Economia

Assistenza domiciliare, quanto ci costi?

Troppo per il 59% delle famiglie italiane, secondo un’indagine Censis. Ma il Pnrr potrebbe venire in soccorso, attraverso tre provvedimenti ora all’esame del Parlamento
Credit: Ave Calvar Martinez
Tempo di lettura 4 min lettura
1 marzo 2023 Aggiornato alle 09:00

In un Paese caratterizzato dal calo delle nascite e dal parallelo invecchiamento della popolazione, ma anche dalla crescente diffusione di malattie croniche, il bisogno di assistenza domiciliare non accenna di certo a diminuire.

Ad oggi, il 23,7% della popolazione italiana ha più di 65 anni. Nel 2040, questa fascia d’età arriverà a rappresentare ben il 33% dei residenti, contro l’11% dei minori di 15 anni.

È necessario e urgente, perciò, adottare strumenti di sostegno alle famiglie che si trovano a dover fronteggiare costi sempre crescenti legati all’assistenza dei propri familiari anziani e non autosufficienti.

Ciò che emerge dalla recente indagine condotta dal Censis su un campione di 1.122 famiglie associate a Assindatcolf (Associazione nazionale dei datori di lavoro domestico) è allarmante: i costi di cura domiciliare sono ritenuti insostenibili o parzialmente tali per il 59% dei nuclei interpellati.

Il 50% degli intervistati afferma di spendere ogni mese più di 1.100 euro per pagare una badante ai propri familiari, specialmente se non autosufficienti o con disabilità gravi, mentre il 30% delle famiglie, soprattutto con minori sotto i 6 anni, dichiara di affrontare una spesa compresa tra i 400 e i 750 euro mensili; leggermente inferiore è la spesa sostenuta per le colf, che si aggira intorno ai 400 euro.

L’inflazione ha determinato, a partire da gennaio, un aumento del minimo retributivo del 9,2% rispetto a un anno fa, e dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro per l’8,1% (passando da 1,06 euro a 1,15 euro all’ora, in caso si superino le 24 ore di lavoro settimanali), per tutte le figure professionali che operano nel campo dell’assistenza domiciliare (colf, babysitter e badanti).

Non manca, inoltre, un incremento dell’11,5% dell’indennità di vitto e alloggio in caso di collaboratori conviventi.

Tutto ciò si aggiunge alle già evidenti difficoltà legate al carovita, che portano una famiglia su due a ridurre le spese non essenziali, e a fare ricorso ai risparmi per finanziare la cura della propria salute.

Ma il Pnrr potrebbe venire in soccorso di milioni di famiglie italiane, attraverso tre provvedimenti attualmente all’esame del Parlamento, mirati a modificare il corrente sistema di welfare: il Family Act, il Piano nazionale per la lotta al lavoro sommerso e il disegno di legge delega sulle politiche in favore delle persone anziane.

L’obiettivo del Family act, che dovrà essere attuato con decreto del Governo da approvare entro aprile 2024, è favorire la lotta al lavoro domestico in nero (che include un quarto del totale del lavoro sommerso nel nostro Paese: ben 780.000 lavoratori) attraverso la corresponsione di somme di denaro o di bonus fiscali alle famiglie che assumono assistenti familiari con regolare contratto, a contributo della loro spesa assistenziale.

Invece, il Piano nazionale per la lotta al lavoro sommerso, adottato dal Governo alla fine del 2022 e che dovrebbe trovare applicazione entro il primo trimestre del 2024, prevede l’introduzione di vincoli per l’erogazione dell’indennità di accompagnamento, e di un incentivo economico proporzionale all’Isee, idoneo a coprire parte della spesa sostenuta per l’assistenza familiare.

Infine, il disegno di legge delega sulle politiche in favore delle persone anziane propone di sostituire l’attuale indennità di accompagnamento con un incentivo monetario o con servizi commisurati al bisogno assistenziale, oltre a rideterminare le agevolazioni contributive e fiscali con il fine di incentivare l’assunzione dei lavoratori domestici.

Inoltre, trattandosi di un’attività svolta per lo più da donne, sostenere l’assistenza familiare significa incrementare il tasso di occupazione femminile che, come spiegato dal direttore generale del Censis Valerii, in Italia supera di poco il 55%, in netto contrasto con i dati di Paesi come la Svezia e la Germania (rispettivamente 81% e 75%).

Il potenziamento dell’assistenza domiciliare, attraverso l’introduzione di adeguate misure, riuscirebbe così nel duplice scopo di sostenere le famiglie nella gestione della non autosufficienza, al contempo contribuendo a sollevare l’economia dalla piaga del lavoro irregolare.

I buoni propositi ci sono, l’urgenza di trovare una soluzione anche: rimaniamo solo in attesa di capire i tempi di attuazione del Parlamento.

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