e donne tendono a vivere più a lungo, e meglio
Credit: John Diez
Alessia Ferri
Alessia Ferri giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
10 marzo 2023 Aggiornato alle 17:00

Secondo il World Economic Forum al ritmo attuale ci vorranno ancora 132 anni per raggiungere la parità di genere a livello globale.

Una prospettiva non certo esaltante ma nulla vieta di provare ad accelerare un po’ questo cammino, magari partendo da alcune considerazioni o casistiche che possano fungere da motore per il cambiamento e ispirazione per chi non sta al passo.

È di questi giorni, a esempio, la scoperta che nei Paesi dove la disparità tra uomini e donne è meno marcata, le persone tendono a vivere più a lungo.

Ad arrivare a questa conclusione sono stati i ricercatori coinvolti in uno studio pubblicato sulla rivista PLOS Global Public Health, che fotografa in termini di durata della vita una realtà già nota, ovvero che un innalzamento della rappresentanza femminile in tutti i settori contribuisce a rendere non solo le società migliori dal punto di vista etico ma anche più ricche economicamente e di conseguenza molto spesso popolate da persone più sane perché con un maggior accesso a protocolli di cura e prevenzione.

«Tutti i fattori che determinano la qualità della vita e di conseguenza la longevità, come le condizioni di lavoro, l’esposizione all’inquinamento, l’accesso all’assistenza sanitaria, all’istruzione, al reddito e al sostegno sociale risentono delle differenze di genere» spiega Cat Pinho-Gomes, ricercatrice presso il George Institute for Global Health. e l’Imperial College di Londra, prima firmatarie dello studio.

Lo studio si è basato su una versione modificata del Global Gender Gap Index (indicatore del divario di genere globale) sviluppato dal World Economic Forum.

Da quello standard che prende in considerazione diversi parametri ovvero partecipazione e opportunità economiche, educazione, salute e sopravvivenza, potere politico, i ricercatori hanno scorporato la voce della salute, perché oggetto del loro approfondimento, e studiato le possibili relazioni tra i rimanenti e l’aspettativa di vita.

Seppur con differenze non trascurabili tra Paesi ricchi e poveri, complessivamente, ciò che è emerso è che nel 2021, ogni aumento del 10% dell’indice del divario di genere modificato ha determinato un aumento dell’aspettativa di vita di 4,3 mesi per le donne e di 3,5 mesi per gli uomini.

Come ovvio che sia quindi a beneficiare di una maggiore equità di genere in termini di longevità sono le donne, direttamente colpite dal suo effetto, ma i dati testimoniano anche come una società più giusta influisca a catena anche sulla saluta e sull’aspettativa di vita degli uomini.

«Man mano che i Paesi progrediscono verso una maggiore parità di genere e alle donne viene data l’opportunità di partecipare di più alla vita politica, economica e sociale, l’intera società ne raccoglie i frutti», conferma Cat Pinho-Gomes, sottolineando anche come l’impatto maggiore sul divario di genere sia dato dall’istruzione, sulla quale è prioritario investire, soprattutto nei Paesi a basso e medio reddito, nei quali le risorse e le opportunità per le ragazze sono limitate anche da totalitarismi patriarcali duri da scalfire.

Basti pensare a ciò che sta avvenendo in Afghanistan e Iran, dove molte risorse dei regimi in carica sono volte proprio a tenere lontane le ragazze da scuole e università.

Il motivo è proprio che l’accesso all’istruzione contribuirebbe a renderle soggetti preparati e attivi della società, un evento considerato una minaccia per alcuni ma che invece, secondo questo studio avrebbe implicazioni positive a lungo termine non solo sulle giovani stesse ma anche sul benessere e lo sviluppo dell’intera comunità.

Lo studio si sofferma anche sulle differenze occupazionali e di retribuzione che riguardano le donne e sui molti stereotipi che contribuiscono ad allontanarle non solo dai ruoli di vertici ma anche da un benessere di base minimo, a discapito delle aspettative di vita di tutti.

Insomma se non vogliamo farlo per questioni etiche facciamolo almeno per la longevità.

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