Diritti

Abbiamo perso il senso del tempo per noi

Tutto, nella nostra vita, deve essere ordinatamente programmato, inserito in un foglio digitale e integrato in un codice. Così da essere tracciabile, ma più di tutto prevedibile. Perché?
Credit: DS stories
Tempo di lettura 6 min lettura
22 febbraio 2023 Aggiornato alle 06:30

È ora di pranzo, perciò entro da Planet Organic, dove sono sicura di poter mangiare una pie vegana senza spendere cifre astronomiche.

A Londra c’è il sole, la pie è stata appena sfornata e cerco qualcosa da berci insieme. Un succo di mango e ananas forse? Vedo che è in sconto. Mi accovaccio per prenderlo e mi blocco. Sull’etichetta, troneggia la scritta “For better focus”, per una concentrazione migliore. Sotto, il cartellino dell’offerta recita : bevanda nootropica naturale per una migliore concentrazione e produttività. Produttività. Bisogna pensare alla produttività pure all’ora di pranzo?

Si deve già programmare perché la mente la sia orientata al lavoro quando invece dovrebbe essere in completo stand by?

Ebbene, anche io dovrei essere in stand by. In ferie. Ma faccio un lavoro che non conosce orari, giorni o ore.

Anche ieri, stavo cercando di staccarmi dal lavoro, ma questo è entrato di prepotenza nella mia giornata, senza bussare, senza che la persona dall’altra parte di whatsapp mi chiedesse se fosse un buon momento, se potesse disturbare, figurarsi chiedere un appuntamento. Mi ha gettato un problema addosso nonostante avessi preventivato una pausa e l’avessi apertamente avvisata.

Avevo programmato un’interruzione delle trasmissioni, ma questo è l’unico programma non accettato, non più.

Invece, tutto il resto deve essere organizzato, al centimetro. Altrimenti, chi si ferma è perduto. Le ferie non sono utili, nel senso che non restituiscono produzione e consumo, al massimo solo consumo. E questo, ormai, non è più abbastanza.

Prendiamo il Bristish Museum. Ci sono sempre entrata senza troppi problemi, per andare a guardare la stele di Rosetta, trovata dai Francesi durante la Campagna d’Egitto e poi contesa e ceduta agli Inglesi, ennesimo furto coloniale che dal 1802 sosta nel museo britannico.

Ebbene, entravo e la fissavo. Ora, in questo 2023 non posso. Perché l’ingresso va prenotato e non ci sono posti liberi fino alla fine di febbraio. A un museo nazionale gratuito. Perché? Perché tutto deve essere ordinatamente programmato, inserito in un foglio digitale e integrato in un codice. Così da essere tracciabile, ma più di tutto prevedibile.

Dobbiamo essere programmati a essere calcolabili, ci avvisa Zuboff, filosofa e professoressa di Harvard, esperta in capitalismo digitale. Perché più i nostri comportamenti sono orientabili e organizzabili maggiore è il profitto che ne si può estrarre. Perciò, si programma tutto.

In viaggio, per capirci, ci sono solo cose da vedere, da fare e fotografare per riempire una giornata. Ho visto fogli Excel di amici entusiasti di partire così fittamente compilati da dare l’idea che le giornate avessero 36 ore. Una volta, un anno fa, un’amica mi ha mostrato un programma di viaggio in cui aveva segnato anche le ore di sonno che avrebbe avuto a disposizione. Tempo ottimizzato al minuto, pause contenute per non ridurre i volumi di accumulo, il riposo pianificato per essere perfettamente funzionale al tempo della veglia.

La velocità è il prodotto immediato del poco tempo a disposizione e del sistema orientato a spremere più denaro possibile dalle nostre tasche.

Viviamo per lavorare - produrre - e siamo premiati con piccole pause.

Osservo il drink, quindi, con questo misto di paura e indignazione. Un succo di mango non può nemmeno essere più un semplice succo di mango. Deve essere uno stimolo, foss’anche placebo. Deve avere un senso iper razionale perché l’acquisto sia legittimo, perché rientri nell’economia della vita per il lavoro.

Mi correggo, della vita per il guadagno. Se il succo è adatto alla produzione allora non solo è accettabile, ma anche importante. Ecco perché, senza sconto, può costare quasi cinque sterline. Ha una validità determinato dalla sua promessa di incrementare la capacità dell’acquirente di essere punto di estrazione di valore aggiuntivo.

Un succo per produrre, un foglio Excel per viaggiare, una vita calendarizzata per riuscire a spremere tutto il possibile da quella manciata di giorni liberi che si chiamano ferie.

Per assicurarsi di entrare in un luogo per cui nemmeno si paga l’ingresso. Una procedura che è accentuata per gradi, in silenzio e con profondo raziocinio.

Il contingentamento da Covid ha dato alle imprese e agli istituti che gestiscono i luoghi nuovi modi di ottimizzare, quindi rendere più efficienti, i flussi.

Così facendo si possono distribuire e stabilizzare gli ingressi, con annessi guadagni, diretti o indiretti, evitando di avere giorni in cui ci sono poche persone.

I negozi avranno perciò più constanza nei guadagni, una distribuzione uniforme e non picchi di presenza e assenza.

Quei giorni magnifici con orari ad affluenza pressoché nulla in cui si può guardare un quadro senza litigarsi il punto di osservazione con una folla armata di smartphone pronti a collezionare il ricordo, sono perduti.

Il silenzio nei musei non rende denaro.

Ci muoviamo con coerenza e ritmi davvero sempre meno umani, seguendo un’illusione di razionalità che, in verità, è solo una distorsione della logica, è il pensiero del capitale, per cui qualcosa ha senso se, e solo se, ne si massimizza il potenziale produttivo. Ci ritroviamo quindi più che razionali, standardizzati, per essere efficaciemente presenti al momento giusto. Che questo vada contro ogni logica poco importa, la determinazione di giusto e sbagliato, di sensato e insensato, sono state subordinate da un sistema materiale che si nutre delle nostre vite.

Lascio perdere il succo.

Acquisto un ginger beer, spengo il telefono e apro un libro. Ci posso entrare a piacimento, senza che il codice dell’e -reader integri i miei parametri di lettura per vedermi più prodotti.

Senza che nessuna scritta che si autoaggiorna a piè di pagina mi dica che mancano due ore alla fine del libro. Senza che nessuno sappia cosa sto leggendo quando e per quanto tempo.

Senza che la pausa per il pranzo venga divisa tra i minuti di lettura necessari a finire il capitolo e il tempo che serve a consumare il pasto.

Senza guardare l’ora, senza ricevere notifiche e bevendo qualcosa solo perché ne ho voglia.

Grazie ai libri - non tutti sfortunatamente - c’è ancora via di fuga.

Forse.

Leggi anche
Oggi le città italiane aderiscono all'iniziativa M'illumino di meno 2022, spegnendo le luci dei monumenti.
Energia
di Riccardo Liguori 4 min lettura