Culture

Fare la guida turistica in Italia è un rebus

La professione è regolata da norme poco chiare e in contraddizione tra di loro. Per questo la ministra del Turismo Daniela Santanchè ha annunciato l’arrivo di una riforma
Credit: ANSA/GIUSEPPE LAMI
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12 marzo 2023 Aggiornato alle 08:00

Le guide turistiche sono tra i lavoratori che hanno pagato di più le conseguenze della crisi economica dovuta al Covid-19 e molti di loro si sono reinventati o hanno cambiato il modo di esercitare proprio mestiere, in un Paese che detiene il maggior numero di patrimoni Unesco al mondo.

Il percorso necessario per intraprendere questa carriera è accidentato e l’accesso alla professione ostacolato da riferimenti normativi non proprio chiari.

Come si diventa guida turistica

La legge quadro sul turismo del 1983 definisce guida turistica chi “accompagna persone singole o gruppi di persone nelle visite a opere d’arte, a musei, a gallerie, a scavi archeologici, illustrando le attrattive storiche, artistiche, monumentali, paesaggistiche e naturali”. Si tratta quindi di una figura professionale che si distingue da altri operatori del settore, come a esempio l’accompagnatore turistico, chiamato perlopiù a occuparsi di accompagnare i gruppi e assicurarsi la buona riuscita del viaggio.

Tuttavia il ministero del Turismo nel proprio sito spiega che non “esiste una definizione univoca della guida turistica. Le Regioni utilizzano ciascuna una propria definizione, per individuare la figura professionale”.

Per essere del tutto abilitati bisogna superare un’esame suddiviso in tre prove: scritto, orale e tecnico-pratica ma come rilevato dall’associazione Guida turistiche italiane ogni Regione può decidere autonomamente quale debba essere il percorso per diventare guida turistica e quali debbano essere i requisiti di accesso alla professione.

Ad aumentare la confusione normativa sul tema ci ha pensato anche la legge europea del 2013, con la quale si è stabilito che le guide turistiche abilitate a esercitare la professione in altri Stati membri, possono operare in “regime di libera prestazione di servizi” sul territorio italiano “senza necessità di ulteriori autorizzazioni o abilitazioni”.

Questa indicazione prevedeva però una deroga, affidata all’allora ministero dei Beni e delle attività culturali (le competenze sul tema oggi sono gestite dal ministero del Turismo), che aveva il compito di individuare i siti di particolare interesse storico, artistico o archeologico per i quali occorre una specifica abilitazione. I decreti del ministero sono arrivati nel 2015 ma sono stati poi annullati con una sentenza del Tar del Lazio.

Cosa prevede la riforma

Oggi diventare guida turistica in Italia risulta quindi molto complicato per via del caos normativo in vigore e anche per questo la professione, come denunciato più volte dalle stesse associazioni, rischia di subire sempre di più l’abusivismo.

Il 1 marzo durante il question time nell’aula della Camera la ministra del Turismo Daniela Santanchè ha annunciato l’intenzione di presentare al più presto in Consiglio dei ministri il disegno di legge per la riforma della professione delle guide turistiche. Il provvedimento è «uno degli obiettivi del Pnrr e va attuato entro il 31 dicembre 2023», ha ricordato la ministra.

La riforma «prevede diverse misure volte a contrastare l’esercizio abusivo della professione, prima tra tutte l’obbligo di sostenere un esame di abilitazione e l’iscrizione in un apposito elenco nazionale tenuto presso il dicastero», ha evidenziato Santanchè a Montecitorio, spiegando che sarà «rilasciato alle guide abilitate e iscritte in tale elenco un tesserino di riconoscimento che dovrà essere esibito durante lo svolgimento dell’attività».

La ministra ha poi annunciato «specifici divieti di esercizio della professione, di uso di tessere e altri segni distintivi in mancanza di regolare possesso del titolo abilitativo, nonché il divieto di avvalersene anche utilizzando le piattaforme digitali di soggetti non abilitati a svolgere l’attività propria delle guide turistiche».

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