Futuro

È in arrivo il vaccino contro l’HIV?

Il test preliminare condotto su 36 persone sane dall’Hôpitaux Universitaires Henri Mondor mostra «risultati promettenti». Ma l’efficacia su larga scala di CD40.HIVRI.Env è da dimostrare
Credit: Thirdman
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
28 febbraio 2023 Aggiornato alle 17:00

Sono risultati incoraggianti quelli presentati alla 30° edizione della Conference on Retroviruses and Opportunistic Infections che si è tenuta a Seattle, negli Stati Uniti. Un team di ricercatori francesi ha mostrato i risultati promettenti di un test preliminare “di fase 1”, condotto su 36 soggetti sani per valutare l’efficacia del vaccino CD40.HIVRI.Env contro il virus dell’Hiv: “Il candidato induce risposte immunitarie precoci forti e durature”, scrivono gli studiosi.

Nel 2021, ha spiegato il quotidiano francese Libération, l’Agenzia nazionale per la ricerca sulle malattie infettive (ANRS) cercava volontari per avviare la prima sperimentazione clinica di un candidato vaccino contro il virus dell’immunodeficienza umana, che attacca il sistema immunitario e provoca la sindrome da immunodeficienza acquisita, l’AIDS. Nel 2021 le persone che hanno scoperto di essere sieropositive - cioè che hanno contratto l’infezione da HIV -, sono state 5.000 in Francia. Nel mondo, 1,5 milioni.

Nonostante gli enormi progressi terapeutici, che consentono di vivere “adeguatamente” alla maggior parte dei pazienti che hanno accesso alle cure, e nonostante i metodi di prevenzione mai così numerosi e diversificati, l’epidemia è ancora in corso.

I risultati presentati due anni dopo dal team dei professori Yves Levy e Jean-Daniel Lelièvre dell’Hôpitaux Universitaires Henri Mondor, che ha condotto i test con il sostegno dell’ANRS, dell’Istituto Nazionale per la Salute e la Ricerca Medica (Inserm) e della Fondazione EuroVacc, si basano su un approccio innovativo e fanno ben sperare, anche se resta da dimostrare l’efficacia del vaccino in termini di protezione contro le infezioni in una sperimentazione su larga scala, nota come “fase 3”.

Questo vaccino, spiega ANRS, “è basato sull’iniezione di anticorpi monoclonali che mirano specificamente a un recettore, la molecola CD40, sulla superficie delle cellule dendritiche”: appartengono alla famiglia dei globuli bianchi e stimolano la risposta immunitaria dei linfociti B e T quando avvertono la presenza di un patogeno nell’organismo.

Risiede proprio qui il profondo interesse suscitato dal candidato francese: è la prima volta che un vaccino prende di mira direttamente queste cellule.

Come ha spiegato a Le Monde Jean-Daniel Lelièvre, capo del dipartimento di malattie infettive dell’Henri-Mondor, membro della commissione vaccinazioni dell’Alta Autorità per la Salute e co-autore dello studio, le cellule dendritiche sono le «cellule chiave della risposta immunitaria» e «svolgono un ruolo essenziale nell’educazione e nell’attivazione del sistema immunitario». Si tratta, ha detto Lelièvre, di «un cambio di paradigma».

L’obiettivo, nella fase 1, era quello di analizzare la tolleranza e l’immunogenicità di diverse dosi di vaccino CD40. Lo studio è stato condotto su 36 volontari sani, a maggioranza uomini (64%), con un’età media di 34 anni, reclutati in Francia e Svizzera nell’ottobre 2022. Hanno ricevuto ciascuno due dosi di vaccino e un richiamo: dopo l’ultima dose, i risultati alla 26° settimana, «incoraggianti ma molto preliminari», a detta del professore di immunologia clinica Lelièvre, hanno mostrato che il vaccino è stato ben tollerato “con frequenti eventi di reattività locale e sistemica di grado 1 o 2”, con due effetti collaterali gravi, non correlati alla vaccinazione.

Secondo il professore di immunologia clinica Yves Lévy, Direttore dell’Istituto di ricerca sui vaccini, «questi primi risultati di fase 1 sono promettenti».

Il vaccino denominato CD40.HIVRI.Env «ha dimostrato sia la sua sicurezza che la sua capacità di indurre risposte precoci, potenti e durature».

Tuttavia, ha aggiunto Lévy, «in questa fase iniziale dello sviluppo del vaccino, è importante ricordare che i volontari devono continuare a proteggersi da qualsiasi rischio di infezione da HIV, poiché l’efficacia del vaccino viene valutata solo nella fase II/III».

Dopo quarant’anni di lotta all’AIDS, che hanno restituito soluzioni utili al trattamento della malattia, ma non alla guarigione, si tratta ancora di notizie da prendere con cautela.

Leggi anche
Scoperte
di Eva Diamante 3 min lettura
Salute
di Chiara Manetti 5 min lettura