Ambiente

Auto elettriche, abbiamo un problema

Le nuove Ue, con il divieto di nuove immatricolazioni a diesel o benzina dal 2035, spingono a una riflessione sulla mobilità del futuro. In Italia aumentano le colonnine e la voglia di acquisto, ma non basta
Credit: EPA/NARONG SANGNAK
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17 febbraio 2023 Aggiornato alle 15:00

Nell’Europa che nel 2035 vieterà le nuove immatricolazioni di auto a diesel e benzina, come è messa l’Italia delle vetture elettriche?

Male, verrebbe da dire.

Perché se in tutto il Vecchio Continente il mercato dell’elettrico sta crescendo da noi invece va a rilento.

L’Italia lo scorso anno è infatti stato l’unico a registrare un calo delle immatricolazioni di auto a batteria (-26,9%) e una contrazione della quota di mercato dal 7% al 4,3%.

Colpa delle poche colonnine? Non proprio: nell’ultimo rapporto Motus--E si parla di grande crescita delle infrastrutture di ricarica, con oltre 10.000 nuove colonnine, per un totale di quasi 37.000 punti di ricarica a inizio anno.

A fronte di ogni 100 auto elettriche circolanti lungo lo Stivale, ci sono circa 21,5 infrastrutture pubbliche per la e-mobility. Inoltre si parla di 700 milioni di euro del Pnrr destinati all’installazione di più di 21.000 stazioni ad alta potenza.

Dati positivi, anche se va ricordato che la Penisola resta divisa in due: il 58% delle colonnine è nel Nord Italia e il restante tra Centro e Sud del Paese. E allora perché non le compriamo?

Parte della risposta è ovvia: nel nostro Paese i prezzi - soprattutto se proporzionati al reddito - appaiono ancora troppo alti.

Inoltre, a spaventare sono contesti geopolitici come quelli relativi alla guerra fra Russia e Ucraina e la conseguente crisi energetica, così come le ripercussioni di quella climatica. Nonostante ciò secondo il Global automotive consumer study 2023 circa il 78% degli italiani - anche visti i costi attuali dei carburanti - vorrebbe già dire addio a diesel e benzina per passare a un auto elettrica, una percentuale ben più elevata rispetto per esempio alla vicina Germania (49%).

In Europa il mercato dell’elettrico rappresenta oggi ormai il 12,1% delle vendite di auto nuove (nel 2019 eravamo solo all’1,9%) e la cifra continua a crescere in tutti i Paesi tranne, appunto, in Italia.

Se fatichiamo a credere nella transizione elettrica in Italia è soprattutto per via dell’accessibilità: difficilmente si trovano da noi veicoli full electric sotto i 21.000 euro di listino (da noi un’auto nuova costa in media 26.000) e i modelli elettrici più noti ed “economici” sono comunque intorno ai 25.000 euro sfruttando incentivi vari o rottamazioni.

Se si guardano le classifiche delle auto economiche a diesel o benzina più vendute in Italia nel 2022, i costi rispetto ai modelli elettrici sono quasi dimezzati anche se le ormai vecchie vetture a carburante fossile non sono un buon investimento per il futuro, vista la strada della transizione energetica e della nuova mobilità tracciata dall’Europa.

Parte del fatto che i costi sono così elevati è spesso legato anche al mercato delle materie prime, come a esempio quelle per le batterie.

Secondo alcuni analisti del New York Times però presto - anche se il riferimento è al mercato americano - si arriverà al pareggio fra costi delle auto elettriche e di quelle a motore a combustione.

Il Nyt ricorda infatti che negli Stati Uniti il prezzo di una vettura elettrica è sceso del 17% in appena sei mesi, così come sono calati i i costi del litio e del cobalto, metalli utili per le batterie: se continuerà questa tendenza stima dunque che fra 3-5 anni il prezzo delle elettriche sarà più o meno pari ai modelli a benzina.

A contribuire a un ulteriore livellamento potrebbe presto essere anche l’aumento della concorrenza così come lo sviluppo di più incentivi. La ricetta statunitense a esempio prevede maggiori finanziamenti pubblici e la costruzione di nuove fabbriche: scelte che potrebbero dare ulteriore slancio al settore.

In questo, anche l’Europa potrebbe presto vedere crescere la concorrenza, anche se viene da lontano: grandi produttori cinesi, come Byd, stanno infatti valutando di aprire fabbriche proprio nel Vecchio Continente.

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