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Sanremo: si parla di donne senza figli

Chiara Francini solleva a tardissima notte il tema delle childfree. E commuove tutti
Credit: ANSA/RICCARDO ANTIMIANI
Alessia Ferri
Alessia Ferri giornalista
Tempo di lettura 5 min lettura
11 febbraio 2023 Aggiornato alle 11:30

«La gente incinta è violenta, vuole soltanto essere festeggiata. E non c’è spazio per la tua paura, per la tua solitudine, tu devi festeggiare».

Quando ormai, all’1.40, le speranze si erano spente, e gli occhi pure, è arrivato il monologo più dirompente di tutto il Festival di Sanremo 2023, preparato e recitato da Chiara Francini.

La maternità quando non c’è

Si parla di maternità ma soprattutto di non maternità e di quello che succede nella testa di una donna circondata da amiche con figli, che a un certo punto si rende conto di essere, forse, fuori tempo massimo. Si paragona al suo albero di Natale acceso anche a luglio Francini, fuori tempo massimo appunto, «io continuavo a fare le mie cose sempre meglio con sempre più persone che mi guardavano e mi amavano. E poi a un certo punto mi sono accorta che se non mi sbrigavo io forse un figlio non ce l’avrei mai avuto e che se anche mi sbrigavo non era mica detto perché poi quando ti decidi magari il corpo ti fa il dito medio e allora tu pensi di aver aspettato troppo, di essere una fallita».

Le parole dell’attrice arrivano dritte e potenti, come un pugno nello stomaco. Escono dallo schermo della tv con delicatezza ma allo stesso tempo violenza, e buttano in faccia agli spettatori, ma soprattutto alle spettatrici, il fatto che non esista tema femminile più presente di quello della maternità. Perché ancora oggi è impossibile o quasi pensare a una donna come ad altro dal binomio madre o non madre.

Una legittimazione dell’esistenza legata a filo doppio alla procreazione che investe tutte, come ha spiegato perfettamente l’attrice parlando a un ipotetico figlio non ancora o forse mai nato. «Credi che io mi sia dimenticata di te, che io mi sia dimenticata della vita perché avevo troppo da fare. Ma io volevo solo essere brava, io volevo solo essere preparata, io volevo che tu fossi fiero di me. Io da qualche parte penso di essere una donna di merda perché non so cucinare, perché non mi sono mai sposata e non ho avuto figli. Lo so che razionalmente non è così però c’è questa voce, esiste e io alla fine penso che abbia ragione lei, che io sia sbagliata».

Donne sbagliate, donne non abbastanza donne, non abbastanza mamme. Non abbastanza.

Ci vorranno almeno due vite, parafrasando il titolo della canzone del vincitore annunciato Marco Mengoni, perché questa narrazione cambi e i pesi di certe scelte, o circostanze non dipese dalla propria volontà, cessino di essere macigni.

Nel frattempo meno male che c’è Elodie, che con una interpretazione di American Woman da togliere il fiato ci ricorda che oltre ai passeggini c’è di più, che ogni donna è di più.

Il ricordo delle Foibe

La penultima puntata del Festival ha dunque dato tutto sul finale ma era partita con un piccolo sussulto: un omaggio al Giorno del Ricordo per le vittime delle foibe, che cadeva proprio ieri, invocato da buona parte del Governo e della classe politica di centro destra e alla fine è arrivato, probabilmente anche spinto dalle parole del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella che in giornata aveva detto «Il Paese non si divida ma sia unito nel ricordo».

Non è dato sapersi se la celebrazione fosse già in scaletta o se queste ingerenze siano state determinanti, fatto sta che a a un certo punto Amadeus ha letto un brano tratto dal libro di Gigliola Alvisi, La bambina con la valigia, dedicato alla storia di Egea Haffner che testimonia tramite gli occhi dell’innocenza quanto accaduto al padre, così come a milioni di italiani di Istria, Dalmazia e Venezia Giulia nel Dopoguerra, vittime di deportazioni ed eccidi dopo la seconda Guerra Mondiale.

«La libertà non si conquista dimenticando o rimuovendo ma ricordando sempre», ha detto il conduttore prima di tornare al susseguirsi frenetico delle esibizioni che, essendo 28, anche ieri sono terminate quando l’alba era vicina.

Il Re e le Regine dell’Ariston

Come sempre la serata delle cover è la più attesa di tutte perché consente di fare un giro sulla macchina del tempo e ripercorrere decenni di musica italiana e internazionale, trattenendo solo il meglio, ovvero una Let it be da brividi cantata da Marco Mengoni & Kingdom Choir, che poi si aggiudicherà la vittoria della serata, e il duetto delle Regine dell’Ariston: Elisa e Giorgia. Uno dei meme più riusciti girati sui social a corollario della serate è stato: “L’unico modo per non fare una figuraccia entrando dopo di loro è riesumare Freddie Mercury” e mai verità fu più granitica. Purtroppo però a esibirsi è stata Carla Bruni, insieme a Colapesce Dimartino, una sorte innegabilmente ingiusta, non so se più per loro o per noi a casa.

Stop greenwashing?

Come già avvenuto nelle scorse serate, le esibizioni non si sono limitate al palco dell’Ariston ma estese alla nave Costa e al Suzuki Stage, posizionato fuori dal teatro.

Su quest’ultimo ieri è salita La Rappresentante di Lista e in molti sui social non si sono lasciati sfuggire come un anno fa, in gara, avesse gridato «stop greenwashing» insieme al partner di duetti Cosmo, e questa volta invece abbia accettato di esibirsi sul palco allestito da uno sponsor che in passato è stato accusato di aver truccato i dati delle emissioni delle sue auto diesel.

Lo scorso anno si è trattato di un greenwashing di convenienza? Quest’anno non ha pensato a quel fatto e ha partecipato ingenuamente? Non lo sapremo mai.

Intanto il sipario principale è calato, il sole è sorto sulla città dei fiori e tra poco è già tempo di finale.

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