Storie

Chi era (e cosa ci lascia) Saman Abbas

Il suo corpo è stato ritrovato nel novembre 2022, più di un anno dopo la sua scomparsa. A processo i familiari, accusati di averla uccisa per aver rifiutato un matrimonio combinato. Qual è la sua storia?
Credit: Nicola Fioravanti
Alessia Ferri
Alessia Ferri giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
24 febbraio 2023 Aggiornato alle 20:00

Il 10 febbraio è iniziato, alla Corte d’Assise Reggio Emilia, il processo per l’uccisione di Saman Abbas, la diciottenne pakistana scomparsa il 30 aprile 2021 a Novellara e ritrovata morta il 19 novembre 2022 nello stesso luogo.

Sul banco degli imputati, il padre Shabbar Abbad, la madre Nazia Shaheen, lo zio Danish Hasnain e i cugini Ikram Ijaz e Nomanhulaq Nomanhulaq, che l’avrebbero uccisa dopo il suo rifiuto a un matrimonio combinato.

Questa la tesi dell’accusa, in un processo che nonostante le dichiarazioni del fratello minore della vittima, che individua nello zio e nei cugini gli assassini e nei genitori i mandanti, si preannuncia lungo e non certo semplice.

Ma in attesa di sapere quali saranno gli sviluppi giudiziari, facciamo un passo indietro e cerchiamo di ricostruire la vicenda. Chi era Saman Abbas?

Saman era un’adolescente come tante. Spensierata, allegra, bella, e come ogni ragazza della sua età aveva sogni, ambizioni e tanta energia proiettata verso il futuro. Le foto che postava sui social - e che sono state diffuse talmente tante volte da diventare ormai familiari - la ritraevano con un sorriso smagliante e gli occhi entusiasti, incupiti però da un dolore non trascurabile: quello di vivere in una famiglia che voleva per lei un destino già prestabilito.

Le ragazze pakistane non possono avere grilli per la testa, non devono studiare e men che meno ambire all’indipendenza economica o a una carriera. Devono solo sposarsi, e così avrebbe dovuto fare anche Saman, promessa sposa di un cugino pakistano molto più vecchio di lei e mai visto prima. Un matrimonio combinato nel Paese che, insieme alla famiglia, aveva lasciato nel 2016 e al quale, la famiglia stessa, avrebbe voluto rispedirla, soffocando sul nascere la sua voglia di libertà. Portava i jeans, le magliette corte, si truccava, rifiutava il velo islamico e aveva un fidanzato scelto da lei.

Nell’autunno 2020, quando era ancora minorenne, era stata allontanata da casa dai servizi sociali, dopo aver denunciato i genitori che volevano costringerla a sposarsi. Affidata per un breve periodo a una struttura protetta nel bolognese, l’11 aprile 2021 era tornata a casa per recuperare il passaporto che le sarebbe servito per fuggire. Era rimasta lì alcuni giorni, convinta dalla madre che le acque si fossero calmate, ma dopo poco si sono perse le tracce della ragazza.

È stato il suo fidanzato, Saqib Ayub, a denunciarne la scomparsa, raccontando ai carabinieri di aver ricevuto un suo messaggio vocale intorno alle 23:30 del 30 aprile 2021, in cui diceva di avere timore per la propria vita, di aver sentito i genitori parlare di un piano per ucciderla e di avvisare le forze dell’ordine se non l’avesse risentita entro 48 ore.

Quando i carabinieri hanno bussato alla porta di quel casolare di Novellara, però, era ormai troppo tardi: Saman era morta e i genitori fuggiti in Pakistan, parlando di un allontanamento volontario. Una storia che ha retto poco, visto che il 7 giugno loro e altri familiari sono stati iscritti nel registro degli indagati per omicidio in concorso e occultamento di cadavere.

A far scattare le accuse 2 filmati: nel primo, datato 29 aprile 2021, si vedono 3 persone incappucciate camminare poco dopo le 19:30 verso l’azienda agricola dove lavorava il padre di Saman, con un secchio, una pala e un piede di porco; il secondo, del giorno seguente, mostra i genitori della ragazza dirigersi nella stessa direzione con lei e tornare senza. Per gli investigatori, quei frammenti immortalarono gli attimi prima della preparazione della buca nella quale sarebbe stata sepolta e quelli prima della sua uccisione. Il cadavere di Saman Abbas è stato cercato ovunque e alla fine ritrovato a meno di un chilometro di distanza dalla casa della famiglia.

Alla prima udienza del processo erano presenti lo zio e i cugini. Assenti la madre, ancora latitante, e il padre, arrestato lo scorso novembre in Pakistan. Nonostante a settembre l’allora ministra della Giustizia Marta Cartabia avesse firmato le domande di estradizione per lui e la moglie, le autorità del Paese continuano a far slittare la decisione, al punto da spingere il ministro in carica Carlo Nordio a chiedere la partecipazione dell’uomo alle udienze in videoconferenza.

Il nome di Saman Abbas allunga la lista dei femminicidi che in Italia ogni anno raggiunge numeri sempre più spaventosi. E ci parla di tante cose: di una ragazza che voleva solo vivere, di genitori che preferiscono far ammazzare una figlia piuttosto che vedersi macchiati dal disonore della disobbedienza e di una cultura patriarcale che schiaccia, fino a uccidere, chi ambisce alla libertà.

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