Diritti

Badiucao, il Banksy cinese che fa tremare le Olimpiadi

A pochi giorni dai Giochi invernali, i video di Human Rights Watch con le animazioni dell’artista dissidente puntano il dito contro censura e violazioni dei diritti umani tra gli atleti. A Brescia una rassegna per conoscere il fumettista politico
Un'opera dell'artista cinese Badiucao,
Un'opera dell'artista cinese Badiucao,
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30 gennaio 2022 Aggiornato alle 15:00

«Comitato Olimpico Internazionale, di cosa hai paura? Permetti agli atleti di parlare della violazione dei diritti umani da parte del governo cinese» È così che si legge su una delle animazioni realizzate da Badiucao, artista cinese contro la dittatura di Xi Jinping, sui canali di Human Rights Watch, l’organizzazione non governativa internazionale che si occupa della difesa dei diritti umani. Una serie di illustrazioni interattive condivise su Twitter e seguite da tre hashtag: Crimini contro l’umanità, Beijing 2022 e Cina. La penna di Badiucao è senza filtri contro il suo governo (l’artista cinese è attualmente in esilio in Australia) per accendere i riflettori sui diritti umani violati degli atleti connazionali.

«Il pessimo record dei diritti umani del governo cinese non è cambiato molto dall’ultima volta che i giochi si sono svolti nel 2008. In effetti, è peggiorato», si legge sulla didascalia di un’altra animazione in cui uno stadio bello e appariscente nasconde la violenza della polizia nel 2008 come nel 2022.

Con l’avvicinarsi dell’inizio dei Giochi olimpici invernali in programma dal 4 febbraio in Cina, la serie di video di Human Rights Watch con Badiucao mira a far luce sulla censura del governo cinese riguardo le violazioni dei diritti umani tra gli atleti. Tra le ultime notizie che arrivano dalla Cina, quella di un’app che tutti gli atleti dovranno scaricare, e che oltre ai dati sanitari, potrà avere accesso a tutte le attività sugli smartphone degli sportivi, violando le norme della privacy.

Al centro delle critiche di Badiucao, e non solo, la detenzione di almeno 1 milione di Uiguri e altre minoranze di lingua turca, principalmente musulmani, nei campi dello Xinjiang, la repressione dei manifestanti pro-democrazia a Hong-Kong, o il caso della tennista cinese Peng Shuai, scomparsa dalla scena pubblica dopo un post pubblicato sui social, e prontamente rimosso, dove denunciava le aggressioni sessuali subite da Zhang Gaoli, vice premier del governo cinese.

Non è un caso che Human Rights Watch abbia scelto proprio Badiucao per parlare del tema: le opere del Banksy cinese parlano di diritti umani violati, della censura inflitta ai cittadini cinesi sul tema Covid-19, dalla repressione del dissenso in Myanmar durante il colpo di stato militare del 2021 al tema dell’assimilazione culturale forzata degli Uiguri, fino al dettagliato racconto in chiave artistica delle proteste di Hong Kong.

Alcuni dei suoi lavori sono esposti per la prima volta in Italia al Museo di Santa Giulia di Brescia fino al 13 febbraio nella mostra “La Cina non è vicina. BADIUCAO - opere di un artista dissidente”. Persino l’evento culturale ha scatenato un piccolo caso diplomatico, questa volta tra Cina e Italia: prima dell’apertura al pubblico, la rappresentanza cinese nel nostro Paese aveva inviato una lettera a palazzo Loggia indirizzata al sindaco di Brescia Emilio Del Bono per chiedere di annullare l’appuntamento espositivo in programma dal 13 novembre. Richiesta rimandata al mittente, nessuna censura qui.

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