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Editing genetico, che cos’è e perché preoccupa gli esperti

Il metodo Crispr/Cas9 è l’ultima frontiera della scienza per combattere malattie ereditarie rare e non solo. Ma le sue implicazioni chiamano in causa la bioetica
Credit: RF._.studio
Fabrizio Papitto
Fabrizio Papitto giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
8 marzo 2023 Aggiornato alle 19:00

Il 6 febbraio si è aperto il Terzo vertice internazionale sull’editing del genoma umano, la tecnologia che permette di modificare il Dna di un individuo aggiungendo, rimuovendo o alterando il suo materiale genetico.

L’evento – organizzato dalla Royal Society in collaborazione con Uk Academy of Medical Sciences, World Academy of Sciences e le Us National Academies of Sciences and Medicine – si è chiuso oggi, al Francis Crick Institute di Londra.

Di editing genomico si parla già dal 1990, quando vennero introdotte le cosiddette “nucleasi a dita di zinco” (Zfn), enzimi artificiali capaci di tagliare alle estremità specifiche sequenze genetiche difettose che vengono poi sostituite con sequenze omologhe sane prodotte in laboratorio. Una sorta di montaggio molecolare eseguito sulla pellicola del nostro genoma.

Ma la frontiera più avanzata dell’editing genomico è il metodo Crispr/Cas9 sviluppato nel 2012, le “forbici genetiche” che nel 2020 valsero alle ricercatrici Emmanuelle Charpentier e Jennifer A.Doudna il Premio Nobel per la Chimica.

Semplificando, Crispr (Clustered Regularly Interspaced Short Palindromic Repeats) è un sistema di “brevi ripetizioni palindrome raggruppate e separate in modo regolare” all’interno del genoma, che emulando i batteri può essere tagliato in modo rapido e accurato dalla proteina Cas9 (Crispr associated system) attraverso una molecola Rna guida (gRna).

Rispetto alle tecnologie precedenti, il metodo Crispr/Cas9 è più economico ed efficace, e consente di eseguire più manipolazioni genetiche per volta. Per questo i ricercatori hanno accolto questa scoperta come «una nuova era per le scienze della vita».

Le sue implicazioni in campo medico riguardano sfide epocali come la lotta al cancro e la correzione di malattie ereditarie quali l’anemia falciforme, la fibrosi cistica o la cecità, ma può essere impiegata anche nell’agricoltura per migliorare resilienza e sostenibilità dei prodotti, e c’è chi pensa di utilizzarla per riportare in vita le specie animali estinte.

La portata è tale da mettere in rima genetica e bioetica. Nel 2018 il biofisico He Jiankui, all’epoca ricercatore presso la Southern University of Science and Technology di Shenzhen, in Cina, annunciò di aver modificato geneticamente gli embrioni di due gemelle per proteggerle dal virus dell’Hiv che aveva infettato il padre delle bambine.

Si chiamano Lulu e Nana, e tecnicamente sono le prime bambine geneticamente modificate al mondo.

Nel 2019 lo scienziato è stato multato e condannato a tre anni di carcere. «Ho pensato a quello che ho fatto in passato per molto tempo. Per riassumere in una frase: l’ho fatto troppo in fretta», ha dichiarato a The Guardian dopo essere stato rimesso in libertà ad aprile dello scorso anno.

La Cina intanto sembra aver inasprito le normative sull’editing genetico per scongiurare il ripetersi di esperimenti simili. «Le modifiche permanenti ed ereditarie sono vietate, la governance ha adottato un approccio precauzionale e le nostre leggi sono in linea con le regole internazionali», sostiene Yangin Peng della Chinese Academy of Sciences.

Ma diversi esperti rimproverano al governo di Pechino la scarsa trasparenza sui regolamenti. «La ricerca dovrebbe essere in linea con i principi etici. Vorrei sapere quali principi etici, dove sono enunciati e se possono essere messi in discussione», ha commentato a Bbc Francoise Baylis della Dalhousie University, in Canada.

Il problema però non riguarda solo la Cina. «Il Congresso degli Stati Uniti ha vietato il finanziamento federale per qualsiasi sperimentazione clinica di modifica genetica dell’embrione umano, ma tale divieto è soggetto a una nuova autorizzazione periodica», ha scritto sul New York Times Eben Kirksey, antropologo dell’Oxford University e autore del saggio “The Mutant Project: Inside the Global Race to Genetically Modify Humans”.

Oggi He Jiankui starebbe corteggiando diversi investitori privati per aprire «una nuova clinica dedicata al trattamento genetico» della distrofia muscolare di Duchenne, una malattia ereditaria rara che colpisce i muscoli portando alla perdita delle funzionalità motorie.

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