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Perché è importante studiare il climate change a scuola?

Se entrasse tra le materie didattiche anche solo del 16% degli studenti, entro il 2050 le emissioni di CO2 si ridurrebbero di 19 gigatonnellate. Ma non tutti i Paesi hanno attivato corsi d’istruzione green nelle scuole. L’Italia, invece, dà il buon esempio
Al centro, l'attivista Greta Thunberg.
Al centro, l'attivista Greta Thunberg.
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
29 gennaio 2022 Aggiornato alle 19:00

I bambini saranno i più colpiti dai cambiamenti climatici. Anzi, in realtà lo sono già: molti di loro sono preoccupati per il futuro, hanno l’ansia per il climate change che, oltre a essere una minaccia fisica, rappresenta un pericolo anche dal punto di vista mentale.

Secondo un sondaggio del 2021 pubblicato sulla rivista scientifica Lancet e condotto in 10 Paesi del mondo, il 60% dei giovani intervistati tra i 16 e i 25 anni è molto preoccupato per il cambiamento climatico. E il 75% crede che il futuro sia spaventoso. Da una ricerca di Save The Children emerge che i bambini nati l’anno scorso dovranno affrontare molti più eventi meteorologici estremi rispetto alla generazione dei loro nonni: in media, ci saranno ondate di caldo 7 volte più torride, le esondazioni dei fiumi saranno 3 volte più frequenti, come i fallimenti dei raccolti, e scoppierà il doppio degli incendi. Fenomeni che si realizzeranno anche se verranno diminuite le emissioni di anidride carbonica come suggerisce l’accordo di Parigi del 2015.

Ma c’è ancora una speranza. E la speranza sono proprio i giovani, non le tecnologie pulite e gli investimenti da miliardi di dollari. Ruolo fondamentale, infatti, l’avrà l’educazione al clima. Lo mostra una ricerca pubblicata sulla rivista scientifica Plos One, del progetto editoriale statunitense Public Library of Science: “Con il 16% dei bambini che ricevono un’educazione climatica, si potrebbero ridurre le emissioni di CO2 entro il 2050 di 19 gigatonnellate”. Un numero che va contestualizzato: si tratta della metà delle emissioni di anidride carbonica del mondo intero nel 2019. Lo riporta un forum dell’OCSE, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico globale, che riunisce esperti e leader di pensiero da tutto il mondo per trovare soluzioni per il futuro.

Come sempre, l’educazione si rivela un’arma molto potente. Lo sanno bene anche gli stessi studenti, insegnanti, genitori che chiedono più istruzione climatica per tutti: secondo l’indagine condotta dal Brookings Institute, l’organizzazione senza scopo di lucro con sede a Washington DC che riunisce più di 300 esperti di spicco del governo e del mondo accademico, “l’80% dei genitori statunitensi e il 77% degli adulti del Regno Unito sono a favore dell’insegnamento del cambiamento climatico a scuola”. Nonostante la grande richiesta dal basso, i governi non fanno un granché per rispondere in maniera adeguata: solo l’Italia ha previsto la materia di educazione civica-ambientale dedicata a sostenibilità e ambiente a tutte le fasce d’età (un’iniziativa inclusa nel programma RiGenerazione Scuola), mentre Regno Unito e Messico hanno preso l’impegno ma non hanno ancora agito.

Per i più piccoli, in particolare, potrebbe essere utile usare la via del gioco per parlare della crisi climatica: le lezioni di Earth Warriors Global insegnano ai bambini dai 3 agli 11 anni a conoscere questi argomenti attraverso un approccio positivo. Perché i bimbi, per diventare cittadini consapevoli, devono esserlo fin dai primi passi: uno studio pubblicato dall’OCSE nel 2020 ha scoperto che “le abilità cognitive e socio-emotive che i bambini sviluppano nei primi anni di vita hanno un impatto duraturo sui loro risultati successivi durante la scuola e l’età adulta”. I bambini, poi, hanno un influsso positivo nei confronti dei loro genitori, li spingono verso comportamenti più responsabili e sostenibili, come il riciclo. Seppur piccoli, possono avere un grande ruolo nel futuro dei cambiamenti climatici. Proviamo a dargli una possibilità.

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