Russia: come sta reagendo l’economia alle sanzioni europee?
In tutto sono 10 le sanzioni contro la Russia da parte dell’Europa, l’ultima arrivata il 24 febbraio. Proprio a causa delle restrizioni petrolifere imposte, il Paese sembra perdere 300 milioni di euro al giorno: di conseguenza, si trova costretto ad attingere alle riserve del Fondo di Prosperità Nazionale, che è sceso di 27 miliardi in un anno.
Nonostante la recessione annunciata dal Fondo Monetario Internazionale (Fmi), il calo del Pil è del -2,2%, quindi ancora relativamente modesto.
La resistenza sembra arrivare dalle piccole imprese, che stanno tentando di restituire valore ai prodotti di origine russa (il vino estero viene pian piano sostituito con il vino originario delle terre locali).
In aggiunta, i prezzi elevati delle materie prime e l’indirizzamento dei flussi di petrolio verso India e Cina hanno bilanciato la perdita delle esportazioni verso l’Ue. Le difficoltà hanno permesso la creazione di nuovi rapporti e collegamenti con altri Paesi che, nonostante siano relazioni più complesse, meno economiche e più lente, in qualche modo contribuiscono a non far crollare l’economia: per esempio, la Russia sta puntando molto sui legami con il Kazakistan, l’Iran e la Turchia. Ma i cambiamenti sono evidenti e i tempi lunghi per ottenere i rifornimenti cominciano a farsi sentire.
Alcune industrie mancano di forniture: le più colpite sono quelle automobilistiche, aeronautiche, farmaceutiche e alimentari. In quest’ultimo caso, non vengono più acquistati determinati alimenti dall’Ue e il rifornimento da altri Stati prevedono condizioni e tempi differenti. L’acquisto di prodotti dalla Cina, per esempio, non è conveniente in alcun termine: i prezzi sono aumentati dal 25% al 70%, mentre l’attesa tra un rifornimento e l’altro arriva fino a 10 mesi di tempo. Inoltre, alcuni prodotti specifici devono essere acquistati velocemente per paura che possano finire, in particolare i farmaci.
Qualcosa si sta muovendo anche nel settore automobilistico, dove le marche cinesi ora occupano il 60% del mercato contro il 10% delle europee.
Tuttavia, la Russia cerca di sostituire dove può i legami con l’Occidente. Alcune imprese straniere hanno chiuso, altre sono state ripensate secondo il modello russo, come Ikea (l’azienda ha chiuso e verrà sostituita da un marchio bielorusso) e McDonald’s (la catena è stata ribattezzata Vkusno & tochka).