Economia

La certificazione della parità di genere può contrastare l’inverno demografico?

Pensata per favorire l’accesso delle donne al mondo del lavoro e al tempo stesso incrementare la natalità, è rilasciata a tutte le aziende che dimostrano di operare concretamente rispettando la parità di genere
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19 febbraio 2023 Aggiornato alle 11:00

L’Italia sta andando incontro a un vero e proprio inverno demografico: aumenta l’indice di vecchiaia e diminuiscono le nascite. Secondo l’Istat, nel 2050 nel nostro Paese ci saranno 5 milioni di abitanti in meno rispetto a oggi.

Uno degli strumenti che possono essere utilizzati per rallentare questo fenomeno è la certificazione della parità di genere, che ha come obiettivo quello di favorire e migliorare le possibilità per le donne di accedere al mercato del lavoro. Attualmente, infatti, l’occupazione femminile interna è al di sotto del 50%, una percentuale che fa dell’Italia il Paese europeo con il tasso più basso, insieme alla Grecia.

Si è discusso di questo all’evento digitale Certificazione della parità di genere. Che cos’è, i vantaggi per le aziende e l’iter da seguire per conseguirla, organizzato da 24 Ore Eventi per Unioncamere, in collaborazione con Il Sole 24 Ore.

Questa certificazione è uno degli obiettivi principali del Pnrr che, secondo il Governo, verrà raggiunto senza ritardi e punta ad attuare un cambiamento a partire dalle donne, come ha dichiarato la Ministra per le pari opportunità e la famiglia Eugenia Maria Roccella, al fine di «aiutarle a ipotizzare la possibilità di diventare madri senza pagare prezzi troppo alti in termini di realizzazione professionale, di vocazioni, di sogni a cui magari oggi devono rinunciare».

Sono tante, infatti, quelle che si dimettono dopo la maternità, costrette a decidere tra famiglia e vita professionale e a fare i conti con le forti differenze di retribuzione rispetto agli uomini.

L’inverno demografico avrà, inevitabilmente, ripercussioni sul sistema economico nazionale ed è fondamentale per questo supportare le piccole e medie imprese che otterranno la certificazione della parità di genere. Non a caso, nelle prossime settimane è prevista la pubblicazione di un bando per sostenere i costi di tale certificazione per 450 di loro (circa 12.500 euro ad azienda).

Oltre a ciò, anche le Regioni stanno scendendo in campo per finanziare il processo verso la certificazione. La prima a muoversi è stata la Lombardia.

L’obiettivo più a lungo termine dell’iniziativa è di giungere a un vero e proprio cambiamento culturale e per questo il Dipartimento delle Pari Opportunità e Unioncamere realizzerà progetti per favorire il processo anche in microimprese con meno di 10 dipendenti.

Verrà inoltre rilasciato un documento che durerà nel tempo e che si baserà su 6 aree: cultura e strategia, governance, processi di gestione delle risorse umane, opportunità di crescita e inclusione delle donne in azienda, parità di remunerazione per genere e tutela della genitorialità e conciliazione vita-lavoro.

Ma quali sono i vantaggi per le imprese? Primo fra tutti, un esonero dal versamento dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro, in favore di quelle aziende che hanno conseguito la certificazione della parità di genere. L’esonero non sarà superiore all’1% fino a 50mila euro annui per ciascun datore di lavoro.

Il secondo vantaggio riguarda il riconoscimento alle imprese certificate di un punteggio che consentirà di partecipare a bandi europei, nazionali e regionali, e ottenere finanziamenti e premi per le gare pubbliche. Quest’ultimo punto è però attualmente in discussione, vista la volontà di modificare il nuovo codice degli appalti eliminando il cosiddetto bollino rosa.

L’occupazione femminile è una priorità e non solo dal punto di vista etico ma anche economico: secondo i dati dell’European Institute for Gender Equality (Eige) incrementarla in Italia può portare infatti a un incremento del Pil di oltre il 12% entro il 2050.

Ad oggi sono circa 1000 le imprese che si sono messe in regola con la certificazione o che hanno avviato l’iter per ottenerla, andando ben oltre l’obiettivo prefissato dal Pnrr, che prevedeva di raggiungere 800 imprese, di cui 450 piccole e medie, entro il 2026.

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