Economia

Istat: sblocco dei crediti incagliati?

I nuovi criteri contabili Eurostat permettono di retrodatare i crediti di imposta, rendendoli formalmente pagabili. Aumentano di 80 miliardi i deficit degli anni scorsi, aprendo uno spiraglio nella spinosa questione del blocco crediti legati ai bonus edilizi
Credit: ANSA/FABIO FRUSTACI
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3 marzo 2023 Aggiornato alle 18:00

Dopo le recenti misure previste dal Governo per neutralizzare l’impatto sulla spesa pubblica del Superbonus, giudicato dallo stesso ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti al pari di una «droga» capace di illudere l’economia italiana con un «effetto allucinogeno», lo scenario potrebbe continuare a cambiare.

Alla luce del recente aggiornamento del Manual on Government Deficit and Debt (MGDD) le nuove regole di classificazione dell’Eurostat- l’ufficio statistico dell’Unione Europea che raccoglie ed elabora dati provenienti dagli stati membri- hanno infatti permesso all’Istituto nazionale di statistica di contabilizzare i crediti di imposta ceduti nell’ambito dei bonus edilizi direttamente nell’anno in cui vengono concessi, e non in quelli in cui vengono effettivamente rimborsati.

Come emerge dal rapporto Pil e indebitamento AP dell’Istat i 120 miliardi di crediti vengono quindi scaricati sul debito pubblico degli ultimi tre anni poiché classificati come pagabili, traslando il peso dei vecchi crediti direttamente all’indietro.

Da questo diverso criterio contabile deriva una maggior spesa che si traduce in un rialzo dei deficit degli anni precedenti, in particolare quello del 2020 sale dal 9,5 al 9,7%, nel 2021 si passa dal 7,2% al 9%, e infine il debito del 2022 arriva all’8%, ben oltre il 5,6% indicato nella Nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanza redatta dal Governo lo scorso novembre.

La decisione dell’istituto di retrodatare il trattamento contabile dei crediti di imposta apre a possibili novità riguardo i 19 miliardi di crediti incagliati nei cassetti fiscali delle imprese generati dal decreto-legge approvato il 17 febbraio scorso e subito pubblicato in Gazzetta.

Appare chiara la fermezza della decisione presa dall’esecutivo, che intende lasciarsi alle spalle il periodo dei bonus edilizi per arginare «i problemi di liquidità delle imprese ereditato da imprudenti misure non adeguatamente valutate».

Si pone in totale disaccordo l’Associazione Nazionale costruttori edili, rappresentata dalla presidente Federica Brancaccio, che in una nota esorta il governo ad ammorbidire la linea intrapresa in quanto dall’applicazione delle nuove regole Eurostat i crediti derivanti dai bonus come il 110% o dal bonus facciate « sono già stati contabilizzati nel bilancio dello Stato» e quindi «possono e devono essere pagati subito alle famiglie e alle imprese dell’edilizia».

Anche Confindustria mostra l’esigenza di correttivi per l’emergenza e fra le idee per creare strumenti di transizione per le aziende avanza la disponibilità degli stessi imprenditori a compensare parte di quei 19 miliardi bloccati direttamente nel proprio F24, cioè il modello utilizzato da tutti i contribuenti per il versamento delle imposte e la compensazione di eventuali crediti con lo Stato.

Una soluzione già in passato suggerita da Ance e Abi, Associazione Bancaria Italiana, che permetterebbe alle banche di utilizzare i versamenti delle imposte effettuati dai clienti per poter compensare i crediti di imposta e quindi sanare i vari debiti che, nel corso degli ultimi anni, si sono accesi nei confronti delle ditte edili che hanno rispettato tutte le normative in vigore per poter effettivamente ottenere i vari bonus.

Differente criterio contabile, ma non cambia l’ammontare degli oneri pubblici.

La situazione rimane critica soprattutto per le imprese edili e la possibilità concreta di una crisi di liquidità, motivo per cui i sindacati di settore FenealUil e Fillea Cgil hanno annunciato proteste in solidarietà ai 100 mila posti di lavoro a rischio, nonché una giornata di mobilitazione nazionale per il 1° aprile.

Uno scenario che non fa onore a un settore, quello edilizio, che negli ultimi anni si è caratterizzato come vero e proprio motore dell’economia italiana. I dati dell’Istat infatti evidenziano una crescita in volume del Pil del 3,7%, con aumenti del valore aggiunto delle costruzioni pari al 10,2%, confermando il peso dell’edilizia per il tessuto socio economica del Paese, con imprese che «se messe in condizioni di operare - spiega la presidente dell’Ance - possono fornire un apporto determinante anche alla crescita del 2023».

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