Economia

Come sta l’industria?

I dati del 2022 diffusi da Prometeia fotografano la condizione del settore nel Belpaese: +15,9% di fatturato, conquistato schivando inflazione e caro energia. Ma le stime per la produzione del 2023 non sembrano così rosee
Credit: Kateryna Babaieva
Tempo di lettura 4 min lettura
14 febbraio 2023 Aggiornato alle 19:00

Lo sappiamo (come dimenticarlo): il 2022, tra inflazione a doppia cifra e caro energia, è stato un anno duro, pesante per tutti e soprattutto per le imprese. Nonostante ciò arrivano buone notizie per l’industria italiana dalla società di consulenza e ricerca Prometeia. Il fatturato segna un +15,9% nei primi 11 mesi del 2022, valore che considera anche l’aumento dei prezzi di produzione (+13%), mentre il fatturato deflazionato (calcolato al netto delle variazioni di prezzo) registra un +2,6%, mostrando una tendenza positiva anche se lontana dai valori del 2021.

Anche Istat segnala una chiusura positiva per la produzione italiana con un +0,5%, distante solo mezzo punto dal valore del 2019. L’Italia si classifica meglio rispetto ad altri colleghi europei, come la Spagna che perde un punto percentuale, la Francia il 4,9% e la Germania il 5,7%. Al tempo stesso Prometeia abbassa le stime per la produzione di gennaio 2023, da meno 0,9 a meno 0,2, confermando una crescita quasi del tutto assente per il mese. Per il secondo trimestre la media dovrebbe essere di 0,2, mentre per l’intero 2023 è prevista una crescita media dello 0,3.

Un ruolo decisivo nel mercato interno è stato giocato dai consumi delle famiglie: infatti il desiderio di ritorno alla normalità è riuscito a superare i tanti limiti dati dal periodo. A fare da padroni, servizi e beni semi-durevoli (soprattutto abbigliamento e calzature) che hanno portato a buoni risultati, addirittura migliori rispetto alle prospettive.

Positivo anche l’impatto delle esportazioni che nel periodo gennaio- ottobre 2022 hanno registrato una crescita a prezzi costanti del 6,5%. Nell’Unione Europea i rapporti commerciali principali sono stati intrattenuti con la Spagna (+26%), Francia e Germania (entrambe con un aumento dell’export del 17%); a livello internazionale, invece, si intensificano del 31% i rapporti con gli Stati Uniti, riuscendo almeno in parte a bilanciare la perdita dei rapporti commerciali con il mercato russo (-23%) e la riduzione di quello cinese, che dal +20% del 2021 passa a un +4,3% per i primi 10 mesi del 2022.

La crescita della produzione interna, seppure lieve, non riesce tuttavia a coprire la domanda e spinge verso un aumento delle importazioni: +15,5% a prezzi costanti e +28,4% a valori correnti. Crescono i rapporti con l’area asiatica, per prodotti intermedi, come quelli chimici o metallurgici, che per prodotti finiti, come scarpe e vestiti. Questo porta a un allungamento delle catene di fornitura allontanando le imprese italiane dall’auspicabile, quanto necessario, cambiamento green.

Un successo per il settore dell’elettronica, che chiude il 2022 con un +15,6%. Molte aziende del comparto hanno registrato fatturati da record, come Technoprobe, azienda leader di semiconduttori, che raggiunge il mezzo miliardo di euro di fatturato con un incremento del 40%; oppure MTA, che realizza componenti elettronici nel settore delle automotive, che ha superato le 300 milioni di vendite.

A seguire il mercato moda con +14%, dove una grande spinta è stata data dalla ripresa della “normalità” dopo il Covid-19, e il settore farmaceutico (+11,5%) che ha visto un notevole incremento delle esportazioni internazionali. Bene anche per gli investimenti che, sostenuti dal Pnrr (che presenta diversi progetti a favore di investimenti digitali e sostenibili), registrano una crescita media del fatturato deflazionato superiore a quello manifatturiero, con numeri positivi nel comparto elettronico (+4,8%) e meccanico (+3,7%).

Al contrario, il settore energetico, complice il notevole aumento dei costi, registra risultati al ribasso: una crescita vicino allo 0 per le industrie chimiche, 5,8% per le industrie metallurgiche mentre gli elettrodomestici si posizionano in fondo alla classifica con una perdita del 7%, (un deflazionamento quasi naturale dopo l’exploit di richieste in lockdown).

Possiamo, dunque, parlare di successo? Sì e no. I dati rappresentano uno specchio fedele della nostra società e di ciò che accade nel mercato economico. Gli eventi del 2022 hanno plasmato inevitabilmente l’attuale realtà industriale ed, altrettanto inevitabilmente, si riflettono sui risultati economici: questi devono essere analizzati e valutati come la tesserina di un puzzle molto più ampio. Certo è che gli sviluppi del conflitto russo - ucraino e le misure di contenimento dell’inflazione possono cambiare completamente la carte in tavola.

Per questo motivo le scelte dei Governi rappresenteranno un ruolo chiave nei prossimi mesi che, a oggi, sono comunque dominati da una grande incertezza.

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