Cancelliamo i 23 febbraio dal calendario?

Era il 23 febbraio 2020 quando il dottor Enrico Bombana, infettivologo dell’ospedale Papa Giovanni di Bergamo, ricevette un fax dal San Matteo di Pavia. C’era scritto il risultato del primo tampone eseguito su uno dei suoi pazienti. Diceva: “positivo”.
Seguirono altri tamponi di altri pazienti ricoverati nella struttura lombarda. Seguirono altri “positivo”. Seguirono tantissimi punti di domanda che ancora oggi se ci pensiamo, perché? E tra i perché - decine - un perché tra gli altri: perché la medicina definisce positiva una cosa brutta? E ci mette in testa una confusione che neanche 10 anni di analisi riescono a trasformare un risultato positivo, in qualcosa di negativo. E viceversa. Ma perché essere positivi agli esami deve significare che per forza si soffrirà?
Comunque, di quei positivi del 23 febbraio 2020 ne seguiranno altri, e altri ancora. Saranno talmente tanti che obbligheranno i Governi di tutto il mondo a chiuderci in casa, limitare le nostre libertà e ad affrontare prigionieri una lenta ricerca scientifica che oggi ci ha portato oggi a considerare il Covid quasi un’influenza. Ma ne siamo rimasti profondamente feriti, i ragazzi per primi. E chi non è stato ferito, è mancato.
Solo in Italia abbiamo perso 188.000 anime. Nel mondo 6,87 milioni di persone. Un numero paragonabile solo all’Olocausto.

Ma con il Covid non abbiamo perso soltanto i nostri cari. Abbiamo perso la certezza che un ospedale ci avrebbe sempre accolto, e che la scienza avrebbe risolto tutti i nostri problemi. Abbiamo anche capito che la politica è un potere impotente, che durante le emergenze non ha velocità di reazione (se non per le commesse milionarie). Diciamolo: i grandi politici del globo, durante il Covid ci hanno disarmato per la loro incompetenza. Siamo rimasti senza parole e senza forze. Abbiamo resistito ma ci ha fatto male.
E poi, esattamente 2 anni dopo - noi ancora alle prese con i vaccini secondo terzo e quarto - nella notte tra il 23 e il 24 febbraio, Putin decide di rompere ulteriormente le nostre piccole solide convinzioni di boomer e zoomer. La certezza che la Guerra Fredda fosse roba da libri di storia: l’asse Europa Usa si rinsalda, ed eccoci proiettati dentro un incubo 10 volte peggiore. Che non è la disoccidentalizzazione del mondo - come ha appena scritto l’ex diplomatico Michel Duclos - ma il riassetto verso un nuovo equilibrio, che non prevedrà il ripristino del dominio occidentale. Perché “il Sud del mondo” si è astenuto dalle dichiarazioni Onu: la maggioranza dei Paesi africani dell’America Latina e del Medio Oriente non ha partecipato alle sanzioni Occidentali. In Senegal come in Marocco cosi come da Abu Dhabi a Delhi e Dakar, il conflitto ucraino viene considerato un conflitto “europeo” tra europei. Non solo, è considerato, al momento, un modo per arricchirsi e un po’ vendicarsi.

E poi abbiamo perso un’altra enorme certezza: pensavamo che il mezzo principe per fare la guerra fosse la non guerra. E invece eccoci, ora, a pensare al nucleare, immersi in una diaspora ucraina (anche un po’ russa) che ha costretto milioni di persone a lasciare casa. E altri milioni ad armarsi. E a cercare, su internet “cosa fare in caso di guerra nucleare”. Un pezzo che abbiamo scritto quasi per caso, e che invece è stato tra i più letti, sul nostro quotidiano, nel 2022.
Se nella Pandemia la politica ha faticato a rispondere al problema, nel 2022, con la guerra, la politica è diventato IL problema.