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Quali sono le città migliori dove fare smart working?

Lavorare “da casa” non è uguale ovunque: alcuni luoghi sono meglio di altri, per qualità e costo della vita, clima e sicurezza. Per trovare il posto perfetto, bisogna andare nell’altro emisfero
Credit: Anna Shvets

Smart working sì o no? Per tutti o solo per alcuni? Ma è davvero smart o è semplice lavoro da remoto? Quanto costa?

Quando parliamo di smart working, le domande sono tantissime. Spesso, però, ne manca una all’appello: dove farlo? La risposta, infatti, potrebbe sembrare banale: dove vuoi. Eppure, lavorare da remoto non è uguale ovunque, a Roma o in Australia, a Voghera o a Reykjavik.

Anche in Italia, poi, sappiamo bene che le differenze tra Nord e Sud sono profonde, così come spesso sono radicali le distanze (non solo geografiche) che separano le grandi città dalla provincia o dai piccoli borghi.

Non solo: se da una parte alcune destinazioni sono prevedibili, dall’altra molte risposte alla domanda “Quali sono i luoghi migliori per fare smart working?” sono sorprendenti. Non ci credi?

Le migliori città dove fare smart working all’estero

Quando si tratta di lavorare viaggiando, più che di smart working si parla di “workation”, un ibrido tra “work” e “vacation”, che permette ad alcuni fortunati di lavorare da remoto dai 4 angoli del globo. Angoli che, però, non sono tutti uguali.

La piattaforma di apprendimento digitale Preply ha stilato il Workation Index, confrontando 75 città in tutto il mondo per individuare le destinazioni più adatte sulla base di 10 fattori, suddivisi in 3 categorie: qualità della vita, clima e ambiente, costi e sicurezza.

Tra questi ci sono la conoscenza della lingua inglese, la temperatura (sapevi che secondo la scienza l’ideale è lavorare con 22 gradi Celsius?), il costo medio dell’affitto (e la disponibilità degli alloggi) e lo stato dei diritti umani, che vedono in testa le città europee e la capitale della Nuova Zelanda, Auckland.

I dati raccolti sono stati elaborati per assegnare a ogni città un punteggio e individuare la top 10 delle migliori destinazioni per “lavorare in vacanza”. Se ti aspetti i soliti luoghi, preparati per delle mete inaspettate.

Al primo posto si piazza l’australiana Brisbane, seguita dalla capitale portoghese Lisbona e - piccola sorpresa - dalla cipriota Nicosia. Appena fuori dal podio Taipei (Taiwan), seguita da Ljubljana (Slovenia), Helsinki (Finlandia), Vienna (Austria), Auckland (Nuova Zelanda) e Ottawa (Canada).

Chiude la top 10 Reykjavik, ma tra le prime 20 troviamo anche Talllin (11), Vilnius (16) e Lussemburgo (18). Per trovare la prima italiana dobbiamo scendere al 43° posto, dove Roma batte Milano (solo 50°).

Le migliori città dove fare smart working in Italia

Roma e Milano, però, secondo Esquire non sarebbero i luoghi migliori dove fare smart working nel nostro Paese. La classifica stilata dal magazine maschile, infatti, vede il capoluogo lombardo in nona posizione, mentre la Città Eterna chiude la classifica al decimo posto.

I parametri utilizzati per stilare l’elenco delle 10 città italiane migliori per lo smart working si sovrappongono al Workation Index per quanto riguarda il costo della vita (che in questo caso, però, non è limitato solo al prezzo degli affitti), ma non includono alcuni aspetti come clima e diritti umani, inserendo invece nuovi criteri: il costo della vita, l’intrattenimento e gli eventi culturali, poi la sicurezza e la velocità delle reti internet.

Se la prima classificata, Bologna, potrebbe non essere inaspettata, la seconda lo è certamente di più: avresti mai detto che a un passo dal primo gradino sul podio ci sarebbe stata Bari?

Seguono Genova e Firenze, mentre in quinta posizione troviamo Cagliari. Dal sesto posto del profondo nord di Trento, invece, passiamo al profondo sud di Palermo, seguita da Padova e, come abbiamo visto, Milano e Roma in coda.

I nomadi digitali s’innamorano della città dell’amore

Fuori classifica - e inaspettata per chi conosce quanto sui generis sia la vita tra i suoi canali - Venezia è una delle città che sta facendo innamorare i nomadi digitali. Venywhere, progetto dell’Università Ca’ Foscari e della Fondazione di Venezia, sta riuscendo nell’intento di attirare giovani workationers da tutto il mondo per tamponare l’emorragia di abitanti.

«C’è stato un forte declino della popolazione, ma l’altro aspetto è l’età di coloro che sono rimasti. C’è un grande divario tra i gruppi demografici dai 25 ai 35 anni - ha spiegato al Guardian Massimo Warglien, Professore alla Ca’ Foscari - L’obiettivo è attrarre nuovi cittadini qualificati per aiutare a cambiare la dinamica demografica e le competenze della città, immaginando allo stesso tempo Venezia come un laboratorio per esplorare nuovi modi di lavorare».

Il processo di candidatura è molto semplice: basta dimostrare di poter lavorare da remoto ed essere disposto a vivere a Venezia per almeno 3 mesi. In cambio di una piccola tassa una tantum, il team fornisce una serie di servizi come l’assistenza nella ricerca di un appartamento e nell’affrontare i requisiti del visto, oltre all’organizzazione di eventi per aiutare i nuovi arrivati a integrarsi.

Centinaia di candidati hanno risposto all’appello da quando il progetto è stato lanciato lo scorso marzo e Venezia ha già accolto decine di nomadi digitali, tra cui un gruppo di 16 dipendenti della società tecnologica Cisco, che sta collaborando con Venywhere nel suo studio riguardo il lavoro ibrido. Al momento ci sono 35 nomadi digitali provenienti da tutto il mondo che vivono a Venezia grazie al progetto.

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