Economia

Piccola guida alla flat tax

Con la Legge di Bilancio, la “tassa piatta” viene estesa ai lavoratori autonomi e ai professionisti con un guadagno fino a 85.000 euro. Ma quant’è il divario rispetto ai dipendenti?
Credit: Freddie Collins
Tempo di lettura 3 min lettura
28 febbraio 2023 Aggiornato alle 11:15

La flat tax è la cosiddetta tassa piatta, che si contrappone al sistema fiscale progressivo presente in Italia, ponendo i lavoratori allo stesso livello dal punto di vista fiscale, tassandoli con la stessa aliquota.

In questo caso, si applica una percentuale fissa e uguale d’imposta indipendentemente dal guadagno della singola persona, eliminando così la suddivisione per fasce di reddito.

Quando si è cominciato a parlare di flat tax?

La tassa “piatta” al 15% venne introdotta per la prima volta dal Governo Renzi nel 2015, per i lavoratori autonomi con ricavi fino a 25.000 euro e per i lavoratori autonomi in servizio di alloggio o ristorazione fino a 50.000 euro.

Successivamente, nel 2019, il Governo Conte ha esteso la flat tax ai lavoratori autonomi con un guadagno fino a 65.000 euro. I beneficiari, intorno al 2020, erano circa 1 milione e 721.000; nel 2022, la flat tax ha raggiunto 2,1 milioni di lavoratori a partita Iva.

A chi conviene la flat tax?

La flat tax, in ogni caso, sembra essere particolarmente conveniente per i lavoratori autonomi che hanno spese relativamente basse, poiché i costi vengono detratti in base al tipo di attività e non sono previste detrazioni Irpef (Imposta sul reddito delle persone fisiche) per figli, contributi previdenziali facoltativi, spese mediche e altro.

I lavoratori che aderiscono alla flat tax non pagano le addizionali regionali e comunali sul reddito imponibile; in aggiunta, le fatture non possono essere scaricate.

Con la flat tax, l’aliquota contributiva è applicata al reddito che viene determinato in modo forfettario: ovvero, il reddito imponibile viene determinato forfettariamente in base a delle percentuali assegnate per legge a ogni attività economica.

Osservare il diverso trattamento fiscale aiuta a comprendere le differenze: a un lavoratore a partita Iva che aderisce alla flat tax, devono essere sottratti dai ricavi i costi forfettari previsti per la sua categoria, più alcune spese previdenziali a suo carico. Per un lavoratore dipendente, si parte dal costo all’azienda: successivamente vengono sottratti da questa somma i contributi previdenziali a carico dell’impresa stessa, i contributi previdenziali a suo carico, la cassa integrazione, l’aliquota media (a seconda della fascia di reddito) e le imposte regionali.

A parità di reddito, tra i 2 lavoratori c’è una distanza di circa 7.000 euro in più per il dipendente.

Quali sono i contro per il lavoratore autonomo?

Dunque, il lavoratore autonomo paga sicuramente meno tasse ma, oltre allincertezza del suo lavoro (che non ha una regolarità), non possiede tutte le tutele che hanno invece i dipendenti.

C’è poi un ultimo fattore da considerare: questo schema potrebbe spingere il lavoratore a rimanere entro la soglia degli 85.000 euro, non motivandolo a crescere. Con conseguenze negative per la produzione di ricchezza nazionale.

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Reddito
di Annalisa Sciamanna 4 min lettura