Economia

Lo Stato è amico o nemico?

Le donne in questo Paese, si sa, non godono certo di grande fortuna, soprattutto quando si espongono. E tanto più se lo fanno in ambiti considerati maschili
Credit: Michael Kappeler/ Dpa
Azzurra Rinaldi
Azzurra Rinaldi economista
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14 febbraio 2023 Aggiornato alle 06:30

Mariana Mazzucato, professoressa ordinaria di Economia, consigliera economica nel Governo Conte, scrive nel 2013 un libro che desta molto scalpore.

Il titolo, The entrepreneurial State (letteralmente, Lo Stato imprenditoriale) in Italia è stato tradotto come Lo Stato innovatore.

L’idea di base è fondata sul buonsenso. Mentre nell’economia mainstream lo Stato è considerato come un peso da contenere il più possibile, suggerisce Mazzucato, non possiamo invece anche solo considerare l’ipotesi che proprio lo Stato svolga un ruolo centrale nella creazione di quell’innovazione che determina una crescita economica a lungo termine?

L’arte di insistere

Nonostante molti economisti (e non si tratta di maschile sovraesteso) l’abbiano aspramente criticata, Mazzucato non demorde. E ha recentemente pubblicato un nuovo libro, intitolato The Big Con e scritto insieme a Rosie Collington. In questo caso, parla delle società di consulenza, non lesinando critiche anche alle cosiddette Quattro Sorelle: Deloitte, Ernst and Young, PricewaterhouseCoopers e KPMG.

Nel dettaglio, sostiene che le società di consulenza starebbero ostacolando la capacità dei governi di svolgere il ruolo di innovatori.

Come possiamo tradurre The Big Con? La grande truffa. Che sarebbe quella che viene perpetrata, appunto, da parte delle società di consulenza, che millantano competenze, hanno costi molti elevati e impediscono allo Stato di sviluppare le proprie capacità di innovazione (e del resto, anche il nostro Pnrr è stato elaborato - anche - da consulenti McKinsey).

La fiducia nel governo

Qual è il problema, qui? Che l’economia mainstream, Scuola di Chicago in testa, ha contribuito a ridurre la fiducia collettiva nei confronti dello Stato. Anche se, nel corso degli ultimi due anni, ciascuno e ciascuna di noi ha sperimentato sulla propria pelle quanto sia centrale e fondamentale l’azione dello Stato, a esempio nella sanità.

Nel Regno Unito, il governo stesso ha pagato Deloitte 1 milione di sterline al giorno per il tracciamento dei contatti.

La fiducia nei governi, peraltro, ha subito il duro colpo delle politiche di austerity che i Paesi membri dell’Unione europea hanno sperimentato durante la crisi economico-finanziaria del 2008-2009.

Da dove ripartiamo? L’abbiamo sperimentato tutte e tutti: il ruolo dello Stato è centrale. Nella salute pubblica, nell’istruzione delle nostre figlie e dei nostri figli, nel supporto quotidiano a cittadine, cittadini e imprese. Nella teoria economica, il ruolo dello Stato è sempre stato messo in secondo piano, a favore del settore privato dell’economia. Ma la verità è che anche le stime sulla felicità globale ci rimandano lo stesso quadro: i Paesi nei quali le persone sono più felici sono anche quelli nei quali lo Stato è più forte, fornisce più servizi e provvede alle necessità basiche della popolazione, come l’istruzione e la sanità. Sarà arrivato il momento di rimettere al centro il ruolo dello Stato?

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