Economia

Nord Africa: perché aumentano le importazioni di petrolio russo?

Fino a 2 milioni di barili in Marocco e fino a 3 in Tunisia. Mosca sfrutta i Paesi terzi (e le aziende internazionali con sede legale fuori dall’Ue) per aggirare le sanzioni imposte
Credit: acceleratingscience.com.
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2 marzo 2023 Aggiornato alle 14:00

L’embargo petrolifero disposto a inizio febbraio dall’Ue per i prodotti russi (diesel, nafta, cherosene e altri derivati, per circa 1 milione di barili al giorno) non ha diminuito le esportazioni della Federazione Russa, che sono state reindirizzate fuori dal continente europeo. In particolare, in Nord Africa.

Il Marocco ha visto un aumento delle importazioni fino a 2 milioni di barili russi, partendo da una base di 600.000 nel 2021. La Tunisia ha seguito un percorso simile, salendo fino a 3 milioni di barili importati. Una serie di aumenti improvvisi non giustificabili dai consumi ridotti delle nazioni nord-africane.

Una possibile spiegazione del fenomeno è da ricercare nella triangolazione commerciale predisposta dalla Russia per evitare l’effetto delle sanzioni occidentali, sfruttando Paesi terzi e aziende internazionali con sede legale fuori dell’Unione Europea. In questo modo, Mosca può continuare a vendere le risorse fossili e i suoi prodotti sanzionati anche alle Nazioni europee: «Fidatevi, non stiamo osservando una qualche rinascita della capacità di raffinazione del Maghreb» ha dichiarato Viktor Katona, analista senior del settore petrolifero per la società Kpler.

La triangolazione è sostenuta e favorita anche dalla cooperazione economica e finanziaria implementata dalla Turchia, dai Paesi del Golfo, da Singapore e da Hong Kong, che hanno permesso di creare numerose nuove società di import&export legate al settore petrolifero, con una struttura finanziaria “opaca”.

Negli ultimi 12 mesi, molte di queste compagnie commerciali hanno preso il controllo delle gestione dei derivati petroliferi russi, sottraendolo alle società occidentali. «Ne vedrai sempre di più di queste aziende, i loro nomi continueranno a cambiare e diventerà sempre più difficile sapere chi c’è dietro di loro» ha affermato un veterano trader europeo che ha lavorato per la Russia per quasi 30 anni.

I tentativi occidentali di fermare la macchina bellica russa e di causare danni economici al regime di Putin sono stati in parte fermati dalle strutture economiche della globalizzazione e dal rifiuto di diverse Nazioni africane, asiatiche e sud americane di imporre sanzioni economiche.

Inoltre, i continui divieti commerciali europei e americani non hanno impedito alle multinazionali occidentali di continuare a mantenere le filiali russe, operando in stretto contatto con Mosca. Secondo il recente studio condotto dal professore Simon Evenett, della University of St.Gallen, e dal professore Niccolò Pisani, dell’International Institute for Management Development (Imd), solo il 9% delle aziende occidentali ha disinvestito dalla Federazione russa.

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